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James Webb: il telescopio per un universo tutto da scoprire

31 Ottobre 2024

James Webb: il telescopio per un universo tutto da scoprire

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Dopo tanti anni di osservazioni astronomiche è finalmente arrivato uno strumento con una marcia in più, per scoprire misteri dell’universo a lungo indagati.

Dove nascono le stelle, che cosa nascondono le nebulose

  1. Che cosa si nasconde nell’Anello del sud
  2. Come si è formato il Sistema solare
  3. Dove nascono nuove stelle
  4. A che cosa serve il telescopio James Webb
  5. Come mai i buchi neri possono essere luminosi

1. Che cosa si nasconde nell’Anello del sud

Nebulosa planetaria Anello del sud

Nota anche come NGC 3132, questa nebulosa planetaria si trova nella costellazione della Vela, a circa duemila anni luce dalla Terra.

Due stelle occupano il centro di questo stagno increspato di radiazioni e una di loro sta morendo. Da migliaia di anni emette i suoi ultimi aliti di polveri e gas. NGC 3132 è quella che è conosciuta come una nebulosa planetaria; un fenomeno che in realtà ha poco a che fare con i pianeti.

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Nebulosa planetaria è il nome dato alle nebulose con questa caratteristica forma ad anello, che in realtà sono enormi gusci di gas espulsi dalle stelle prossime all’esaurimento. Tali fenomeni celesti forniscono agli scienziati informazioni importanti su quello che accade quando le stelle muoiono e su come il materiale che espellono trasforma l’ambiente che le circonda. La catalogazione delle varie molecole presenti contribuisce anche alla nostra comprensione di come si formano le nuove stelle.

Stelle ballerine

Al centro degli anelli di gas, le due stelle si trovano in stadi diver- si della loro evoluzione. Mentre continuano a orbitare l’una attorno all’altra, modellano il paesaggio cosmico attorno a loro. L’immagine del telescopio James Webb mostra che la seconda stella è avvolta dalla polvere. Questa stella, colorata in rosso, è una nana bianca. Durante la sua trasformazione da stella attiva a nana bianca, ha emesso impulsi di materia. Questa materia si è diffusa nello spazio circostante come le increspature in uno stagno.

Al centro della nebulosa si trovano due stelle

Al centro della nebulosa si trovano due stelle.

Gli scienziati ritengono che ormai la stella dovrebbe aver perso i suoi ultimi strati, e quindi sono curiosi di sapere perché è ancora avvolta nella polvere. L’altra stella, in blu, continua a interagire con le vecchie emissioni della nana bianca. La loro danza ha deformato le increspature delle emissioni e ha costretto la nana bianca a diffondere il materiale espulso in modo casuale. E questo sorprendente tiro alla fune cosmico si svolge su uno sfondo di stelle e galassie multicolori. In questa immagine, le stelle sembrano minuscoli triangoli, mentre le galassie somigliano a cerchi schiacciati, ellissi e scarabocchi.

Fuggire dalla luce

Se osservata tramite la NIRCam, la nana bianca è praticamente invisibile, ma la stella attiva brilla come una perla in un’ostrica, con i caratteristici picchi di diffrazione a otto punte del Webb. La luce di questa stella fluisce attraverso i fori nella nebulosa. Tuttavia, parti della nube di polvere sono troppo dense perché la luce possa fuoriuscire, e in questa immagine quelle regioni sono verde acqua. Nel frattempo, attraverso le parti rosse trasparenti della nebulosa increspata vediamo le galassie, più distanti.

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2. Come si è formato il Sistema solare

Circa 4,5 miliardi di anni fa, una nebulosa venne disturbata, cosa che permise al materiale al suo interno di iniziare ad aggregarsi. Questo evento segnò l’inizio del sistema solare. L’aggregazione è iniziata da piccole particelle, che hanno continuato a unirsi in grumi sempre più grandi. L’attrito fra gli oggetti in collisione ha fatto sì che i grumi perdessero momento angolare e migrassero verso il centro, formando un disco rotante: il disco di accrescimento. Al centro di questo disco, il materiale si è fuso ed è diventato più denso. Quando poi al centro si è raccolto abbastanza materiale, si è formata una protostella.

Man mano che si accumulava sempre più materiale e veniva raggiunta una massa critica, all’interno del nucleo della protostella si svilupparono temperature e pressioni intense. Quando ciò accadde, ebbe luogo una reazione chiamata fusione. La fusione vede gli atomi come l’idrogeno fondersi insieme per creare nuovi elementi, come l’elio. Questo processo di fusione, producendo nuovi elementi e liberando enormi quantità di energia, avviene nel cuore di ogni stella e la fa brillare intensamente, rilasciando la radiazione elettromagnetica che possiamo rilevare con i nostri occhi e con i telescopi.

