Andare oltre forma e funzione
Quando personal computing e interazione fra umani e computer erano ancora agli inizi, l’attenzione era tutta concentrata su usabilità, funzionalità e miglioramento dei processi. Più recentemente, si è iniziato a prendere in considerazione anche il lato emotivo, un cambiamento in gran parte dovuto all’insegnamento di Donald Norman, ricercatore, professore e autore di Emotional Design (Basic Books, 2004; in Italia, Apogeo 2004) e Aarron Walter, autore di Designing for Emotion (A Book Apart, 2011).
Emotional Design è stato scritto in parte come risposta alle critiche mosse a un libro precedente di Norman, The Design of Everyday Things (in italiano, La caffettiera del masochista): seguendo le indicazioni di quel libro, dicevano i critici, i prodotti sarebbero stati funzionali ma brutti.
Nella prima edizione de La caffettiera del masochista, Norman non aveva parlato di emozioni, ma si era concentrato su utilità e usabilità, funzione e forma in modo logico e spassionato. In Emotional Design, invece, esplora la profonda influenza che sentimenti ed emozioni hanno su di noi e il modo in cui sono suscitati attraverso gli oggetti della vita quotidiana.
Nel libro emerge (è uno dei temi importanti) come gran parte del comportamento umano sia subconscio e come la consapevolezza venga solo dopo. Se guardiamo a come reagiamo a una situazione, scrive Norman, di solito reagiamo emotivamente prima di valutare la situazione cognitivamente e nella maggior parte dei casi, se qualcuno ci chiede perché abbiamo preso una certa decisione, non sappiamo dirlo. Semplicemente ci sentivamo di fare così o ci sembrava la decisione giusta.
L’effetto delle emozioni sui processi decisionali
Sul ruolo delle emozioni nei processi decisionali sono state condotte molte ricerche, sia nell’ambito del marketing sia in quello della psicologia. Antonio Damasio, professore di neuroscienze all’Università della California meridionale, nel suo L’errore di Cartesio, scrive che le emozioni sono un ingrediente necessario per quasi tutte le decisioni.
Quando dobbiamo prendere una decisione, le emozioni suscitate da esperienze precedenti influiscono sul modo in cui percepiamo le opzioni disponibili e alla fine conducono alla creazione di preferenze (Peter Noel Murray, How Emotions Influence What We Buy, Psychology Today, 26 febbraio 2013). Questo ricorda un po’ il meccanismo della retroazione positiva e il principio di piacere di Freud, secondo il quale cerchiamo istintivamente il piacere e cerchiamo di evitare il dolore, ricreando esperienze piacevoli precedenti ed evitando situazioni che riteniamo possano essere causa di dolore.
Molti credono che le decisioni che prendiamo siano attentamente vagliate e razionali. Spesso lo diamo per scontato anche quando pensiamo alle azioni che un utente può compiere nelle esperienze che progettiamo. A volte è effettivamente così, ma spesso quello che ci inclina da una parte o dall’altra, nel processo decisionale, è la nostra risposta emotiva a ciò che avviene nell’esperienza.
Per esempio: perché a volte scegliamo un particolare brand più costoso rispetto a uno più economico o agli store brand più generici e meno costosi? Qui entrano in gioco le nostre emozioni. Un brand non è altro che una rappresentazione di un prodotto nella mente del consumatore. Creiamo le nostre storie su tutto ciò di cui facciamo esperienza; nella valutazione dei brand ci basiamo principalmente sui nostri sentimenti personali e sulle nostre esperienze, più che su informazioni, funzionalità e fatti.
Le emozioni positive influenzano la fedeltà a un brand in misura molto maggiore che non, per esempio, la fiducia. Come è accaduto per il primo iPod e per le versioni più recenti dell’iPhone, le emozioni positive sono anche ciò che ci fa acquistare certi prodotti anziché altri, anche se non sempre sono quelli più pratici, come l’iconico spremiagrumi di Philip Starck sulla copertina di Emotional Design.
Senza emozioni, la nostra capacità decisionale zoppicherebbe e non saremmo in grado di decidere fra le alternative, in particolare quando le scelte appaiono di pari validità.
Il ruolo di affetto e cognizione nel processo decisionale
Nei processi decisionali quotidiani, emozioni e affetti sono fondamentali. Sono entrambi sistemi di elaborazione delle informazioni, ma con funzioni diverse. Il sistema affettivo risponde rapidamente, giudicando se ciò che si trova nell’ambiente è pericoloso o sicuro, buono o cattivo. È il nostro cervello rettiliano e le risposte possono essere coscienti o subconsce. Il sistema cognitivo, invece interpreta e dà un senso al mondo. Le emozioni entrano in gioco nell’esperienza cosciente dell’affetto, combinata con l’attribuzione della causa e l’identificazione del suo oggetto.
Affetto e cognizione si influenzano a vicenda. In alcune situazioni, lo stato affettivo è guidato dalla cognizione, ma nella maggior parte dei casi è la cognizione a essere influenzata dall’affetto. L’esempio che usa Norman per illustrare questa relazione è quello di un asse. Se colloco l’asse sul terreno e ti chiedo se puoi camminarci sopra, la risposta sarà un sonoro Certo che sì. Se però colloco l’asse a cento metri di altezza in aria e ti pongo la stessa domanda, la risposta sarà molto diversa.
Quel che illustra questo esempio è che il sistema affettivo è indipendente dal pensiero cosciente. Il livello viscerale, quello che sentiamo nella pancia all’idea di guardare in basso da cento metri d’altezza, vince. La nostra risposta è dominata dalla paura e non dalla parte riflessiva del cervello che può cercare di razionalizzare: è sempre lo stesso asse lungo 10 metri e largo un metro, perciò è certo che puoi camminarci sopra.
