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Hollywood, l’illusione di una svolta

10 Aprile 2006

Hollywood, l’illusione di una svolta

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Il lancio del download legale per i film appena usciti in sala trova molti critici: bassa qualità a prezzi molto alti rendono ancora appetibili i circuiti illegali

«Hollywood sconfitta», «Addio Dvd e videocassette», «Rivoluzione del mercato dei film»: sono solo alcune delle espressioni circolate nel sistema dei media tra il 3 e il 4 aprile, nel giorno seguente all’accordo delle sei major hollywoodiane che prevede la contemporaneità tra l’uscita in Dvd e quella online di un film. In sostanza, la risoluzione della MPAA è quella di permettere uno scaricamento equivalente non più solo al noleggio, ma effettivamente alla vendita del film. Si diventa proprietari di un file che si può archiviare sul proprio Pc o su un supporto ottico. È ovvio che si tratta di una novità in sé, e di quelle che fanno discutere. Ma non è tutto oro quello che luccica, e a un’analisi più approfondita il grande balzo di Hollywood sembra più un passo indietro. Di più: una mossa per soffocare sul nascere il mercato del cinema online.

Qualche buona ragione per snobbare il fenomeno

L’immediata reazione in molti forum di utenti più o meno smanettoni è stata unanime. «Geniale», è il commento più diffuso, «ora potrò scaricare film a minor qualità su Internet pagandoli “solo” 30 dollari, mentre potrei trovare lo stesso film nei circuiti peer to peer gratuitamente, spesso in alta definizione e senza alcun sistema di protezione del copyright». Non ci vuole molto a fare il confronto: anche se la maggior parte dei commenti degli utenti si basa su una logica di pirateria, è ovvio che 30 dollari (o 30 euro, per restare sulle cifre comunicate dai maggiori quotidiani italiani) è quasi il doppio del costo dello stesso film in Dvd.

Soffermiamoci anche su un punto di non secondaria importanza: quando si compra un Dvd appena uscito a 18 euro si compra (oltre al contenuto nudo e crudo) un supporto ottico, un contenitore di plastica, una cover stampata in quadricromia e, non ultimi, un certo numero di contenuti extra che fin dall´iniziale penetrazione nel mercato dell’home video hanno reso il Dvd un acquisto sempre più popolare. La grande novità sponsorizzata dalla MPAA è quella di permettere lo scaricamento di un film che avrà una qualità necessariamente minore a un costo enormemente gonfiato quando, d’altro canto, i costi di produzione colano decisamente a picco.

A favore dell’iniziativa, si può solo considerare un fattore (decisivo per la politica economica delle major): il prezzo alto dipende dalla cautela preventiva che gli studios hanno voluto riservare ai rivenditori di Dvd. Si fa un gran parlare del formato digitale che manderà in pensione i supporti ottici e magnetici, ma bisogna anche vedere cosa ne penseranno le varie catene di vendita e noleggio sparsi sul territorio mondiale (Blockbuster, tanto per fare un esempio, ma anche qualsiasi megastore di elettronica o supermercato). Bisogna insomma assicurarsi che la gente continui a comprare i Dvd.

Fin qui, per quanto riguarda il prezzo. Volendo approfondire il discorso qualità, si può ancora sottolineare che se – com´è stato riportato – i film scaricabili avranno un peso di circa 1 GB, questo vuol dire che saranno compressi in qualità Dvd e non effettivamente in DVD (cioè Mpeg2). Probabilmente si tratta di film compressi con un codec H.264/MPEG-4 AVC, che permette una compressione lossless sufficientemente invisibile. In ogni caso, stiamo parlando di un’ora (nella migliore delle ipotesi) di scaricamento con linea Adsl, quando – sempre facendo l’avvocato del diavolo – in un tempo decisamente minore si può andare ad affittare lo stesso film al videonoleggio sotto casa, metterlo nel drive del Pc e copiarlo sul proprio HD (costo: circa 1/6 del download su Movielink).

Diritti digitali

In tutto questo, non si è ancora fatto accenno al problema più serio, quello del Digital Rights Management (DRM) applicato ai film in uscita su Internet. John Feheery, un executive della MPAA, ha fatto sapere che «ciò che è dannoso al mercato nero è utile al mercato legittimo, e ciò che è utile al mercato legittimo è utile ai consumatori finali». Al di là della relativa assurdità del sillogismo (consultabile in originale nei comunicati stampa del sito MPAA), è chiaro che Feheery si fa forte della sentenza MGM vs. Grokster che nel 2005 ha sancito l’illegalità di produrre software che facilitino la pirateria. Senza entrare nel merito di una discussione troppo tecnica da un lato o troppo giuridica dall’altro, i sistemi di Drm sono all’ordine del giorno in qualsiasi tipo di scambio digitale di contenuti. Il famoso Css usato nel coding dei Dvd è un sistema (peraltro molto criticabile) di Drm. Gli e-book sono in genere protetti da un sistema di Drm, e così la musica scaricabile da iTunes.