Il Sole è costantemente sottoposto a una fusione nucleare

Il Sole è costantemente sottoposto a una fusione nucleare, reazione che produce grandi quantità di energia.

Anche la materia rimanente, nel disco, iniziò ad aggregarsi, formando i pianeti, le lune, gli asteroidi e altri corpi più piccoli. Ma la storia non finì qui: questi oggetti entrarono in collisione fra loro, si spezzarono e continuarono a scontrarsi per miliardi di anni. La storia del nostro pianeta – e quella degli altri che orbitano attorno al Sole – è scritta nella sua composizione chimica, nella sua superficie e nella sua atmosfera. Con il Webb, leggiamo molto meglio quella storia.

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3. Dove nascono nuove stelle

A circa 390 anni luce di distanza, nel complesso nebuloso di Rho Ophiuchi, stanno nascendo nuove stelle. Tale complesso fa parte della costellazione dell’Ofi uco ed è il vivaio stellare più vicino a noi, contenente molti fenomeni che aff ascinano gli astronomi. Vista solo alla luce visibile, la scena apparirebbe nera. Il Webb, con il suo sguardo a infrarossi, ci permette di vedere attraverso parte della polvere che acceca molti altri telescopi e nel cuore di questo complesso pulsante ed emozionante.

Il complesso nebuloso di Rho Ophiuchi

La NASA ha rilasciato questa sorprendente immagine per celebrare il primo anniversario del Webb. Mostra il complesso nebuloso di Rho Ophiuchi, la regione di formazione di stelle più vicina alla Terra, con un dettaglio senza precedenti.

Molte delle scintille luminose sono stelle nascenti, alcune delle quali hanno dimensioni simili a quelle del Sole. Parlando di stelle, le dimensioni contano. Insieme alla luminosità, le dimensioni dicono agli astronomi come è nata una stella, per quanto tempo può brillare e anche come potrebbe morire. In questa immagine, il Webb ha rivelato una cinquantina di giovani stelle simili al Sole. Un tempo, il Sole somigliava ad alcune di queste stelle, giovani e calde. Studiandole, possiamo valutare e perfezionare i modelli esistenti su come le stelle come la nostra si originano e si evolvono.

Pianeti in divenire

Chi ha studiato l’immagine nella pagina precedente ritiene che alcune giovani stelle sembrino avere ombre intorno a loro, cosa che suggerisce che siano circondate dagli elementi costitutivi di nuovi pianeti. Le stelle si formano da nubi vorticose di gas e polveri e, una volta che si sono sviluppate, parte di quella materia orbita in un disco attorno a loro. Questi dischi sono chiamati dischi protoplanetari, perché contengono il materiale che un giorno potrebbe formare i pianeti.

Da alcune stelle giovani escono getti di gas. Questi getti si verifi cano quando la stella si libera della polvere e dei gas che la avvolgono. Nell’immagine, il Webb ha catturato questo gas interstellare (idrogeno molecolare), che è stato colorato di rosso e domina gran parte dell’immagine. Nell’angolo superiore destro c’è un esempio particolarmente impressionante di una nuova stella da cui si protrudono due potenti getti di idrogeno molecolare. Sembra quasi che la stella sia infilzata su un bastone rosso.

Nuova vita

La nuova stella S1 domina l’immagine del Webb del complesso di Rho Ophiuchi. Come una perla nel guscio di un’ostrica, è circondata da una luminosa grotta di polvere (immagine a lato). S1 è diversa dalle altre stelle rappresentate, poiché è molto più grande del Sole.

S1 brilla attraverso la polvere

S1 brilla attraverso la polvere.

Il gas chiaro che circonda S1 è diverso dal rosso dell’idrogeno molecolare. Il gas di S1 è costituito da IPA, molecole a base di carbonio che si trovano comunemente nello spazio. Riteniamo che queste molecole siano cruciali per la formazione di stelle e pianeti, ma sebbene siano così diffuse, lasciano ancora molte domande senza risposta su come questi idrocarburi si formano, si evolvono e reagiscono con altre particelle.

Ma nonostante il suo sguardo unico, parti del complesso nebuloso di Rho Ophiuchi rimangono oscure anche per il Webb. In queste ombre, nuove protostelle si stanno formando e solidificando – e fra molti, molti anni emergeranno come nuove stelle calde.

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4. A che cosa serve il telescopio James Webb

Secondo la teoria del Big Bang, circa 13,8 miliardi di anni fa l’universo si è formato da un unico punto enormemente caldo e denso, noto come la singolarità. Tutto ciò che possiamo vedere (e molte cose che non possiamo vedere) nell’universo si è espanso da quella minuscola punta di spillo: l’inizio di tutto, compresi lo spazio e il tempo. Non crediamo che questa espansione sia avvenuta in uno spazio già esistente, ma piuttosto che abbia avviato la creazione ed espansione (e raffreddamento) dello spazio stesso.

