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I 5 principî del content design, validi anche in tempi difficili

13 Aprile 2021

I 5 principî del content design, validi anche in tempi difficili

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Ripensare all’essenza del content design in modo da avere sempre una guida per superare la difficoltà di un rapporto solo online con il committente. O anche semplicemente un momento di stanchezza creativa.

Questo articolo richiama contenuti dal webinar Che cos’è il content design in pratica? tenuto da Nicola Bonora per Apogeo Editore il 17 febbraio 2021 in diretta Facebook.

In questo anno davvero diverso dagli altri dal mio punto di vista e in generale per il mercato, penso che sia stato un anno positivo. Lo dico a bassa voce e mi vergogno a dirlo perché non è il momento di festeggiare niente.

Quello che è successo mi fa immaginare un bar dove tutti bevono, qualcuno racconta barzellette sconce e a un certo punto entra uno portando un imprevisto; diciamo che urla. Tutti si girano e si accorgono che in realtà quanto stavano facendo non era quello che dovevano fare. Fuori di metafora, si girano verso il digitale; a un certo punto è arrivato l’urlo della pandemia. Oddio, non possiamo più stare qui a fare quello che facevamo prima.

Qualcuno era un pochino più pronto, ma anche e soprattutto le organizzazioni più grosse non lo erano effettivamente, perché non c’era stato bisogno fondamentalmente di considerare l’opportunità del digitale, fino a quel momento, mentre in realtà le tecnologie c’erano tutte. Lo scollamento tra la frontiera tecnologica e il suo uso, in questo caso, ha subito una fortissima compressione.

L’errore di voler riportare il fisico nel virtuale

Ho visto questo e poi ho visto lo spaesamento su come affrontare la cosa. Si poteva fare in mille modi. Si può fare in mille modi. Credo che sia il momento per affrontarlo in maniera strategica, cioè è il momento di fare paradossalmente un passo indietro rispetto ai canali, rispetto ai contesti, e guardare chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare. La domanda della vita. Rimettere mano all’identità, mettere ordine, ridare senso vuol dire fare un percorso introspettivo e rimettere insieme le primitive che ci compongono.

E poi dopo pensare a come queste primitive le possiamo declinare sui suoi diversi canali. Ci sono veramente tanti modi adesso per traslare il mondo fisico verso quello virtuale, che sarebbe un errore; così come pensare che ebook e libro siano la stessa cosa. Ci sono cose dietro, un mondo diverso, esperienze diverse. Però, se tu sai chi sei, sai cosa può voler dire. Se non sai chi sei, fai delle cose… ed è un po anche la dannazione del contenuto.

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In generale, il contenuto si è sempre fatto. Ho visto poche volte disegnare la cattedrale entro cui poi viene cantata la messa. Si va direttamente al sermone. In questo momento ho visto essere effettivamente ricettive le organizzazioni che non avevano bisogno di porsi questo problema. Perché se sei curioso e cominci a chiedere cose, al terzo perchè ci si rende conto tutti che certe risposte non le sappiamo, oppure non le abbiamo mai formalizzate.

La costruzione di un processo di domanda corretto, nel trovare le domande giuste, fa sì che si torni alla fonte di se stessi (un po’ come nel kung fu) e dopo si possa ripartire con tutte quelle caratteristiche di coerenza, di onestà, di chiarezza che a quel punto sono condivise in un’organizzazione e possono trovare sfogo su diversi canali in diverse situazioni.

Su questo ho visto che ci si trova, anche in maniera forzata vien da dire. Quando si parla con l’organizzazione in questo periodo, c’è tanta voglia di fare cose immediatamente ma anche la consapevolezza che bisogna fermarsi un secondo per farle ancora meglio, visto che l’obbligo di pensarci certamente non termina domani. Inoltre non solo si risolvono problemi in locale, ma si cambia il campo di gioco e si aprono possibilità nuove. Almeno da questo punto di vista, la scossa ha avuto qualche ripercussione positiva.

Dopo che abbiamo già parlato delle virtù, passiamo finalmente ai nostri principî.

Cinque principî per il content design

La letteratura dice: non più di cinque. I principî cosa sono? Quelli che ci guidano nei nostri comportamenti quotidiani in assenza di regole o nei momenti in cui abbiamo delle situazioni da affrontare in maniera destrutturata. È facile per noi come esseri umani dimenticare a volte che il nostro principio è non parcheggiare in doppia fila.

Per un’organizzazione o per la realizzazione di un progetto, per un’attività lavorativa che magari si fa in gruppo, i principî invece sono cose che bisogna assorbire. A volte si tratta anche solo di prenderne atto. Fermiamoci un attimo; teniamo un workshop interno in cui ci diciamo quali sono i nostri principi guida. Sulla base dell’esperienza e su chi siamo, su quello che ci dice il mondo, su come crediamo che i progetti vadano fatti e via discorrendo. Io ho quelli che ho distillato nel tempo e che applico in maniera molto pratica sistematicamente in tutti i progetti.

I perimetri e l’imbuto

I principî si dispongono lungo una specie di imbuto che parte da un concetto iniziale di sostenibilità, dove la sostenibilità in questo caso è un progetto che deve sopravvivere a noi. Quindi quali sono le risorse che abbiamo a disposizione oggi? Quanto deve vivere questo progetto? E quali sono le risorse con cui dovrà sostenersi successivamente? Quindi pensare non solo in una logica realizzativa ma da qui a medio termine, lungo termine. Quali sono le visioni strategiche di un’organizzazione per cui disegniamo un progetto?

