Di reti sociali per gli appassionati alla lettura abbiamo già parlato approfondendo in passato le funzionalità di aNobii, oggi la più popolare in Italia. Tuttavia esistono molti concorrenti del social network intitolato al tarlo delle librerie: forse meno diffusi nel panorama italiano, ma ugualmente interessanti e per certi versi più efficaci e potenti. Per esempio LibraryThing, l’antesignano di questo genere di servizi (è nato nel 2005), e forse per questo meno orientato agli aspetti sociali e più efficace come sistema di gestione di un catalogo bibliografico.
LibraryThing, il cui catalogo tocca i 34 milioni di libri, utilizza come oltre 690 fonti, tra le quali i cataloghi delle biblioteche di tutto il mondo. Se il libro è posseduto da qualche biblioteca, si potrà recuperare la scheda bibliografica professionale, più precisa di quelle offerte da siti come Amazon (che è la fonte prediletta dalla maggior parte di siti come Anobii, GoodReads, Shelfari eccettera). Se poi il libro proprio non c’è, magari perché è molto raro oppure recentissimo, lo si può aggiungere sul momento, compilando manualmente i campi identificativi.
LibraryThing è disponibile in versione italiana da maggio di quest’anno e attinge alle informazioni bibliografiche nazionali grazie anche al Sistema Bibliotecario Nazionale, a cui aderiscono oggi circa 3.200 biblioteche. Questo collegamento è stato possibile grazie alla collaborazione fra il referente italiano del social network, Giovanni Soltoggio, e l’ostinazione di un bibliofilo informatico specializzato in automazione delle biblioteche, Dario De Jaco. Abbiamo intervistato Soltoggio e De Jaco per analizzare LibraryThing sia dal punto di vista di chi lo gestisce, sia da quello di chi lo utilizza.
Quali sono i motivi della minore diffusione in Italia di LibraryThing rispetto ad aNobii, secondo voi?
Giovanni Soltoggio: Sappiamo che secondo molti utenti la nostra grafica non è accattivante quanto quella di altri siti, ma riceviamo anche molti commenti di utenti che apprezzano LibraryThing per la sua semplicità. Credo che con il termine web 2.0 si faccia riferimento alla dimensione partecipativa della rete e non a un certo design che a volte vi è collegato. LibraryThing si concentra sui libri e sugli utenti, permettendo loro di comunicare via forum, scambiare messaggi sul proprio profilo, suggerire libri, contribuire al Wikithing, con cui è possibile dialogare direttamente con tutto lo staff, tra cui il fondatore Tim Spalding. In Italia non abbiamo ancora raggiunto una dimensione tale che permetta a LibraryThing di essere così sociale come sulla piattaforma inglese o olandese, per esempio.
Dario De Jaco: LibraryThing si propone più come uno strumento di descrizione e catalogazione, secondo il modello della catalogazione condivisa: è possibile vedere e sfruttare quella proposta da altri utenti, tra cui fior di professionisti: basta guardare l’elenco delle fonti disponibili. Al contrario è meno incline alla raccolta di commenti e recensioni. Inoltre LibraryThing nasce dagli Opac (le funzioni di interrogazione “esterne”) e non dai cataloghi in senso stretto. Il commento, di per sé, è favorito e stimolato, ma non è il centro dell’applicazione. Io mi ci trovo di più rispetto ad altre applicazioni, perché preferisco parlare dei libri piuttosto che di me stesso.
Qual è il profilo degli utilizzatori di LibraryThing?
GS: Con più di 550.000 utenti è difficile individuare una tipologia specifica: si tratta di lettori di ogni tipo, alcuni sono molto attivi nei forum e nelle discussioni su temi relativi ai libri, o alla ricerca di nuovi spunti di lettura, altri sono più interessati a catalogare e organizzare la propria biblioteca personale. Per esempio, su LibraryThing è presente un gruppo di più di 5.000 bibliotecari da tutto il mondo che scambiano opinioni e discutono di temi relativi alla catalogazione e alle biblioteche. Pur essendo il più grande social network di amanti dei libri (540.000 recensioni e 38 milioni di tag), non è possibile escludere che la richiesta di un piccolo contributo per la gestione di biblioteche con più di 200 titoli, abbia rallentato la nostra crescita. Tuttavia molti apprezzano il fatto che grazie a questo contributo, LibraryThing si sia potuto sviluppare in maniera indipendente e senza pubblicità. I nostri utenti, utilizzando la piattaforma da noi fornita, hanno realizzato la traduzione del sito in dieci lingue diverse nell’arco di una settimana e oggi LibraryThing è disponibile in 25 lingue diverse.
LibraryThing si considera un social network di libri?
