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E-Learning: decidere il migliore strumento di authoring

11 Dicembre 2020

E-Learning: decidere il migliore strumento di authoring

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Nella didattica e nella formazione tradizionali, creare il contenuto di un corso significa andarne a costruire il cuore pulsante. Attraverso quale software farlo è una scelta determinante.

Il player è il messaggio

Un corso online può essere visto come un puzzle i cui tasselli devono essere correttamente assemblati. Un sistema di authoring è proprio quello che ci permette non solo di incastrare queste tessere, ma di definire le dimensioni e il formato del puzzle stesso, seguendo canoni e standard ben precisi.

Funzioni e prestazioni

Player dell’oggetto didattico

Iniziamo delineando i confini fisici del contenuto: che forma avrà la cornice? Quali sono gli elementi ricorsivi che dobbiamo sempre rendere disponibili agli utenti come delle vere e proprie ancore? In che modo vogliamo rendere unico e riconoscibile il corso?

Il player dell’oggetto didattico può essere incorporato nell’LMS, oppure nell’oggetto didattico, e quindi includere tutte le funzioni basilari per consentire all’utente di muoversi all’interno del contenuto: cambiare pagina progressivamente o skippare sfruttando il menu di navigazione; mettere in pausa un video, farlo ripartire, regolarne il volume e attivare i sottotitoli; aprire una libreria di documenti aggiuntivi o un glossario e così via.

L’aspetto del player (la forma, il colore di sfondo e dei pulsanti, il font scelto e le sue dimensioni, la disposizione degli elementi) definisce gran parte dell’identità visiva del corso. Considerando il player parte integrante dell’aspetto grafico dei contenuti, si può non solo rendere più armonioso il corso in tutti i suoi elementi, ma si va a definire la riconoscibilità del corso stesso. Il rischio è infatti che tutti i corsi online possano apparire, a prima vista, molto simili tra loro, specie se sviluppati con il medesimo strumento di authoring. Andando a lavorare sulla personalizzazione grafica della cornice e sulla brandizzazione, si garantiscono degli elementi di continuità in più.

Il player dell’oggetto didattico è il primo strumento attivo che lo studente si troverà a utilizzare e deve quindi essere intuitivo, senza richiedere sforzi cognitivi per comprenderne il funzionamento. È consigliabile dunque sottostare alle convenzioni che sono ormai entrate nell’uso comune, per esempio il posizionamento del tasto di chiusura in alto a destra, l’uso di tre lineette (o tre puntini) per mostrare/nascondere il menu di navigazione e così via.

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Progettazione grafica

Organizzare i contenuti seguendo delle griglie di progettazione per rispettare la gerarchia degli elementi, sottostando a specifici stili di colore, carattere e paragrafo sono le regole auree di un buon prodotto grafico. Un aspetto curato della rappresentazione dei contenuti didattici non significa solo rendere esteticamente bella una slide, ma si traduce nel veicolare con efficacia l’apprendimento.

Forse, avendo io una formazione da Visual Designer, sono particolarmente sensibile al tema, ma è risaputo che un supporto visivo appropriato garantisce un coinvolgimento maggiore e un miglior trasferimento dei concetti. Gli strumenti di authoring ci vengono in aiuto, dando la possibilità di creare delle pagine mastro, che definiscono una serie di strutture base adattabili in seguito a seconda dei diversi contenuti. Come in una presentazione PowerPoint, in cui si possono definire diversi layout a seconda che siano presenti solo testo, una o più immagini, una tabella oppure un elenco puntato eccetera.

Allo stesso modo, risulta importante scegliere da subito i colori e i font che verranno utilizzati, cosa che ci permetterà di risparmiare tempo quando creeremo i singoli elementi: caselle di testo, pulsanti, grafici verranno creati in automatico dal programma con gli stili prescelti.

Ricordiamoci che una buona progettazione iniziale richiede di investire un po’ più di tempo all’inizio del processo, ma consente di risparmiare tempo durante il flusso di lavoro.

Molti software di authoring consentono infine di attingere a una loro libreria interna di immagini, icone e character, ossia figure-guida (illustrate o fotografiche) che possono dare un valore aggiunto al corso, contribuendo a spezzare il ritmo. Possono per esempio comparire nei momenti salienti o possono essere utilizzati per ricreare storie e scenari dinamici. Infine, se progettati pensando al target di riferimento (in termini di vestiario, azioni e movenze), consentono di stabilire con questo una certa forma di relazione, generando un senso di immedesimazione.

