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La roccaforte della grafica

08 Aprile 1999

La roccaforte della grafica

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Ha preso il via in questi giorni AdobeDay '99 una serie d'incontri per promuovere due nuovi programmi, uno per il publishing tradizionale (inDesign), l'altro per il Web (GoLive). Adobe rafforza la propria posizione di predominio nella grafica e nell'editoria elettronica grazie a una forte integrazione dei prodotti.

Da qualche giorno é iniziato il roadshow di Adobe per tutt’Italia (il programma degli incontri lo trovate nel sito di Adobe http://www.adobe.it. In due giornate distinte per professionisti del publishing e per l’editoria d’impresa, viene presentato un po’ sottotono il nuovo corso della sua technology & business image.

La storia e le invenzioni di Adobe

Anche se poco conosciuta al grande pubblico, Adobe é stata per lungo tempo una delle aziende informatiche di maggiore successo, sia tecnico che economico. Fra le top in borsa tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, doveva gran parte del suo successo ai pochi brevetti che hanno fatto, oltre che il proprio successo, anche quello della grafica computerizzata, dell’editoria elettronica, della stampa laser dell’ambiente Macintosh e di quelli da esso derivati, come Windows.

La principale delle sue invenzioni é stata quella dei caratteri scalabili (perché basati su un algoritmo vettoriale, invece che su una lunga sequenza di bit, come nel caso dei bitmapped), strettamente collegati con il linguaggio di stampa (con simulazione a video) che porta il nome di PostScript e che ancora oggi é lo standard per il publishing professionale. Di esso i più ricordano a mala pena che si tratta di un’estensione molto costosa delle stampanti professionali, di scarso utilizzo domestico o per l’ufficio. Eppure le royalities per il postscript e quindi anche per i set di caratteri che ne sfruttavano il principio erano alte e quel fenomeno dovette precedere quello di Windows che fece la fortuna di Microsoft. Per questi scopi non occorreva essere una grande impresa e questo era un altro dei fattori che ne segnavano il successo economico.

Poi Apple inventò degli altri caratteri scalabili, i cosiddetti TrueType e li “regalò” a Microsoft e questo fu l’inizio della fine del monopolio di Adobe. Nonostante postscript e caratteri vettoriali siano fino ad oggi rimasti il must dell’editoria elettronica e della grafica, per il wysiwyg dell’utente tradizionale diventavano complementari, quando non ingombranti. Fu proprio allora, all’inizio degli anni novanta che Adobe scelse di cambiare rotta ed aprire il periodo del document management.

Si mise a lavorare su un’idea che allora sembrava un po’ strampalata, quella dei documenti portabili, distribuibili in una rete che nessuno riusciva ancora ad immaginare che sarebbe divenuta quel che é oggi, di alta qualità professionale e universali, a prescindere dal programma con cui erano stati creati e dalla piattaforma su cui avrebbero potuto venire utilizzati. L’idea era quella di distribuire gratuitamente il programma di lettura, facendo pagare solo quello di creazione e le utilità, lasciando a terzi lo sviluppo di plug-ins. La strada dei plug-ins stava avendo fortuna nel caso dell’altro programma della software house, quel Photoshop che aprì l’era del trattamento delle immagini, finendo per diventare il punto di riferimento del settore.

Nasce Acrobat

Lo sviluppo di Acrobat, il prodotto per creare portable document files (PDF), lentamente avanzava e solo dopo alcuni anni uscì la prima stentata versione, seguita da quelle di diversi epigoni, da Common Ground a Novel. Con il tempo già la versione 2 e poi definitivamente la 3 fecero piazza pulita della concorrenza e il successo di Internet fece del PDF uno standard, così come Acrobat divenne la soluzione ideale per la manualistica informatica e non solo, che si trasferiva dalla carta al CD.

Nonostante questo recupero, Adobe rimaneva una realtà di nicchia nel mondo dell’informatica. Fu nel periodo delle grandi acquisizioni, delle joint ventures, quando il mercato stava diventando troppo stretto perché ci fosse posto per tutti che Adobe decise di investire i propri proventi e quelli a venire aggiudicandosi il mercato della grafica e del DTP. Mise gli occhi su una casa che era stata a lungo il punto di riferimento del settore, ma che ora, un po’ a causa delle pressioni della concorrenza (Corel e Quark per prime), un po’ per incapacità a rinnovare i prodotti e soprattutto a seguire il fenomeno Windows, era alle corde, ma viva, vegeta e… costosa. L’acquisizione di Aldus poté forse apparire per Adobe un passo troppo lungo.

