L’interazione dal vivo non è mai stata il suo forte. Per questo è grato di poter preparare il penultimo omicidio completamente online. Ha sempre avuto il discutibile dono di vedere attraverso le persone. Persone che all’inizio sembrano rispettabili, amichevoli, ma che quasi subito si rivelano nemici.
Come quel blogger che poco dopo essersi presentato stava già twittando «In questo barcamp si incontra gente veramente idiota». O quei due che si scambiavano battute intorno a un MacBook Air. Quando si era avvicinato ridendo sinceramente del loro umorismo, loro lo avevano guardato come fosse un appestato e si erano allontanati. Ma ora non ha più importanza. Li ha già eliminati tutti. Hanno pagato.
Dopo quel barcamp aveva deciso di non uscire più dalla sua stanza. Si sarebbe immerso nel mondo metaforico di Second Life. Lì, con un avatar qualsiasi, il più anonimo possibile, si sarebbe rifatto una vita. Ma anche in quell’ambiente, le cose erano destinate ad andare male. Nemmeno l’interazione mediata in un ambiente non-accademico aveva funzionato. Il guru del luogo lo aveva bannato, senza dargli troppe spiegazioni.
*
Una nuova maschera. Quella bianca adesso non serve. Samael crea un nuovo personaggio, per non farsi riconoscere nemmeno in Second Life. Ruba l’identità di un avatar inutilizzato, lasciato in uno stato di sospensione in un’isola dall’aspetto cimiteriale, e si teleporta in uno degli spazi dove sa che può trovare la sua vittima.
Ed eccolo lì, con il suo avatar curato, gli occhialini e il cranio aperto, metà umano e metà cyborg, ma sempre con la sigaretta tra le labbra. Sta moderando una conferenza. Anzi, una non-conferenza. Samael si tiene in disparte, cercando di non farsi notare anche quando un avatar si teleporta direttamente addosso a lui.
Terminato l’incontro, si avvicina all’avatar del blogger e digita
posso farti vedere la mia sandbox? Ho creato qualcosa che penso abbia delle potenzialità
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Il blogger sembra interessato. Ottimo.
ok teleportami lì, ma facciamo in fretta, che ho poco tempo
/
La trappola scatta. L’avatar del blogger non fa in tempo ad arrivare che Samael, dal suo Pc, lancia il virus ipnotico. L’avatar resta immobile: osserva il caleidoscopio di suoni, immagini e parole che Samael ha preparato. Nella sua stanza, il blogger osserva il suo avatar che osserva. Samael non vede, ma immagina. L’esito della trappola è previsto nei minimi dettagli. Il blogger verrà spinto dal comando ipnotico a scrivere qualcosa di denigratorio e di poco intelligente su Second Life.
Nella sua stanza, il blogger sente un bisogno irresistibile di comportarsi da newbie. Inizia col denudare il proprio avatar e vestirlo con maglietta bianca, bermuda e sandali col calzino bianco, come un qualsiasi turista fai da te. Poi apre il word processor e inizia a scrivere un articolo dal titolo “Perché Second Life è un fenomeno sopravvalutato”, dove compaiono parole come “bufala”, “caso mediatico” e “inutile”.
Grazie alla celebrità del blogger, l’articolo esce immediatamente sulle maggiori testate web, minando la sua credibilità. Accertatosi della pubblicazione, Samael lancia un nuovo messaggio subliminale e si disconnette. Sul Pc del blogger appare una maschera bianca su sfondo nero. Il blogger si alza, si accende una sigaretta – l’ultima. Qualche boccata al balcone, poi il volo.
Samael non può sentire il rumore della caduta, le urla della gente, le sirene delle ambulanze, ma è soddisfatto ugualmente. Dopo tanta fatica, uccidere senza sporcarsi le mani può anche essere piacevole.
*
Ha fatto bene a risparmiare le forze. Ora lo attende la prova più dura. La segue da mesi, nel tempo libero dagli altri omicidi. Conosce tutti i suoi movimenti. La osserva a casa, a scuola, in negozio. Assapora il momento in cui si presenterà di fronte a lei, assapora il suo terrore. Ma non riesce a decidersi. Vuole prolungare l’attesa.