Un riferimento al copyright in questo contesto è doveroso: se attingiamo dalle librerie dei software in questione, non avremo nessun problema, ma se riutilizziamo del materiale trovato in Rete è fondamentale citarne la fonte (e verificare anche se questa è modificabile e/o riutilizzabile in altri contesti). I contenuti digitali hanno maggiori possibilità di essere sgamati rispetto a quanto accade all’interno di un’aula di formazione.

Audio e video

Gli elementi multimediali possono in parte essere creati internamente ai sistemi di authoring, come nel caso della registrazione dello schermo e della voce, o a parte con strumenti appositi. Le possibilità di editing in questo caso sono di solito molto limitate e non paragonabili alle prestazioni di un software professionale pensato appositamente per il lavoro di fino su audio e video. È consigliabile quindi usare gli editor interni soltanto per piccole modifiche in corso d’opera e affidarsi quindi a registrazioni (schermo, audio e riprese video) professionali, in modo da alzare la qualità del corso.

A livello di importazione dei file, solitamente è consentito includere file con le più comuni estensioni (.wav, .mp3, .mp4, .flv) mentre altre possono essere lette e convertite in .mp4 direttamente dal software in uso.

Interazioni

Sempre per richiamare i concetti di coinvolgimento attivo degli utenti, è importante sfruttare al massimo la possibilità di creare interazioni per far scoprire contenuti in prima persona e introdurre delle domande di autovalutazione o di anticipazione, che portino cioè il discente a ragionare su un concetto che ancora non è stato esplicitato.

Deve sempre apparire chiaro che cosa si può/si deve fare e in che modo l’utente può trascinare un oggetto, attivare un bottone, far chiudere un pop-up e così via. Per evitare che i fruitori si trovino nella condizione di chiedersi Come faccio ad andare avanti? Come nascondo questa finestra? bisogna avere la possibilità di attivare diversi stati degli elementi interattivi: mouseover, selezione attiva, contenuto bloccato o già visionato eccetera. Questi semplici accorgimenti ci aiuteranno a migliorare l’usabilità dell’oggetto formativo.

All’interno dei software di creazione dei contenuti, possiamo trovarci a scegliere tra un’ampia gamma di differenti tipologie di interazione:

  • pop-up;
  • drag & drop;
  • drop-down;
  • multiple choice (scelta multipla);
  • multiple answer (risposta multipla);
  • pick one (scegline uno);
  • fill in the blank (riempi gli spazi vuoti).

Altre potremo anche generarle noi stessi, con un po’ di creatività e di conoscenza di quelli che vengono chiamati trigger, che consentono di innescare azioni differenti in seguito a comportamenti e variabili.

Quiz

Collegandoci al paragrafo precedente, è possibile combinare una serie di domande, poste nei differenti formati elencati in precedenza, per creare un vero e proprio quiz di valutazione formale, per esempio alla fine di un modulo.

Si tratta di un momento formale rispetto ai precedenti quiz di autovalutazione, che di norma non precludono l’accesso a moduli o lezioni successive e non conferiscono certificati, e deve pertanto poter includere:

  • un punteggio minimo di superamento;
  • un tempo massimo di svolgimento;
  • un numero preciso di domande estratte in modo casuale da un ampio ventaglio;
  • l’ordine casuale delle domande e delle risposte;
  • la possibilità di revisionare il test prima di inviarlo;
  • la possibilità, a test concluso, di sapere quali risposte sono state sbagliate;
  • la possibilità di ritentare il quiz.

Quali vantaggi ci sono a creare un quiz su uno strumento di authoring rispetto alla classica sessione di test caricata direttamente su una piattaforma LMS? Le risposte sono molteplici.

  • Gli utenti si sono abituati, durante la fruizione, alla grafica e alle possibilità di interazione del nostro corso. Proponendogli le stesse funzionalità e lo stesso assetto, gli chiederemo di compiere uno sforzo cognitivo in meno e permetteremo che si concentrino solo sulle risposte, senza essere assaliti da preoccupazioni del tipo: Come funziona questo? Che cosa devo fare adesso? Come si fa a concludere la sessione?.
  • Includendo nel test finale alcune delle domande già poste durante il corso, risparmiamo tempo noi nella produzione (basterà un copia-incolla) e gli utenti, avendo già visto quella domanda, potranno associare visivamente i concetti.
  • Possiamo creare un numero maggiore di tipologie di domande differenti. Le piattaforme LMS infatti a volte prevedono una limitata possibilità di interazioni dinamiche e sono talvolta anche poco appealing. Rendere piacevole anche il processo di valutazione contribuisce a mettere i discenti a proprio agio.