Centinaia di milioni di anni dopo l’esplosione che creò l’universo, tutta la materia e l’energia si trovavano mescolate in un brodo primordiale oscuro e saturo di energia. Ma quando questo brodo si è raffreddato, le particelle hanno cominciato a fondersi in atomi, in particolare l’idrogeno: l’atomo più elementare è, nella sua forma più semplice, costituito da un protone e un elettrone. Fino a quel momento la zuppa era così densa che la luce non poteva attraversarla, le particelle erano così vicine fra loro che la luce rimbalzava di continuo. Ma una volta che gli atomi cominciarono a formarsi, le particelle di luce poterono finalmente attraversare il brodo grumoso dell’universo. Osservando indietro nel tempo, come ci permette di fare il Webb, possiamo vedere questa luce primordiale, proveniente dalle prime stelle e galassie. È come se si fossero accesi per la prima volta, come luci in una stanza buia. E ora la loro antica luce ci raggiunge, attraversando il cosmo.

Una possibile linea temporale dell'universo

Una possibile linea temporale dell’universo, dal Big Bang alle osservazioni del Webb dei segnali provenienti dalle prime galassie.

Quando questa radiazione raggiunge i nostri telescopi, ha viaggiato per miliardi di anni attraverso l’universo. Ciò che era nato come luce visibile ha perso energia e si è spostato verso l’estremità rossa dello spettro elettromagnetico. Gli astronomi chiamano questo fenomeno redshift: scostamento verso il rosso. Può verificarsi anche uno scostamento verso il blu, blueshift, quando un oggetto si muove verso l’osservatore. In questo caso, il movimento dell’oggetto fa sì che la luce si accumuli e si sposti verso l’estremità blu dello spettro.

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5. Come mai i buchi neri possono essere luminosi

NGC 7469

NGC 7469, che dista da noi circa 220 milioni di anni luce, ha al centro un nucleo galattico attivo.

La luce impiega 90.000 anni per viaggiare da un estremo all’altro di questa vasta e luminosa galassia a spirale. Si pensa che possa esserci un buco nero supermassiccio – più di 6 milioni di volte la massa del Sole – in agguato al centro di questa carismatica galassia. In questa immagine del Webb, appare come una regione incredibilmente luminosa al centro.

La scoperta dell'universo, di Maggie Aderin-Pocock

Il James Webb Space Telescope è il più potente telescopio spaziale a infrarossi mai costruito. Il suo scopo è osservare le profondità dello spazio svelandone i segreti e meraviglie.

Gli otto sorprendenti punti di diffrazione del Webb dominano l’immagine, mostrando l’enorme quantità di radiazione emessa dal nucleo galattico attivo di NGC 7469. Il nucleo è la densa regione nel cuore delle galassie ed emette un’ampia gamma di segnali attraverso lo spettro: questa ampia gamma di radiazioni è il modo in cui gli astronomi sanno che non si tratta semplicemente di un’area di formazione di stelle molto energetica.

Luce dai buchi neri

La maggior parte dei nuclei galattici è alimentata da buchi neri supermassicci, che sono fra gli oggetti più enigmatici e affascinanti dell’universo. Anche se la luce non può fuoriuscire da questi luoghi, essi sono anche, ironicamente, alcuni degli oggetti più luminosi dell’universo. O, meglio, lo è la materia che li circonda. I buchi neri hanno un vorace appetito e crescono assorbendo la materia vicina: stelle, polveri, gas e talvolta anche altri buchi neri. La materia attratta dalle forze gravitazionali del buco nero può formare un disco di accrescimento attorno a esso, proprio come accade con la formazione planetaria attorno a una protostella. Le tremende forze gravitazionali e magnetiche in gioco ai margini di un buco nero possono riscaldare la materia nel disco di accrescimento, facendola cadere nel buco. In queste condizioni estreme, la materia emette radiazioni osservabili. Questo è il motivo per cui i buchi neri supermassicci possono apparire luminosi, nonostante il fatto che non emettano luce.

Veduta Hubble della galassia NGC 7331

Veduta della galassia a spirale NGC 7331, nella costellazione di Pegaso inquadrata nell’immagine precedente.

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Questo articolo richiama contenuti da La scoperta dell’universo.

Immagine di apertura originale di NASA/CXC/SAO/
Ákos Bogdán (raggi X) e NASA/ESA/CSA/STScI (infrarossi).
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L'autore

  • Maggie Aderin-Pocock
    Maggie Aderin-Pocock è astrofisica, autrice di successo, divulgatrice scientifica pluripremiata e co-conduttrice del programma televisivo dedicato all'astronomia The Sky at Night. Laureata in Fisica all'Imperial College di Londra, ha lavorato allo sviluppo di un sottosistema per il James Webb Space Telescope. È amministratrice delegata di Science Innovation Ltd il cui obiettivo è organizzare attività per mostrare a bambini e adulti le meraviglie dello spazio.

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