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In cerca di successo

16 Ottobre 2015

In cerca di successo

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Come si crea una app che passa alla storia e crea una piccola o grande fortuna? Lo svelano i nostri autori (ed esperti).

Se sapessi davvero con certezza come si fa a inventare (fondamentale!) e poi sviluppare un’app di successo, non sarei qui a scriverne; starei piuttosto leggendo Apogeonline, questa volta dalla mia villa, sempre ai Caraibi.

Ma in questi anni qualche buon tentativo l’abbiamo fatto e ci siamo sporcati la maglia di fango abbastanza per avanzare qualche ipotesi di buon senso. Perché non basta leggere le storie di chi ha avuto successo.

Qualche volta il successo è stato costruito ad arte (se non fosse stata data notizia del ritrovamento di qualche bella pepitona, non ci sarebbe stata la corsa all’oro nel Klondike e quindi i vecchi drugstore, i saloon, i venditori di pale e setacci, le “ballerine” e tutto il circo all’intorno – indotto, lo chiamano – non si sarebbero arricchiti…). Qualche volta quel successo è stato anche un po’ romanzato.

Corsa all'oro in Alaska

Ci sono state corse all’oro anche prima che iniziasse l’era delle app.

Cerchiamo di determinare i confini del campo di gioco e di declinare meglio il nostro obiettivo.

A consumo

Intanto parliamo di app consumer, quelle che pubblichiamo sugli store, rivolte al pubblico/mercato, giudice incontestabile. Il successo di un’app possiamo misurarlo sia che la si pubblichi direttamente (siamo noi gli editori) sia che ci sia stata commissionata.

Il più evidente modo per misurarne il successo è ovviamente economico: quanti ricavi genera? (qualunque sia la fonte di ricavo: vendite, pubblicità, sponsor, altro). Di questo approccio parleremo in un prossimo post.

Ma possiamo misurare il successo dell’app anche in termini non economici, a partire da un facilmente tracciabile numero di download (quanti l’hanno scaricata?) o da altri risultati più o meno tangibili (quanti nuovi lettori porta? quanti ascoltatori fidelizza? quanta interazione multicanale genera? quanti nuovi contatti, mail o Facebook, riesce a raccogliere? come ha riposizionato il mio brand? eccetera). La pubblicazione di un’app può quindi avere misure di successo diverse dal ricavo generato direttamente; tutto dipende dagli obiettivi che ci portano a svilupparla.

Banale a dirsi ma questa degli obiettivi è proprio la prima domanda da porsi o da porre. Lo facciamo davvero sempre?

Dalla risposta dipende tanto, non solo il più diretto e immediato modello di business: dipenderanno l’ideazione dell’app, la progettazione, la scelta delle piattaforme, la necessità o meno dei server di backend, le scelte di sviluppo, le interazioni. Quasi tutto.

Gratis, la scaricano

Vi svelo un segreto da iniziati: le app gratuite si scaricano più di quelle a pagamento. Giuro!

Se l’obiettivo principale (unico, mi viene da dire) non sono i ricavi diretti, evitate il rischio di pubblicarla a pagamento! Anche se chiedete pochi spiccioli con l’illusione di rientrare parzialmente dei costi, non ci riuscirete e soprattutto rovinerete ben peggio gli altri obiettivi. Gratis. Punto.

Clash of Clans

Clash of Clans incassa milioni. App gratis, obiettivo: vendere gemme.

È fatto noto che nella propensione all’acquisto di app ci siano due gradini (-oni): uno tra gratis e anche frazioni di euro e uno a due euro (1,99, prezzo civetta). Un altro discrimine, meno bloccante, è a un euro (0,99).

Così come è una ridicola realtà che si spendano centinaia (anche tante!) di euro per uno smartphone e si viva drammaticamente lo scarico di una app che ne costa poche unità o anche meno. Cambierà la tendenza? Mah, dubito, anche se ormai ci siamo abituati all’idea che una cartuccia del toner costi più della stampante.
Potreste eventualmente pensare di aggiungere qualche meccanismo per inserzioni pubblicitarie (banner, overlay, minivideo eccetera). Ma dovete soppesare bene la decisione.

Se riuscite a dimostrate ai network pubblicitari di fare vagoni, ondate di download, in continuità e reali (non presunti), allora potete sperare che vi propongano un contratto per una campagna dedicata da cui potete ricavare qualche piccola soddisfazione economica.

Altrimenti, con i pay per click (CPC, CPM) delle inserzioni su chiamata, potreste ripagarvi qualche pacchetto di sigarette o, se non fumate, qualche kebab. A meno che non facciate tsunami di download, ma allora torniamo al caso precedente.

Pensarci bene

Detto questo, il consiglio dello zio è pensare bene agli obiettivi (non economici, si diceva) di questo investimento, progettare e realizzare l’app coerentemente ad essi (cross perfetto verso i colleghi di Apogeonline, per dettagliare come nei prossimi articoli di questa serie) e focalizzarsi su questi.

Giratela come volete, abbiamo capito che qualunque misura sarà nei KPI, si deve passare dalla base di installato e tutte più o meno dipendono, quindi, dai download.

Dai santi obiettivi deriva facile facile (?) il pubblico target. Quando si parla di grandi numeri non trascurate la geografia, la piattaforma e la diffusione della piattaforma in quelle geografie.

Qualche anno fa, nella preistoria, in quel breve ma drammatico interregno durante il quale Nokia non aveva ancora lanciato uno smartphone degno di nota, ha fruttato milioni di download sviluppare giochi per Symbian da destinare ai paesi emergenti e non (America Latina, India…), dove ancora si vendevano milioni di feature phone.

Telefono Symbian

Anche una piattaforma morente, giocando bene, può fruttare denaro.

Ci teniamo per una prossima volta qualche consiglio di buon senso su come massimizzare il risultato, quando parleremo di monetizzazione.

Nei prossimi mesi i nostri autori esamineranno in più articoli la creazione di una app sotto tutti i punti di vista, dal design alla programmazione al marketing alle questioni legali, sotto lo hashtag #mifacciolapp. Tutti i post resteranno consultabili a partire dalla pagina Come fare una app.

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