Di contro, questa modalità potrebbe generare problemi di compatibilità e una lettura dei dati più complessa da parte della piattaforma stessa. In primo luogo, è fondamentale che il test e la piattaforma siano impostati con i medesimi criteri di superamento, ma, in seguito, deve comunque essere effettuata una serie di verifiche prima di rendere disponibile un esame di questo tipo agli utenti.

Navigazione

In base al tipo di corso che stiamo progettando dovremo avere la possibilità di creare un tipo di fruizione del tutto libera e accessibile a chiunque in qualunque momento, ma potremmo anche dover applicare una navigazione forzata, subordinata cioè alla visualizzazione dell’intero contenuto, in modo da poter verificare l’effettivo completamento del corso.

Un’altra possibilità che possiamo avere nel progettare la navigazione del percorso è l’avanzamento automatico delle slide al completamento della traccia audio-video precedente. In caso contrario, sarà l’utente a premere il tasto Avanti a ogni pagina.

È utile fornire al discente un indicatore di pagina, per avere sempre chiaro a che punto della lezione è arrivato: all’interno del menu di navigazione si potrebbe far comparire una spunta accanto al titolo della pagina visualizzata oppure si potrebbe evidenziare con un altro colore la pagina aperta e/o quelle visionate; un’altra soluzione può prevedere l’inserimento in ogni slide del numero di pagina corrente affiancato dal numero totale.

Output e standard in uso

Dopo aver compiuto tutte le attività specificate nelle pagine precedenti, che cosa otteniamo in concreto? Come trasformiamo il corso sviluppato sul software di authoring in un prodotto fruibile online? Dobbiamo pubblicare il nostro contenuto in un pacchetto .zip che prenderà il nome di Learning Object (spesso abbreviato in LO). Questo può essere scritto dal software con linguaggi e standard differenti, a seconda dei dati che ci interessa ottenere e delle specifiche esigenze di codifica della piattaforma LMS sulla quale andremo a caricare l’oggetto didattico.

Un Learning Object è una unità di apprendimento autoconsistente, modulare (poiché può far parte di un learning path, un percorso, più ampio), reperibile (in quanto contiene una serie di metadati che lo rendono identificabile e classificabile), riusabile e interoperabile, dal momento che può essere sfruttato in diversi contesti ed erogato su piattaforme differenti.

I dati di fruizione sono la cosa che più interessa a chi eroga corsi e-Learning: vuole sapere chi ha visionato il corso, per quanto tempo, che punteggi ha ottenuto, quanto tempo ci ha messo e tutta una serie di altre informazioni utili per certificare l’effettivo completamento (che, come in aula con il controllo delle presenze, spesso non è solo legato al semplice superamento di un test di apprendimento delle conoscenze). Per raccogliere questi dati, sono stati definiti diversi standard di codifica, evolutisi poi con il passare degli anni.

  • Lo standard AICC, il cui nome deriva dall’organizzazione che lo ha sviluppato, non viene più utilizzato dal 2014, quando lo stesso ente si è sciolto. È possibile però che alcune aziende eroghino ancora vecchi corsi basati su questo sistema, che devono quindi essere letti correttamente dalle piattaforme LMS.
    È comunque importante ricordare che proprio AICC ha gettato le basi per la standardizzazione e l’interoperabilità dei contenuti e-Learning.
  • SCORM (acronimo di Shareable Content Object Reference Model), essendo più preciso e completo del precedente, è diventato lo standard più utilizzato. Ci sono state alcune versioni di SCORM rilasciate nel corso degli anni, ma due sono quelle ancora rilevanti e valide: 1.2 (del 2001) e 2004, che presenta alcune funzionalità migliorative sulla lettura dei dati.
  • xAPI (ex TinCan) è uno standard più evoluto e moderno del precedente e consente la registrazione delle attività anche al di fuori della piattaforma LMS, tenendo in considerazione quelle effettuate anche offline e da qualunque dispositivo. Si appoggia infatti su un applicativo esterno all’LMS, che prende il nome di Learning Record Store (LRS), il quale può raccogliere statistiche di apprendimento in qualunque momento e in qualunque luogo (fisico o virtuale). La “x” sta per “experience” e si sta sempre più affermando come modalità di tracciamento dell’esperienza utente dentro e fuori dalla piattaforma.
  • CMI-5 è lo standard più recente ed è ancora in via di sviluppo, ma è possibile che in futuro sostituirà SCORM. Per ora si pone a supporto dello standard xAPI definendo una specifica complementare per organizzare in modo più efficiente la struttura dei file che compongono un corso.