I lunghi anni intercorsi da allora furono dedicati ad assorbire l’impatto economico, a svecchiare, integrare e potenziare i prodotti per creare un ambiente uniforme, una suite per l’editoria e la grafica. Solo oggi ci sta riuscendo. Nel frattempo la concorrenza si é agguerrita. I lunghi anni di debolezza di Page Maker hanno consolidato la posizione di XPress, la roccaforte del publishing di Quark; infine l’indecisione sul da farsi ha aggravato la questione.

Dall’altro lato Acrobat non era sufficiente a costituire la risposta al fenomeno emergente dell’editoria telematica. Adobe, nuovamente per prima, intravide l’opportunità e si inserì prestissimo in quel mercato inventando PageMill e SiteMill, per lungo tempo disponibili solo in ambiente Mac, che furono i primi editori visuali per Web. Poi lasciò evolvere troppo lentamente anche quei prodotti e non aggredì il mercato Windows, consentendo a FrontPage, il pachidermico acquisto di Microsoft, il vantaggio sul mercato dei PC.

Lo scenario attuale

Oggi, quando la concorrenza più tenace le continua a giungere da Quark con quel prodotto un po’ pesante e controintuitivo, ma altrettanto preciso e fedele, oltre che potente che é l’XPress diventato oramai il programma di riferimento della preproduzione editoriale, si aggiunge l’attacco di Macromedia (individuato subito da Quark come potenziale alleato anti-Adobe, con l’offerta di FreeHand in bundle a XPress).

Quest’ultima casa, regina incontrastata del multimediale e della produzione di CD con un Director fattosi sempre più forte e con un dipartimento per la formazione a distanza forte di AuthorWare e di tutto il sistema Attain, ha posto un’ipoteca forte nella produzione di siti con una Web Suite costituita da tre ottimi programmi: Flash, un programma a metà fra la grafica vettoriale di FreeHand e le animazioni di Director, che realizza files così efficaci e leggeri da essere distribuiti con eleganza e facilità in rete; FireWorks, pluripremiato per il trattamento delle immagini, ricchissimo di strumenti per manipolare layers, javascript e animazioni; infine il potente Web editor DreamWeaver che, giunto alla seconda versione diventa il potente punto di incontro dei tre pacchetti, in grado di trattare DHTML, Javascript, XML, fogli di stile e layers.

DreamWeaver finora aveva un solo rivale all’altezza della situazione (se escludiamo il solito FrontPage, destinato soprattutto all’integrazione con l’ambiente di programmazione Microsoft), che però, contrariamente al programma di Macromedia, era confinato al mondo felice della mela iridata. L’imponente sforzo di ampliamento produttivo e la notevole quantità di programmi in catalogo, talora ridondante, ha fatto attraversare Adobe per acque così pericolose da rischiare l’acquisizione da parte degli stessi concorrenti di Quark. Oggi invece Adobe sta tornando all’attacco con prodotti rinnovati, una linea coerente e due nuovi programmi molto aggressivi e lo fa nell’evidente tentativo di imporsi come lo standard ultimo dell’editoria e della grafica.

La prima novità é proprio Acrobat che sta arrivando alla versione 4 (di cui é stata rilasciata di recente la beta release del reader) definitivamente robusto e sufficientemente cresciuto da puntare a divenire il prodotto di riferimento per realizzare i files finiti da consegnare a tipografi e sviluppatori. Per ottenere questo risultato sono stati migliorati i driver e soprattutto il modulo Distiller.

Operazioni un tempo complesse e l’esperienza operativa ottenuta dalla diffusione della riuscitissima versione precedente ha posto le basi per un prodotto definitivamente professionale. Ora Distiller, mentre diventa notevolmente più facile da usare, consente di creare files che incorporano assieme ai font utilizzati, oggetti prodotti da altri programmi, come presentazioni PowerPoint o filmati QuickTime. Nell’esportare consente di scegliere il risultato in base alle finalità: il PDF può essere ottimizzato per venire visualizzato a schermo, stampato o inviato alla tipografia. A quest’ultima opportunità si pensava nell’integrare il PostScript 3, le maschere e l’esacromia, mentre le dimensioni estreme del documento finale possono andare dal millimetro ai cinque metri quadrati.

