Per una azienda può rivelarsi utile definire una serie di regole per l’utilizzo di Facebook, che siano volte a trattenere sempre i contenuti entro i confini di una metodologia decisa a monte dal brand. Questo aiuta a mantenere la direzione di rotta e a costruire uno storytelling efficace per le persone ma anche per l’algoritmo (nei limiti del possibile).
Il costo del contenuto
Nella fase di elaborazione di un piano editoriale, di solito si tende a pensare per prima cosa alle categorie di contenuto più coerenti ed efficaci rispetto al territorio individuato per la piattaforma di storytelling. Queste categorie sono le rubriche, che andranno a popolare periodicamente la Pagina aziendale. Tra le rubriche che verranno implementate, ce ne saranno alcune più costose e altre meno. Non si tratta solo di costi di produzione, ma anche di investimenti in termini di risorse e tempo. Per esempio, alcune rubriche, per essere realizzate, potrebbero avere bisogno di un confronto importante con alcune figure interne all’azienda. Questo potrebbe richiedere un investimento notevole in termini di tempo e spostamenti, per dedicare la giusta attenzione alle persone che devono contribuire alla costruzione del contenuto. Altre rubriche potrebbero invece richiedere un notevole impegno produttivo, perché prevedono costi di produzione elevati dato il trattamento scelto per quel contenuto. Una volta stabilito il tipo di contenuto che si vuole realizzare, è bene ponderare con attenzione e individuare il formato e il trattamento più adeguati per ottenere il migliore risultato possibile al minor costo. Non sempre una produzione video impegnativa è per forza l’opzione migliore: a volte sfruttare formati smart che richiedono piccoli sforzi produttivi, come le soluzioni in formato GIF, può essere un’alternativa efficace e molto più sostenibile. Non bisogna dimenticare che il contenuto che vive su Facebook ha sempre di base una visibilità organica piuttosto scarsa, e quindi la visibilità dei contenuti che non verranno supportati da investimenti media probabilmente non giustificherà un costo di realizzazione troppo elevato. Una volta attribuito il peso che le rubriche richiedono in termini di impegno, è bene spalmarle sul piano editoriale, dando più spazio alle rubriche più sostenibili e limitando invece il numero di quelle più impegnative da realizzare.
La frequenza delle pubblicazioni
In fase strategica è anche bene stabilire in linea di massima una frequenza per i contenuti. Alla luce dell’algoritmo, che penalizza la visibilità organica dei post delle Pagine, è consigliabile non investire troppo budget nella realizzazione di piani editoriali ricchissimi di quantità, ma che poi rischia di non vedere nessuno. Non esiste una risposta universalmente corretta alla domanda Quanti post è bene pubblicare in una Pagina Facebook?. L’unica verità da tenere a mente è che non vale la pena di esagerare, perché quei contenuti avranno una visibilità organica comunque limitata. Quindi il consiglio è prevedere un investimento in contenuto che venga bilanciato sempre da un budget finalizzato a garantire a quel contenuto una base minima di visibilità tale da giustificarne l’esistenza. Decidere la frequenza di ogni rubrica sulla base dell’impegno richiesto per la sua realizzazione è importante per creare progetti di contenuto sostenibili dal punto di vista economico. Ecco un esempio semplice di pianificazione:
Categoria | Frequenza |
Categoria 1 | Otto al mese |
Categoria 2 | Quattro al mese |
Categoria 3 | Uno al mese |
I formati migliori
L’algoritmo di Facebook tiene in considerazione l’efficacia di formati dinamici (soprattutto live) rispetto al testo, ma in realtà ne fa una questione personale e va a premiare i formati di contenuto che ognuno dimostra di apprezzare di più. Tuttavia è probabile che la gestione di una qualsiasi Pagina renda evidente una tendenza: i post che funzionano di più sono quelli più facili e immediati da recepire, per esempio quelli esplicitati da un’immagine o da un breve video o da un formato animato. È interessante quindi ragionare sempre su formati dinamici e quando possibile live, che garantiscano un impatto maggiore.
Le storie che funzionano
Se nella costruzione di un buon piano editoriale è fondamentale compiacere l’algoritmo di Facebook, è altrettanto importante raccontare alle persone le storie che vogliono sentire. Poco sopra si è visto come costruire una narrazione interessante e rilevante. D’altra parte, solo l’osservazione dell’effettivo andamento dei contenuti può confermare se l’intuizione avuta in fase di strategia era corretta e quindi se la direzione individuata è effettivamente apprezzata dalle persone. Per questo motivo, è fondamentale un’osservazione continuativa degli Insights di Facebook, che può restituire una fotografia perfetta di che cosa è stato apprezzato di più dalle persone in un determinato periodo di tempo. È bene quindi costruire un piano editoriale sulla base di ciò che il target reputa più rilevante, in modo da aggiustare in corsa il taglio dei contenuti, per affinarli sempre più.
Testo breve e inequivocabile
Non si tratta più solo di trovare temi rilevanti e svilupparli con le soluzioni creative migliori. Anche il testo del post ha un ruolo sempre più determinante per favorire il dialogo. È infatti nel testo che accompagna il contenuto che possiamo inserire il gancio per coinvolgere le persone e incoraggiarle a lasciare un parere, stimolando così interazioni di valore. È importante che il testo venga condensato in poche parole, non solo per evitare di essere tagliato dalla voce Altro, che crea una barriera di leggibilità notevole, ma anche per evitare di richiedere all’utente uno sforzo eccessivo di concentrazione. È dimostrato che i testi più brevi sono quelli che ottengono il maggior engagement.
Gli hashtag servono?
Come su Twitter e Instagram, anche su Facebook gli hashtag servono ad aggregare le conversazioni di diversi utenti a proposito di un unico argomento in un unico stream. Ma a differenza di Twitter e Instagram, dove molte persone hanno account pubblici e i loro contenuti possono essere visti da chiunque, la maggior parte dei profili personali su Facebook ha una natura privata. Questo significa che, anche se le persone usano gli hashtag, i loro contenuti non finiscono nello stream pubblico relativo a tale argomento. Il risultato è che, quasi sempre, gli stream relativi a un hashtag sono pubblicati da brand, editori, influencer, quasi mai da individui. Se per un individuo l’utilizzo di hashtag dentro un post la cui visibilità è ristretta agli amici non presenta alcun vantaggio, per un brand può invece essere utile in alcuni casi: può servire a farlo emergere nelle ricerche di un argomento vicino alla marca e su cui la marca ritiene strategico dire la sua.
Evitare l’engagement bait
Si intende per engagement bait la tattica per cui si incoraggia in maniera esplicita l’utente a compiere una interazione come “Mi piace”, condivisione e commento, attribuendo a ciascuna di queste un significato particolare, con lo scopo di ottenere un vantaggio in termini di ranking. Per esempio “Vota con una reaction”, “Clicca like se sei… o love se sei…”, “Tagga un amico con cui…”, “Commenta Sì se adori…” e via dicendo. Questi contenuti sono vietati dalle policy di Facebook perché falsano le reazioni delle persone, valore su cui l’algoritmo sta puntando al massimo.
Questo articolo riprende alcune parti del capitolo 4 di Facebook Marketing, seconda edizione aggiornata.