Lei fa parte di quel mondo. Ne è parte integrante. Senza di lei la blogosfera non sarebbe la stessa. Però l’ha guardato. Per un attimo lui è esistito per lei, solo per lei. Il ricordo del suo sguardo lo fa ancora bruciare. Ma ciò che ha avuto inizio deve finire: è una regola che Samael ha fatto sua da troppo tempo per rinunciarvi adesso.
La coglie di sorpresa nel negozio dove lavora, dopo l’ora di chiusura. Con la scusa dei conti stava twittando, bloggando, postando foto e video. Tutto nello stesso momento, in diverse schede di Firefox aperte. È dietro di lei, le afferra i capelli ricci con la sinistra e le tappa la bocca con la destra.
«Non urlare.»
Toglie la mano lentamente. L’unica cosa che tradisce l’agitazione della blogger è il respiro affannoso. Gli occhi di Samael la guardano con desiderio, ma lei non può vedere attraverso la maschera.
«Altrimenti? »
«Lo sai. »
«Sei venuto per uccidermi. »
«Non è così semplice. Sono venuto per punirti.»
«Punirmi… per cosa? Per essere una donna multitasking?
«Non usare queste parole con me. Tu sei meglio di così.»
«E tu cosa ne sai?»
«Lo so… lo immagino.»
Estrae il coltello, lucido e affilato.
«Oddio, ma perché?»
«Dammi la mano.»
«Cosa…»Samael è veloce. Prende la mano destra della blogger, la immobilizza sul bancone e con un colpo secco taglia il mignolo e l’anulare. Lei urla. Lui le punta la lama alla gola.
«Ti sto facendo un favore. Cerca di capire.»
Con la punta del coltello raccoglie le lacrime dalle guance di lei. Le dita troncate fanno un effetto surreale sul bianco del piano di lavoro.
«Avanti, non aver paura. Senza dita vivrai lo stesso. Magari vivrai meglio. Tastiera e mouse non sono tutto.»Cerca la mano sanguinante. Lei tenta di nasconderla. Si avvicina troppo. La ginocchiata all’inguine arriva inaspettata. Ecco cosa succede a non voler far del male a un blogger. E il coltello è finito a terra. Samael si precipita, ma la blogger lo tiene per il mantello con la mano sana. Scivolano. Lottano. Il coltello è sempre lontano. Samael è forte, ma la sua vittima sembra una furia. Vuole togliergli la maschera.
«Che la tolga, allora» pensa. «Le cose potrebbero finire diversamente».
Quando lo guarda in faccia, Samael restituisce lo sguardo per qualche secondo trattenendo il respiro. Forse lo ha riconosciuto. Forse ha capito che sta facendo tutto questo per lei.Se anche lo ha riconosciuto, la blogger non lo lascia trapelare. Afferra il primo corpo contundente a portata di mano e lo colpisce in volto, più e più volte. La maschera di Samael è rossa, adesso. Si alza in piedi.
«No. Non devi…»
Ma lei ha già recuperato il coltello, e lo affonda nello stomaco di quel fantasma dal mantello nero. Samael cade. Non si rialza. Altro sangue che si mescola a quello della blogger. Per un intero minuto tutto sembra congelato nel tempo. Solo il respiro di lei riempie la stanza. È finita. Torna dietro il bancone, si fascia la mano con un asciugamano e telefona alla polizia. Quando riattacca, nel negozio è rimasta solo la maschera bianca.*
«Che vuoi che ti dica, mica mi puoi fermare così. Scrivo con la sinistra.»
«Meglio così… poteva andarti peggio! »
La blogger indossa un grazioso guanto bianco per nascondere i moncherini della mano destra. La polizia era arrivata, ma le dita non erano riusciti a riattaccarle. Per lei non è un problema. Tutto sommato, è un po’ come una ferita di guerra. Una cosa da raccontare ai barcamp.
«Dopo quella brutta storia hai anche aumentato un sacco i followers, vedo…»
«Sì, hai visto? Alla faccia di tutte le classifiche, sono sempre più popolare. Guarda qua, ecco un’altra richiesta di amicizia. »Sull’EeePC della blogger appare un’immagine, a 50×50 pixel.
Un riquadro nero, con una maschera bianca senza lineamenti in centro.
Samael vuole essere tuo amico. Vuoi aggiungere Samael come tuo amico?(fine?)
[Leggi la prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinta puntata]