Ricco di strumenti, il modulo Exchange si distingue per il controllo di autenticazione del documento elettronico, che lo ha trasformato in uno standard di fatto per molte amministrazioni come quella statunitense e parzialmente anche la nostra. Per ora solo nella versione Windows, ma di qui a poco anche per Mac, consente di fare un grabbing di un sito completo per trasformarlo in un documento elettronico (soluzione questa interessante per convertire in manuali dei corsi su Web).

I Form di Acrobat ora consentono il trasferimento elettronico dei moduli anche attraverso motori CGI e, più in generale, i molti strumenti di manipolazione del file ne fanno un ottimo strumento per il workgroup. Acrobat entra anche nei menu dei programmi Microsoft e ora, chi possiede il programma completo può creare ottimi PDF con un semplice clic da un pulsante degli strumenti di Word. Che Acrobat stia diventando uno stile nel modo di pensare l’informatica anche nell’enterprise document workflow lo si può dedurre dalle tante risorse evangeliche in rete, prima fra tutte PDFZone http://www.pdfzone.com.
Nello stesso momento in cui Acrobat cresce per i professionisti, Adobe lo inserisce come principale elemento di integrazione in tutti i suoi programmi di punta.

I nuovi prodotti

Ma se Acrobat si conferma essere il jolly strategico della nuova Adobe sono altri due i prodotti che portano una ventata di ottimismo e lasciano ampie possibilità che il progetto di monopolio grafico-editoriale abbia buone possibilità di riuscire. GoLive era una casa nota per la produzione di un unico programma, Cybestudio, un fuoriclasse del Web editing sotto Mac.

Da un paio di mesi a questa parte tutto il personale delle svariate sedi di GoLive é passato assieme al programma sotto il brand di Adobe e il capo di quella casa é diventato il presidente della strategia Internet di Adobe System. GoLive non é più il nome di un’azienda, ma quello di un prodotto per l’editoria su Internet: Adobe GoLive. Si tratta probabilmente di uno dei migliori programmi ad oggetti, uno dei più ricchi e dei più interattivi e non solo nella sua categoria. Può essere magnificamente utilizzato per la gestione di siti preesistenti, ma le sue capacità le mostra nella creazione ex-novo.

Certo, non si tratta di un oggetto per principianti (per questa fascia continua ad esistere PageMill) e chi ci mette le mani deve conoscere il significato di DHTML, CSS, Layer, JavaScript, ASP, PDF e XML (tutte estensioni robustamente supportate). A parte questi prerequisiti, dopo, manipolarli é un gioco da ragazzi a patto di lasciare che sia GoLive a pensare a tutto.

Oltre ad una perfetta gestione di tabelle, ad un preview differenziato a seconda del browser prescelto, un controllo molto efficiente del sito e di tutti i suoi link, dei behaviors, molto utile per chi é abituato al lavoro di DTP é lo strumento “griglia” che consente di posizionare con precisione ogni oggetto, compresa la loro sovrapposizione. Dopo il prezzo, compreso fra le 400 e le 150 mila lire dell’upgrade da PageMill o Cyberstudio, l’intuitività dell’interfaccia é poi l’elemento che più di ogni altro lo rende competitivo rispetto al suo unico concorrente, DreamWeaver, che comunque ancora per qualche mese, fino a dopo l’estate, rimane l’unico Web editor visuale professionale disponibile, oltre che per Mac, per la piattaforma Windows.

inDesign é il nome che é stato dato al programma pensato come XPress-killer. Come abbiamo detto, il prodotto di Quark oggi copre il 90% del mercato degli impaginatori professionali e sarà molto arduo scalfirne il predominio. Oggi, il prodotto frutto del quinquennale lavoro degli sviluppatori di Adobe, che ha scelto per la prima volta dopo un decennio di sviluppare un prodotto completamente in casa (a parte gli algoritmi per la gestione del testo affidati a una casa tedesca che ha fatto un gran bel lavoro) é veramente il primo programma in grado di mettere in discussione quel monopolio. Diciamo subito che questo applicativo é stato pensato per documenti fortemente destinati alla grafica e che tutte le altre estensioni sono affidate a sviluppatori di terze parti (non a caso l’eseguibile ha le dimensioni irrisorie di un mega e mezzo).

