Quando? A partire dal 2020, non così lontano. Le avvisaglie sono evidenti. Le reti neurali di livello profondo saranno sempre più presenti dentro hardware da capogiro. Anche usando sensori alla portata di tutti.
Le reti neurali sono una serie di algoritmi, modellati per essere blandamente paragonabili al cervello umano, che sono progettati per riconoscere i modelli. Interpretano i dati sensoriali attraverso una sorta di percezione, etichettatura e raggruppamento di dati grezzi. I modelli realizzati sono numerici, contenuti in vettori, in cui vengono tradotti tutti i dati del mondo reale, sia che si parli di immagini, suoni, testi o serie temporali.
Lo racconta l’introduzione a un progetto, Deep Learning for Java (Deeplearning4j), che consente a chiunque di leggere, imparare e infine scaricare il software per rendere qualche meccanismo sufficientemente intelligente da riconoscere il mondo che gli sta attorno.
A quale scopo? L’abbiamo già accennato parlando del prossimo avvento delle automobili a guida realmente autonoma e dei progetti amatoriali, ma non così tanto, di sistemi fai da te finalizzati allo stesso obiettivo.
Avanti i maker
Il bello è che Deeplearning4j è un progetto open source che fa uso di strumenti software alla portata di chiunque abbia abbastanza buona volontà da cimentarsi in un settore estremamente complesso, ma certamente affrontabile.
Questo vuole dire almeno due cose: che noi civili siamo gli ultimi a conoscere fin dove è arrivata la ricerca e che è tempo di metterci il naso come maker.
La prima affermazione è confortata da dati preoccupanti e affascinanti al tempo stesso. Consigliamo vivamente la lettura, a questo proposito, del documento prodotto da Esa Jokioinen, a capo del team Oceano Blu di Rolls-Royce.
In sintesi: anche il mare sarà solcato da navi senza equipaggio ed è una rivoluzione paragonabile – lo dice Mikael Makinen, Presidente di Rolls-Royce Marine – a ciò che fu l’introduzione degli smartphone.
Anche perché tutte le potenze militari mondiali, dalla Cina alla Corea del Sud, dal Giappone agli Stati Uniti o alla Russia, hanno già in avanzata sperimentazione, ed è questo l’aspetto preoccupante, navi da guerra e droni completamente autonomi.
È quindi tempo di dare una profonda occhiata alle tecnologie emerse senza quasi che ce ne accorgessimo. Travolti come siamo da un’evoluzione talmente rapida che appena ci si cimenta in un progetto si è già largamente superati dagli ultimi annunci. Di processori sempre più potenti e piccoli, di software che ci fa sbavare dalla voglia di provarlo, di sensori che se domani non li ordiniamo su Amazon rimarranno il pensiero predominante di un desiderio insoddisfatto.
Tra questi ultimi c’è il Lidar a basso costo. Sotto l’acronimo di Laser Imaging Detection and Ranging si nasconde l’attuale sensore d’eccellenza per la rilevazione dello spazio circostante il meccanismo che vogliamo rendere autonomo. Il modello RPLIDAR A2 prodotto da Slamtec raccoglie quattromila punti al secondo su 360 gradi, permettendo così una mappatura completa, a meno di seicento euro (cercate i rivenditori, anche italiani, con Google). Valore una dozzina di volte più basso del costo attuale di un Lidar che equipaggerà le nostre automobili. Meno di un moderno cellulare di prima fascia.
Ovviamente è dotato di tutto il supporto necessario alla creazione di nuovi oggetti e ci aspettiamo grandi progetti anche tramite le piattaforme di sviluppo più diffuse, a cominciare da Arduino per il quale i driver sono già stati scritti.
D’ora in avanti non abbiate paura ad avventurarvi motorizzati anche nei territori più avanzati e sconosciuti. Guardarsi alle spalle non è mai stato altrettanto facile.