Di solito, i sistemi di authoring permettono di esportare l’oggetto didattico anche in semplice formato HTML, che può comunque essere caricato su piattaforme LMS, ma che non può verificare il tracciamento dei dati.

Talvolta viene anche data la possibilità di esportare i contenuti (slide, quiz, note) in documenti PDF o Word, utili in fase di revisione da parte di docenti, esperti di contenuti o del committente, ma anche per consegnare al discente il trascritto del corso, unito agli schemi grafici creati e alle risposte dei test.

Responsive design e accessibilità

L’apprendimento online non deve porre vincoli, ostacoli, barriere, ma deve essere un’opportunità per tutti. Deve essere adattabile alle diverse esigenze e ai diversi contesti.

Ormai viviamo con il mondo in tasca e anche la formazione deve diventare mobile e potersi muovere con noi, ma questo non basta. Qualunque persona, con qualunque esigenza fisica o cognitiva differente, deve risultare autonoma nel proprio percorso, anche quando deve dipendere da tecnologie assistive (per esempio i lettori di schermo o i display Braille).

L’accessibilità rappresenta un tema trasversale a tutti i prodotti digitali. Nel nostro caso, include le piattaforme LMS, i contenuti, le attività di interazione. Nella produzione di contenuti accessibili è importante tenere in considerazione alcuni aspetti.

  • Per consentire l’accesso e la lettura dei contenuti ai software assistivi è importante che:
    – qualunque contenuto testuale non sia stato convertito in immagine o non sia scandito;
    – il testo deve essere formattato nel modo corretto tramite l’uso di stili di paragrafo adeguati per i titoli, i contenuti, le note eccetera.
  • Bisogna dare la possibilità all’utente di ridimensionare il contenuto.
  • Progettare per una responsività dei contenuti sia con orientamento orizzontale sia verticale.
  • Scegliere font di facile leggibilità.
  • Definire una palette colori adeguata, sia per lo sfondo sia per i testi.
  • Dare la possibilità di attivare i sottotitoli per i video e i contenuti audio.
  • Fornire un testo alternativo per le immagini (solo per quelle che hanno un contenuto rilevante; gli elementi decorativi non vanno considerati).
  • Consentire la navigazione della pagina attraverso la tabulazione e, in generale, i comandi da tastiera (anche nel caso di azioni da compiere, come per esempio drag & drop o altre interazioni).
  • Le informazioni e i feedback non devono mai essere forniti unicamente attraverso i colori (per esempio verde-positivo e rosso-negativo), ma ci deve essere un rinforzo di tipo audio e/o testuale e/o grafico.
  • Modulare il linguaggio ricordandosi di non dare mai nulla per scontato: in alto a destra non va bene; fai clic sul bottone tondo nemmeno.

Costi

In questo caso, la grossa differenza sui costi si verifica in base a quante licenze (e quale grado di interoperabilità vogliamo applicare tra esse) vogliamo acquistare, ma anche a quanti prodotti sono inclusi nel pacchetto. Il singolo software può avere un costo più o meno elevato in base al produttore e alla sua affermazione sul mercato, una licenza team può però essere molto vantaggiosa per quelle aziende con più sviluppatori che possono anche attivare processi di e-Collaboration con disponibilità di spazi in cloud. Spesso, inoltre, sono integrati diversi tool a supporto del lavoro dello sviluppatore e-Learning, che può adattarsi con facilità al contesto di utilizzo sfruttando tool differenti e librerie di contenuti e template.

Questo articolo richiama contenuti dal capitolo 9 de Il manuale dell’e-Learning.

Immagine di apertura di James Pond su Unsplash.

L'autore

  • Matteo Uggeri
    Matteo Uggeri si occupa di e-Learning e innovazione dell'apprendimento da oltre vent’anni, prima per METID poi per la Fondazione Politecnico di Milano. I suoi ambiti di azione includono l’open education, la gamification, gli intrecci tra creatività e apprendimento nonché le transizioni tra scuola, università e lavoro. Fa parte del comitato scientifico dell’evento eXploring eLearning ed è membro della rete Educazione Aperta Italia. Insegna presso il DOL, Master Online in tecnologie per la didattica.

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