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Facebook studia la pubblicità in tempo reale

01 Aprile 2011

Facebook studia la pubblicità in tempo reale

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Sapere che cosa desideriamo in ogni dato momento e proporcelo. Ci prova Facebook. Terminator non sarà un killer, ma un agente commerciale

Sono almeno dieci anni che se ne parla. E continuiamo periodicamente a parlarne, come uno dei grandi sogni del web – in realtà (forse per fortuna?) non mantenuti. Parliamo della profilazione degli utenti, a cui ho già più volte accennato, ovvero quell’approccio filosofico-markettaro che prevede di studiarci, anzi di capirci. Per poi rifilarci le pubblicità e/o i messaggi di marketing che si ritengono più adeguati per noi.

Lo possiamo vedere male, come un’invasione della privacy, un peggioramento della nostra relazione con la pubblicità. Lo possiamo vedere bene, rassegnandoci al fatto che la pubblicità su internet resterà (almeno fino a quando lo avremo gratis e non dovremo pagare per accedere ad ogni singolo sito), perché questa è la linfa economica vitale che permette ai siti di restare in piedi e pagare gli stipendi di chi li realizza, chi ci lavora eccetera. Rassegnati a questa ineluttabilità, possiamo fare buon viso al fatto che – almeno in teoria – dovrebbe essere meglio essere esposti a messaggi pubblicitari che c’entrino qualcosa con noi piuttosto che a proposte di prodotti o servizi che non useremo mai, che detestiamo, che sono lontanissimi dal nostro stile di vita.

Adesso ci prova Facebook

Su scala macroscopica quella della pubblicità profilata è una promessa, come dicevamo, abbastanza poco mantenuta. A livello micro qualche esempio interessante c’è, proveniente dai soliti noti. Da Amazon, che ti suggerisce sul sito o nelle mail quali prodotti comprare. Da Google, che non perde tempo – una volta identificata una parola chiave interessante in una tua mail (e in chissà quali altre interazioni) per iniziare a focalizzare messaggi attinenti (e nella mia esperienza ci becca abbastanza). Mancava ovviamente il grande terzo incomodo, il solito Facebook, che sta alacremente (così si dice) testando un nuovo meccanismo: gli annunci pubblicitari in tempo reale. Sottoposto a test (inconsapevole) su un 1 % della popolazione degli utenti, il sistema cambia il meccanismo di target attualmente adoperato dal social network.

È basato su un’analisi dei post, degli status, dei like: fa uno sforzo per capire chi siamo o come siamo, che cosa ci potrebbe piacere, che cosa potremmo comprare, soprattutto che cosa potremmo cliccare e come potremmo far diventare ancora un po’ più florido il business di Facebook. Lo scopo è lavorare in real-time, senza darci il tempo di raffreddare gli interessi e le propensioni all’acquisto. Un genietto a molla, nella sua scatoletta, sempre in ascolto, pronto a scattare fuori nel momento stesso in cui ci viene voglia di pizza, per proporci sconti, occasioni, tranci e pizzerie. Magari accuratamente geolocalizzati in base al nostro esistere del momento.

Marketing scientifico

Da un certo punto di vista è servizio, è customer service. Dall’altro forse è un pedinarci passo a passo per non perdere l’occasione di markettarci, cercando di risolvere con uno scientifico cecchinaggio quelle capacità di conversione che la pubblicità di massa fa sempre più fatica a mantenere su target evoluti e mantenendo aperto un canale di comunicazione per ora poco intrusivo, come i bannerini, ma con straordinarie potenzialità di diventare più intrusivo e quindi convincente (in termini di vendite concluse).

Di esperimenti del genere si era parlato anche rispetto al telefonino – con una vocetta pronta ad intervenire nelle conversazioni (offerte gratuitamente) con amici e parenti, ogni qualvolta identificava un’opportunità di vendita dall’analisi dei nostri discorsi. Un’analisi, questo è il punto focale, e non un semplice riconoscimento delle keyword. Un analisi per capirci e leggerci nella mente, in fondo. Per assicurarci che mai più un atto di acquisto sfugga o sia lasciato orfano di un appropriato orientamento commerciale. Giocato sul filo dei secondi. In un mondo dove il marketing sta diventando una cosa troppo veloce per lasciarlo fare agli umani, lasciandolo quindi gestire ai computer. Sbagliavano gli autori di Terminator. Skynet non ucciderà gli uomini. Li pubblicizzerà a morte.

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