È un po’ come il modo in cui reagiamo quando guardiamo un film dell’orrore, o il modo in cui ci sentiamo dopo averne visto uno. Il nostro sistema cognitivo razionalizza e ci dice che al 99,9 percento non c’è nessuno nascosto nel buio della camera, ma quello che abbiamo appena visto e le emozioni che ha suscitato in noi a volte possono impedirci di entrare in quella stanza senza accendere la luce.
Il collegamento fra sistema emotivo e comportamentale
Il nostro sistema emotivo è legato molto strettamente al comportamento e prepara il nostro organismo a rispondere, al punto che, dice Norman, le reazioni che sentiamo in una data situazione sono manifestazioni reali del modo in cui le emozioni controllano i nostri muscoli e, per esempio, l’apparato digerente. Abbiamo le stesse reazioni nei confronti di una storia. Che si tratti di un racconto o di un’esperienza online, che sia piacevole o non lo sia, che ci metta in tensione o ci rilassi, le nostre emozioni emettono il loro giudizio e preparano l’organismo di conseguenza, mentre il nostro sé cosciente, cognitivo, osserva i cambiamenti.
In risposta alle nostre emozioni, a parti particolari del cervello vengono inviate specifiche sostanze neurochimiche, che modificano i nostri parametri di pensiero. Gli scienziati hanno appurato che l’affetto modifica i parametri operativi della cognizione: un affetto positivo rafforza il pensiero creativo, che dà la priorità all’ampiezza, mentre un affetto negativo focalizza la cognizione e rafforza l’elaborazione in profondità, riducendo al contempo le distrazioni. Questo significa che lo stress ha un impatto negativo sulla capacità di affrontare le difficoltà e sulla flessibilità nella ricerca delle soluzioni, mentre, al contrario, un affetto positivo rende le persone più tolleranti.
Dagli studi condotti risulta che i prodotti esteticamente piacevoli funzionano meglio e che, se le persone sono in una situazione rilassata, gli aspetti piacevoli di un design possono renderle più tolleranti verso difficoltà e problemi. Anche se un design scadente, come dice Norman, non è mai perdonabile, la pratica di un buon human-centered design diventa più essenziale per attività e situazioni che possono essere fonte di stress e in cui distrazioni, colli di bottiglia e fonti di irritazione in generale devono essere ridotti al minimo.
L’influsso delle emozioni sulle azioni
Uno degli aspetti più interessanti delle emozioni è che ci spingono all’azione. Se proviamo paura, in un confronto fisico, possiamo avere una risposta del tipo attacco o fuga. Situazioni sociali quotidiane che generano desiderio o insicurezza possono portarci ad acquistare il modello più recente di iPhone. Oppure le nostre risposte emotive possono semplicemente determinare come ci muoviamo in un sito web o in una app con i clic del mouse o i tap. Le narrazioni sono state usate in tutto il corso dei secoli per spingere all’azione, dall’accendere la fantasia al dare il sostegno a una causa. E tutto questo è provocato dalle emozioni che suscitano in noi.
Per quanto riguarda ciò che influisce sulle decisioni d’acquisto, dagli studi che sono stati condotti risulta che la risposta emotiva ai contenuti è più importante dei contenuti stessi. Per i brand questo significa che devono cercare di generare il giusto livello di risonanza emotiva, al momento giusto. In altre parole, ci si può connettere con i potenziali clienti al livello emotivo giusto (Andrea Lehr, The Role of Emotions in Shareable Content).
Capire come incidono le emozioni sulle nostre azioni significa anche capire perché decidiamo di intraprendere o meno un’azione. Alessandro Suraci, visual designer di Google, scrive di quanto sia difficile impegnarsi davvero in qualcosa; quando si tratta di fissarsi obiettivi e darsi da fare per raggiungerli, è molto più facile trovare una scusa per non fare quello che ci si è proposti (Alessandro Suraci, Picture a Better You, Medium, April 13, 2016, https://oreil.ly/c3T9J
). Come UX designer, dobbiamo conoscere la narrazione della situazione tipica e quello che provano gli utenti, per capire come sollecitarli all’azione, e anche ciò che può trattenerli dall’andare avanti.
L’influsso delle emozioni sulla percezione del brand e del prodotto
Le emozioni hanno un ruolo determinante anche nella memoria di lungo termine e nella nostra capacità di comprendere e conoscere il mondo. È uno dei motivi per cui storytelling è diventata una parola di uso così comune, non ultimo nel marketing. Il marketing che comprende quel tipo di narrazione che fa leva sui sentimenti è più efficace di ogni altra forma di marketing.
Il motivo di questa maggiore efficacia è che lo storytelling emotivo è memorabile. Crea connessioni profonde che rendono più difficile dimenticare il messaggio. Lo storytelling emotivo crea anche associazioni positive con il brand, collegando immagini positive all’obiettivo della campagna di marketing. Infine, il marketing che coinvolge lo storytelling emotivo fa appello alle emozioni invece che alla ragione e dà all’utente un’esperienza.
Se ci si pensa, è quasi ovvio. Pochi ricordano un film o un libro mediocri, ma ricordiamo bene quelli davvero belli o proprio brutti. È lo stesso per i prodotti e i servizi che usiamo. Ricordiamo quelli che ci hanno provocato grande frustrazione e quelli che invece ci hanno resi felici. Quelli alle due estremità dello spettro sono quelli di cui parliamo con gli altri e quelli per cui più facilmente scriviamo una recensione, positiva o negativa.
Questo articolo richiama contenuti dal capitolo 4 di Design & Storytelling.
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