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L’anonimato su Internet

19 Gennaio 2000

L’anonimato su Internet

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Un individuo può avere una quantità di motivi validi per decidere di non rivelare la propria identità, come la paura di rappresaglie economiche o legali o di ostracismo sociale. Mentre le autorità di molti Paesi premono per limitare queste libertà, numerose persone si battono per la conservazione dei diritti fondamentali anche nel cyberspazio

Da sempre l’anonimato ha rappresentato una condizione fondamentale per la libertà di parola e di espressione degli individui, diritto importantissimo e riconosciuto da tutti i governi democratici. Voci controverse e spesso irriverenti verso il potere della maggioranza si sono fatte sentire grazie alla copertura dell’anonimato: molti autori che potevano aver paura di essere perseguiti a causa del loro pensiero hanno così avuto modo di esprimere liberamente le proprie opinioni, senza temere ritorsioni.

Gli pseudonimi hanno sempre giocato un ruolo fondamentale per la politica e la letteratura satirica in genere, permettendo anche a persone “marchiate” dalle opinioni espresse in precedenza o dall’appartenenza a qualche associazione, di esprimere le proprie idee senza il pericolo che queste venissero travisate o rifiutate a priori: molti scrittori censurati hanno continuato a lavorare proprio grazie alla possibilità di utilizzare un nome fittizio.

Insomma, un autore può avere una quantità di motivi validi per decidere di non rivelare la propria identità, come la paura di rappresaglie economiche o legali, di ostracismo sociale o semplicemente il desiderio di preservare il più possibile la propria privacy.

“L’identità di chi scrive non è differente da ogni altro componente del contenuto di un documento che l’autore è libero di includere o escludere”, recita una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1995, che continua osservando che l’anonimato “offre a uno scrittore che può essere impopolare un modo per assicurarsi che i lettori non accolgano il suo messaggio con pregiudizio, semplicemente per il fatto che essi non amano colui che lo propone”.

Pubblicare scritti anonimi, quindi, non è generalmente considerata una pratica deleteria e fraudolenta, ma fa parte, al contrario, di una onorevole tradizione di dissenso e di espressione libera delle proprie opinioni: “l’anonimato è uno scudo dalla tirannia della maggioranza”.

Nonostante tutte queste convinzioni più o meno diffuse, la situazione di Internet è vista in modo piuttosto diverso: la rete delle reti viene troppo spesso trattata come “sui generis”, non collegata ai mezzi di comunicazione esistenti in precedenza. L’analogia tra la carta stampata e Internet viene purtroppo spesso ignorata, e molti governi cercano di limitare o eliminare completamente l’anonimato e quindi la libertà di espressione in Rete, non rendendosi conto che c’è in realtà ben poca differenza tra un libro e un sito Internet.

Molte autorità statunitensi e straniere, infatti, continuano a considerare l’anonimato elettronico come un pericolo per la sicurezza nazionale, e propongono diversi cambiamenti all’architettura delle Rete che possano permettere un maggiore controllo, eliminando così un mezzo per l’espressione anonima di opinioni.

Molti ritengono infatti che per regolamentare Internet, e ottenere di conseguenza una forma “civilizzata” di cyberspazio, si debba limitare l’uso della comunicazione anonima, ad esempio, ricorrendo a statuti che impongano agli amministratori dei remailer anonimi il mantenimento delle registrazioni degli utenti, in modo che sia possibile risalire all’autore di un qualche messaggio in caso di bisogno.

Coloro che propongono queste legislazioni per la Rete, però, raramente si curano di spiegare il motivo per il quale le comunicazioni elettroniche debbano essere trattate in modo differente rispetto a quelle su carta stampata: i fautori della censura del cyberspazio si basano per la gran parte sull’argomento che la Rete è “pervasiva”, e cioè si introduce all’interno delle case e può presentare linguaggi o immagini inadatti a minori. Basta poco, comunque, per rendersi conto che Internet non è neanche lontanamente “invasivo” come la radio o la televisione: un navigatore del cyberspazio è molto più libero di scegliere gli argomenti e le immagini a cui si troverà di fronte, rispetto a un semplice spettatore televisivo.

Un altro argomento molto amato dai censori di Internet è che esso è più pericoloso rispetto alla stampa poiché anche i messaggi più marginali raggiungono un’audience decisamente più vasta in pochissimo tempo. Ma l’affermazione che la comunicazione controversa è accettabile solamente quando raggiunge uno scarso numero di ascoltatori è decisamente antidemocratica.

Infine, un argomento strettamente legato è rappresentato dal fatto che l’anonimato su Internet è più pericoloso a causa della carenza di “intermediari” (editori, produttori, agenti letterari), che possono conoscere la vera identità dell’autore anonimo. Anche questa tesi è decisamente antidemocratica poiché presuppone che l’anonimato è accettabile solamente a patto che sia controllato da un’elite di informati: questa attitudine elitaria non dovrebbe fare parte della moderna filosofia della libertà di parola.

Ciononostante, le autorità continuano a fare pressione per limitare l’anonimato su Internet, proponendo l’adozione di nuove tecnologie che permettano di individuare usi e abusi della Rete. Nel mondo “reale”, ad esempio, le compagnie telefoniche sono obbligate a mantenere le informazioni sulle chiamate per un determinato periodo di tempo, in modo da poterle fornire alle autorità in caso di bisogno. Ma il cyberspazio, per la sua conformazione di natura caotica, permette a chiunque di accedervi senza che il proprio nome e dati personali siano conservati da qualche parte: l’anonimato e gli pseudonimi sono insiti nell’architettura della Rete.

Così, se da un lato i rappresentanti della legge e del governo premono per limitare le libertà, in modo da avere un maggiore controllo sul fenomeno Internet, dall’altra numerose persone si battono per la conservazione dei diritti fondamentali anche nel cyberspazio: basti pensare a Freedom, il nuovo prodotto che garantisce privacy assoluta distribuito da ZeroKnowledge http://www.zeroknowledge.com, a PGP http://www.pgpi.org, che offre la possibilità di comunicazioni sicure via Internet, o ai numerosi remailers e servizi di anonimizzazione a disposizione, ad esempio il famoso http://www.anonymizer.com.

In conclusione, i problemi legati all’anonimato, come la difficoltà nel risalire ai responsabili di crimini informatici o perpetratori di truffe online, devono trovare un’altra soluzione. È impensabile permettere che i governi rifiutino di garantire ai propri cittadini i diritti e le libertà di base, come purtroppo sta accadendo in Cina e in Australia http://www.efa.org.au.

Le voci anonime e coperte da pseudonimi in Internet sono parte di una ricchissima tradizione dei mezzi di comunicazione precedenti, tradizione che ha tutelato la libertà di espressione per secoli: esse non devono quindi essere fatte tacere.

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