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Sent: Wednesday, February 18, 1999 0:34 AM
Subject: Contro il digital divide
Non poteva durare. Ho lasciato il lavoro a Milano. Le mie due settimane di mutua sono state un vero affronto per l’agenzia, per la quale sono improvvisamente diventato un soggetto inaffidabile, uno che si permetteva di stare a casa in malattia (nemmeno usufruissi del Servizio Sanitario Nazionale)… E poi, a parte la salute, che cosa mi posso aspettare da una ditta che a Natale, invece di un premio in denaro, ti regala una bottiglia di champagne con delle scaglie d’oro che galleggiano all’interno? Ho trovato un altro impiego a Torino. Sempre in campo Ict, ma un po’ diverso. Non ci sono più i ritmi assurdi dell’agenzia e la creatività forzata e fine a sé stessa.
Qui devo insegnare i software proprietari realizzati dall’azienda, i browser, la posta elettronica e Office 2000. Il che diventa anche un po’ complicato, dato che il client e-mail più diffuso sta diventando proprio Outlook 2000, che non gestisce solo i messaggi, ma un po’ tutte le attività di ufficio. In fondo per me è quasi un ritorno alle origini. Comunicare e condividere la conoscenza mi è sempre stato più congeniale rispetto al creare nuovi modelli di pensiero. Forse sono al 30% creativo e al 70% divulgativo.
Certo, c’è sempre lo stress del superlavoro, ma è diverso. Qui si tratta di girare l’Italia in lungo e in largo per tenere corsi a gruppi di utenti generalmente molto poco informatizzati. Parlano di digital divide, ma non lo avevo ancora toccato con mano. Su dieci persone almeno otto non sanno nemmeno cosa sia un mouse. O una finestra. In sessioni di tre giorni, riesco a fargli fare una ricerca su Google e una cartella di archivio per la posta in arrivo. Un po’ poco, ma è già qualcosa.
È curioso vedere come i partecipanti ai corsi vedono Internet: sostanzialmente per loro è un enorme serbatoio di contenuti gratuiti da cui scaricare musica, immagini, video. Quando resto in ufficio mi occupo del sito dell’azienda e di alcune consulenze esterne, usando l’ultima versione di Dreamweaver, che in breve tempo è diventato il software che in assoluto uso di più, e mettendo in atto un po’ delle cose apprese negli ultimi anni…
Un collage di ricordi dal 1999
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Sent: Wednesday, June 17, 1999 5:34 PM
Subject: File sharing e mailing list
Il vantaggio, quando non sono in giro a fare formazione, è che in ufficio abbiamo la possibilità di sperimentare tutti i software che vogliamo, grazie anche alla connessione a banda larga. Questo significa che i software più usati (dopo quelli necessari per il lavoro) sono Napster e ICQ. Il primo ci consente di portare a un livello superiore la ricerca, lo scaricamento e la condivisione di file Mp3, il che ha generato un’incredibile libreria musicale sui server aziendali. Il secondo lo usiamo soprattutto per chattare tra noi alle spalle dei capi e per fare conoscenza con gli utenti più disparati da un capo all’altro del mondo!
Adesso per la prima volta mi rendo conto che la potenzialità di Internet non è solo quella di un nuovo mezzo pubblicitario, o di una libreria di contenuti gratuita, e che il web potrebbe veramente diventare uno strumento sociale rivoluzionario, mettendo in contatto persone che hanno gli stessi interessi. Un servizio che sto usando sempre di più è quello delle mailing list: una volta iscritto ti arrivano le e-mail scritte da tutti i partecipanti, si possono avviare discussioni e commentare eventi e argomenti di interesse comune.
La cosa più complicata è decidere con quale indirizzo di posta elettronica iscriversi! Ormai infatti quasi tutti hanno un indirizzo mail, e chi lavora nel settore Ict ne ha almeno dieci… Questo, naturalmente, da quando sono esplosi i portali, la grande moda dell’ultimo anno. Solo in Italia dispongo di account gratuiti su Ciaoweb, Caltanet, Clarence, Infinito, Jumpy, Kataweb, Virgilio, Supereva, Tiscali, Italia Online… Sembra che ogni gruppo editoriale o potenza economico-finanziaria debba avere un suo portale, che poi altro non sarebbe se non un punto di accesso al www, come se non bastasse un normale motore di ricerca. I portali aggregano notizie, offrono servizi, cercano di catturare gli utenti e si riempiono a poco a poco di pubblicità.
Alla fine sono meglio dei canali televisivi – almeno è possibile costruirsi un proprio palinsesto cliccando qua e là e magari anche personalizzare la propria home page predefinita. Ma si tratta sempre di contenuti un po’ “calati dall’alto”, notizie riprese dalle solite redazioni… niente di più e niente di meno che un rimescolamento di cose già viste. Eppure sembra che stiano diventando un enorme collettore di guadagni e di utenti. Chissà che non valga la pena tornare a lavorare nell’ambito del web?
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Sent: Wednesday, November 05, 1999 9:45 AM
Subject: Arriva la bolla
Dato il periodo di relativa tranquillità lavorativa, il grosso passo del momento è quello di trasferirmi e iniziare la convivenza con la mia storica fidanzata. Il trasloco è rapido, io non ho molta roba da portare in dote. Un mucchio di floppy disk che ricordano il più felice periodo universitario (ormai i floppy non si usano quasi più) e una scatola di Cd-Rom pieni di giochi che non possono più girare su piattaforme diverse da Windows 3.11… Nella nuova casa ho provveduto a creare una postazione con Windows 2000 e una connessione a Internet con modem a 56 Kb.
Grazie a quello che chiamano il “potenziamento dell’ultimo miglio” finalmente anche da casa è possibile vedere (con moderazione) alcuni contenuti un po’ più pesanti: streaming media, filmati, animazioni Flash sempre più articolate. Flash stesso è ormai sempre più usato per realizzare siti, anche se questo va a scapito dell’esperienza degli utenti. Io vedo che di norma l’utente tende a perdere la pazienza se il design è troppo complicato. Il solito Nielsen ci sta costruendo su una vera e propria scienza, l’usabilità, che spero si diffonda il più possibile nei prossimi anni.
Quasi per contraddizione, sto cominciando a impratichirmi anche con l’Html dinamico, un’evoluzione del linguaggio che comprende un po’ di Javascript e un po’ di Css. Se gli utenti hanno bisogno di semplicità, le aziende non l’hanno di certo ancora capito, e cercano di fornire esperienze di navigazione sempre più barocche. Parlano di bolla del nuovo mercato, ma intanto si vede all’orizzonte che la bolla comincia a sgonfiarsi. Una grossa società che opera nel campo Web e Multimedia mi ha cercato per un colloquio, e io non so se rifare o no il salto nel vuoto. Almeno stavolta si tratterebbe di un impiego fisso.
Mai come oggi il futuro mi sembra nebbioso. La rete tende ad accorciare le distanze e a farci pensare in modo globale, e intanto a Seattle nasce un movimento “no global”. Tutta la varietà dei qualche anno fa sta scemando, e Internet Explorer 5 è ormai il vincitore assoluto della guerra dei browser. Anche il movimento open source non dà consistenti segni di vita. Del resto, che ci stiamo avvicinando alla fine di un’era è chiaro anche per i game designer. Tomb Raider è giunto alla sua Last Revelation, e se non ci sarà più Lara Croft per aiutarci a sopravvivere alla new economy, non so proprio dove andremo a finire.