Quello che disegniamo oggi, quanto deve essere elastico rispetto al domani? Queste sono visioni molto alte alte da un punto di vista proprio dell’imbuto, che già pongono la conversazione di qualcuno che si occupa di contenuti a un livello spesso inaspettato, perché solitamente chi parla di contenuti spesso riceve un brief tipo fai così e poi fallo al meglio. In realtà, se si comincia a parlare da subito di questo concetto, stiamo già entrando in un universo che è di per sé strategico. Stiamo entrando nella visione strategica dell’organizzazione.

Sustainable, business driven

Sostenibilità in questo senso è il primo punto in cui cominciare a tracciare delle linee del perimetro. Li enuncio in inglese perché fanno figo e perché è più facile. Sustainable. Un progetto deve essere sustainable. Secondo punto, business driven. Fare incontrare gli obiettivi di un’azienda con i bisogni delle persone. Quindi il secondo perimetro è quello degli obiettivi, dei vincoli e degli ostacoli. Non è banale definire degli obiettivi; a volte gli obiettivi sottostanno a metriche velleitarie e non utili per l’azienda.

Vogliamo che il progetto che stiamo per fare porti utilità al business dell’azienda. E da qua, qual è il business dell’azienda? Qual è il prodotto, a chi lo vendiamo? Quali sono i punti di forza e debolezza? Come si differenzia, chi è la concorrenza? Questo concetto di business driven porta con sé il 70 per cento del valore della ricerca che si esegue e vuol dire una serie di metodi e di approcci, non ricette, che possono portarci a definire bene questa domanda.

User centred

Dopo aver definito cosa vuol dire business driven, user centred. Sempre all’interno del perimetro, le persone a cui ci rivolgiamo e il portato delle loro motivazioni, dei loro bisogni, la proposizione di valore che gli portiamo. Anche qua, più ne abbiamo meglio è. Oggi tra l’altro si può fare tanto anche con l’intelligenza artificiale. Quindi si può fare della qualità con la quantità e qua si stanno aprendo dei mondi estremamente interessanti, ma l’importante per il principio è la governance della tecnologia.

Questi primi tre principi definiscono la ricerca fondamentale. L’importante è dal mio punto di vista seguirli sempre, a prescindere dagli strumenti.

Data informed

Quarto punto dell’imbuto è data informed. L’essere informati dai dati; non data driven, perché i dati sono indicatori, sono bandierine che ci fanno porre delle domande per trasformare i dati in informazione, in conoscenza e infine nella saggezza del contesto.

Però senza i dati, diciamo così, potremmo fare degli errori. Quindi andiamo a vedere i dati, senza esserne bulimici. Andiamo a vedere che cosa abbiamo in casa.

Content (e mobile) first

Progettiamo i contenitori attorno al contenuto, una volta per tutte. Poi è ovvio che il contenuto ci si dovrà anche adattare ma – qui viene il ruolo strategico del content design – se non abbiamo fatto questo percorso e non costruiamo contenuti di senso come prima cosa, non facciamo un buon servizio nell’organizzazione e di conseguenza alle persone.

Al giorno d’oggi content first si porta dietro mobile first. Il mobile è la produzione nel suo caso peggiore. Abbiamo un piccolo schermo in cui far stare tremilaquattrocento cose, dobbiamo applicare una ecologia del contenuto mostruosa, dobbiamo dare delle priorità e fare dei sacrifici.

Questa cosa è straordinaria dal punto di vista dei vincoli del design: disegnare avendo in mente che abbiamo uno scontrino fiscale stretto così e lungo così, per dire, fa sì che le facciamo molto bene per il caso peggiore, ma di conseguenza anche per il caso migliore.

I principî ci aiutano nei giorni di pioggia

Questo è lo stack dei principî che sistematicamente cerco di mettere in piedi. Sono importanti perché lì si possono condividere; sono concetti che una volta spiegati possono appartenere a un team, possono essere allargati a persone che entrano per la prima volta nell’ambito di un’organizzazione. E ci aiutano nei giorni di pioggia.

Oggi sono stanco? Mi rifaccio ai miei principî, cosa che mi aiuta ad andare anche un po’ per inerzia se serve. Quindi sono veramente dei salvagente. Credo che siano un asset di grande valore per qualsiasi organizzazione.

Questo articolo richiama contenuti dal webinar Che cos’è il content design in pratica? tenuto da Nicola Bonora per Apogeo Editore il 17 febbraio 2021 in diretta Facebook.

Immagine di apertura di Mayer Maged su Unsplash.

L'autore

  • Nicola Bonora
    Nicola Bonora, nell'arco di 25 anni, ha lavorato in azienda, da freelance e come imprenditore disegnando, curando, gestendo o semplicemente vendendo progetti online per realtà di ogni genere e dimensione. Il suo obiettivo è rendere semplice la complessità dei sistemi applicando processi di design. Ha elaborato un modello originale per insegnare le buone pratiche della progettazione del contenuto digitale. Oggi è Digital & UX Strategist per Websolute.

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