Oggi per produrre libri, manuali, newsletter aziendali inDesign é fortemente sconsigliato, in quanto non gestisce tabelle, non ha funzioni “libro” o “brano” e nemmeno generazione di indici. C’è da dire che neppure XPress va forte in questi settori, contrariamente agli altri programmi Adobe per il DTP, primo fra tutti il poco considerato FrameMaker e poi il business-oriented PageMaker Pro. Come se non bastasse, l’idea di Adobe é che in futuro anche questi programmi saranno strettamente legati allo sviluppo di inDesign e del suo motore di condivisione. Dove il nuovo programma va forte é invece nell’impostazione grafica.

L’uso delle curve di Bèzier, l’integrazione con Acrobat, Photoshop e Illustrator, la flessibilità nella gestione di colori, sfumature, nella manipolazione delle immagini, degli scontorni, dei layers, dello storico ne fanno un prodotto imbattibile anche per maneggevolezza e intuitività. Particolarmente facile sarà l’uso per chi conosce bene Photoshop o Illustrator (soprattutto le ultime versioni): per costoro la scelta é quasi obbligata.
Il passaggio viene facilitato anche dal costo che é posizionato attorno alla metà del valore del concorrente (7-800 mila lire per chi ha un programma Adobe e probabilmente anche per chi ha XPress) e dalla facile e fedele digestione, oltre che dei files di casa (PageMaker e FrameMaker), di quelli XPress, per i quali é in grado anche di garantire l’esportazione, nonostante con questa vadano perse delle qualità intrinseche del prodotto finito. L’alternativa, manco a dirlo, é un’altra e si chiama Acrobat, per il quale c’è un’affinità stupefacente, perfino retroattiva.

Ora Adobe ha un programma diverso per ogni fase dell’editing: FrameMaker, PageMaker Pro e inDesign per l’impaginazione, Acrobat per la distribuzione elettronica, GoLive e PageMill per il Web editing, Première e AfterEffect peril digital video e PressReady per la stampa. E i primi della classe di ogni categoria sono così integrati fra di loro per interfaccia, comandi e condivisione di risorse da rendere impercettibile il passaggio da un programma all’altro.

Adobe ribalta la consueta rappresentazione che vedeva la scelta del supporto di destinazione – se Web, e-document o stampa – subito dopo la fase di creazione, con sviluppi distinti per la composizione, l’approvazione-distribuzione e infine il prodotto finale: oggi la scelta, grazie alla forte integrazione dei prodotti, può avvenire dopo l’approvazione e, solo in questo momento si può scegliere come dovrà essere fruito l’oggetto realizzato.

Motore di quasi tutti questi cambiamenti é un gruppo di sviluppo che da quando é stato costituito sta cambiando la faccia di Adobe. L’Adobe Core Technology Group cura le componenti comuni di questi programmi e realizza il motore condiviso presente in tutti e nello stesso tempo esterno a ognuno. Presto ogni pacchetto potrà essere una delle manifestazioni del core di Adobe.

La nuova Adobe

Ecco dunque la nuova Adobe: un catalogo decisamente troppo ricco di programmi che finalmente ha un centro gravitazionale costituito da Acrobat e dalla Core Technology. Attorno a questo centro però non ruotano ancora tutti i programmi. In questo momento c’è una suite professionale, stupefacentemente integrata composta da Photoshop, Illustrator e Première per la creazione, inDesign, AfterEffect, GoLive (con l’aiuto di ImageReady e Imagestyler) per la realizzazione e PressReady per la gestione del prodotto.

C’è poi uno stuolo di applicativi tanto specializzati quanto lontani dal core business, come Dimensions, StreamLine, PhotoDeLuxe, FileUtilities, ATM,… Infine una collezione di programmi più lontani dal centro gravitazionale, ideologicamente affidati al mercato business: si tratta di ImageReady per la costruzione, PageMaker, FrameMaker (quest’ultimo erroneamente poco veicolato, mentre di questi due programmi varrebbe la pena farne uno solo con il meglio di entrambi, e sarebbe un prodotto unico e di grande valore) e PageMill per la realizzazione. In questo gruppo si sente forte la mancanza di un programma per il disegno che faccia da entry level di Illustrator.

A questo scopo esisteva fino all’anno scorso lo storico applicativo per business presentation Persuasion, ma di tanti programmi meno meritori che aveva Adobe ha deciso di sopprimere proprio questo, convinta, forse a ragione, che la concorrenza di PowerPoint fosse schiacciante. Oggi, in questo scenario, Persuasion, con tutti i suoi raffinati strumenti grafici e testuali, attestabile a un prezzo molto economico, é il grande assente.

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