Il DRM usato da Movielink e CinemaNow, però, è un Drm Microsoft. Un Drm che blocca la visione del film su altri sistemi che non siano lo schermo del Pc (o un box multimediale dotato comunque di Windows Media Player), che permette di archiviare una copia del film sull’hard disk e di farne una copia di backup su un Dvd che però non può essere letto da un normale player casalingo. Quindi, chi desidera vedere il film scaricato sul suo bel televisore al plasma nuovo da 42 pollici, dovrà necessariamente collegarlo al Pc con un cavo S-Video (procedura non immediata per l´utente medio che desidera soltanto rilassarsi vedendo il film appena acquistato). Entrambi i siti, poi, permettono lo scaricamento esclusivamente tramite Microsoft Internet Explorer 6.

Infine, usare un sistema proprietario per proteggere i film scaricabili online vuol dire non permetterne la visione su macchine non Microsoft. Sarà per questo che al momento la Disney non rientra nel gruppo delle major che caldeggiano il lancio del servizio? Steve Jobs è azionista Disney, e probabilmente non ha gradito particolarmente la mossa.

La lotta alla pirateria

Non c´è bisogno di dire che, a senso, un´offerta come quella di Movielink non avrà altro effetto se non quello di intensificare ancora di più il mercato sotterraneo della pirateria. Nei forum dedicati al peer to peer gli utenti non hanno certo i peli sulla lingua. Film come Brokeback Mountain (il caso che ha dato inizio al dibattito) o King Kong (in uscita il 10 aprile sia in Dvd che su Movielink) sono disponibili gratuitamente e illegalmente su eMule o in formato torrent da diverse settimane: a chi può servire un file pressoché identico a un costo esorbitante? Evidentemente la MPAA nel suo difficile guado verso il mondo digitale non ha pensato fin da subito di adottare un modello economico come quello di iTunes (che però, lo ricordiamo, è venuto dopo altri esperimenti più o meno fallimentari che proponevano il download di tracce musicali a un costo superiore).

Peraltro, in Italia il problema non si pone ancora in questi termini, dato che la discussione sulle finestre distributive (l´intervallo di tempo tra l´uscita del film al cinema, la sua edizione per l´home video e la sua trasmissione su pay tv) sono molto diverse da quelle americane. La Twentieth Century Fox Home Entertainment Italia, ad esempio, ha già fatto presente che – se mai dovesse adottare il modello di vendita on line di Movielink – assicurerebbe comunque un´uscita su Internet posticipata di almeno 30 giorni rispetto a quella su Dvd: potenza del mercato retail italiano. Interessante poi il punto di vista dei piccoli produttori cinematografici: sul forum di Punto Informatico, il 4 aprile scorso un utente anonimo dice: «Sarebbe una bellissima cosa se le utility di gestione del Drm non fossero brevettate e utilizzabili a caro prezzo, se fossero accessibili anche a piccole aziende che producono documentari, film o altro». L´idea è che i produttori potrebbero distribuire attraverso P2P i loro lavori e finanziarsi, aumentando anche l´offerta di contenuti indipendenti. Anche dall´altra parte della barricata, insomma, c´è una netta sensazione di malcontento nei confronti della MPAA.

Teorie economiche, teorie cospirative

In conclusione, a che pro adottare un modello di vendita basato sul paghi di più per avere di meno? I più sospettosi si passano già di bocca in bocca la teoria del complotto. Le major avrebbero fissato questi prezzi per il download allo scopo di strozzare il nuovo mercato sul nascere. Ben consci del fatto che nessun consumatore accorto scaricherebbe un film a queste condizioni, gli executives degli studios hollywoodiani sono già pronti a dare la colpa ai pirati informatici se l´esperimento non avrà successo. Un servizio votato al fallimento, che giustifichi una conclusione del tipo: la distribuzione sul web? Ci abbiamo provato, e non è servito a nulla. È chiaro che solo i pirati usano Internet, quindi continuiamo a denunciare tutti gli utenti web.

Per l´industria cinematografica americana, invece, si tratta solo di una cautela dovuta alle difficoltà di previsione. «È un primo passo», dice Curt Marvis, amministratore delegato di CinemaNow. «In un mercato ideale, il produttore verrebbe incontro al consumatore con un´offerta immediatamente adeguata. Sfortunatamente, però, viviamo nella realtà. E questo è il meglio che possiamo fare adesso».

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