GS: LibraryThing è un social network per amanti dei libri che catalogano la propria biblioteca. Aggregando i dati delle biblioteche dei nostri utenti è possibile individuare relazioni tra i libri a prescindere dai loro lettori. Per ognuno dei libri catalogati, il sistema è in grado di offrire, oltre a informazioni di vario tipo quali la classificazione Dewey, la combinazione dello stesso libro in diverse lingue ed edizioni, i tag associati, le biblioteche private e pubbliche che lo possiedono, oltre a una serie di raccomandazioni: i consigli dello chef, i libri con gli stessi tag, chi ha questo libro possiede anche quest’altro eccetera. Tutte queste relazioni possono essere viste come relazioni sociali tra libri. Per esempio, se cerco Il giovane Holden, LibraryThing mi consiglierà anche Il Grande Gatsby di Fitzgerald e Uomini e topi di Steinbeck, ovvero gli “amici” del libro di Salinger. La linea editoriale del servizio è ben riassunta dall’indicazione che si può leggere in ogni scheda libro: ogni libro fa parte di un’opera, un concetto che va al di là dei singoli utenti e delle singole edizioni per migliorare i contatti sociali, i consigli e la qualità dei cataloghi.
Quali sono invece le caratteristiche più interessanti di LibraryThing in quanto social network di lettori?
DDJ: L’interazione e l’interscambio fra i partecipanti a LibraryThing spesso parte da segnalazioni sulla correttezza della descrizione bibliografica. LibraryThing spinge all’arricchimento delle parti collettive sollecitando i partecipanti a descrivere in modo sempre più approfondito le singole opere, le collane, gli autori stessi, le biblioteche, le librerie, gli eventi collegati. La forza del coinvolgimento dell’utente, proprio come avviene con i wiki, rafforza il sistema che diventa sempre più affidabile e coinvolge nuovi utenti.
Quella degli Early Reviewers è una delle peculiarità di LibraryThing. Di che cosa si tratta?
GS: Early Reviewers è un servizio che permette agli editori di distribuire copie gratuite di libri non ancora pubblicati ai nostri utenti in cambio di recensioni. È necessario iscriversi al servizio, e poi si viene prescelti sulla base delle richieste e anche in base alla biblioteca e al numero di recensioni già inserite. In questo modo LibraryThing riesce a spedire libri nuovi a utenti che sono interessati proprio a quel genere di libri. Da maggio 2007 abbiamo distribuito decine di migliaia di libri grazie alla collaborazione con molti editori come Random House, DK publishing, National Geographic e Harper Collins. Ogni tanto riceviamo libri anche da editori europei o di altri paesi. Al momento, e fino alla fine dell’anno, il servizio é gratuito per gli editori, che beneficiano della possibilità di avere recensioni dei libri e discussioni in rete prima ancora che il libro sia pubblicato, generando così aspettative e interesse.
DDJ: Purtroppo Early Reviewers non è ancora disponibile per i lettori italiani, nonostante dalla metà di dicembre 2008 il sistema sia stato esteso ai lettori residenti oltre che negli Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna anche in Australia, Francia, Germania e Israele. Temo che ciò sia dovuto alla distanza siderale fra il concetto di innovazione e il nostro sistema editoriale. Non me ne vogliano, ma l’Associazione Italiana degli Editori (e la stragrande maggioranza degli editori italiani) pensano più alla difesa accanita del copyright e alla guerra alle fotocopie che alla diffusione dei loro prodotti, ignorando la forza della recensione volontaria e ritenendo sconveniente la capacità del passaparola. Preferiscono il passaggio in televisione (meritorio, sia chiaro) al rischio della novità. La rete è vista ancora come una pericolosa novità, non è ancora considerata un mezzo di comunicazione. Ovviamente la reputation del recensore è mediata dalla collettività: un’opinione (o una recensione) rappresenta il pensiero di chi l’ha scritta. Se condivido altre sue recensioni, magari su cose che ho letto anch’io, accetterò con maggiore predisposizione quello che sostiene. Ma se sullo stesso libro le opinioni sono tante, cioè la recensione è costruita collettivamente, questa diventa più forte e più convincente di qualunque critico letterario. Anche una stroncatura sarà più facilmente accettabile, poiché sarà il collettivo a diluirla, dove è il caso.
Oltre che agli editori, LibraryThing pensa anche alla biblioteche, per le quali ha predisposto un servizio software apposito. In che cosa consiste?
GC: LibraryThing for Libraries è un servizio che permette di aggiungere ai siti delle biblioteche i dati e le potenzialità di LT. Implementando questo software sul sito della propria biblioteca è possibile mostrare sulla pagina con la scheda del libro le recensioni degli utenti di LibraryThing, i tag e i libri simili, facilitando la navigazione e rendendo il sito più interessante. Al momento un centinaio di biblioteche in tutto il mondo usano questo servizio.
In qualità di lettore, come potrebbe cambiare il modo di fruire della propria biblioteca, una volta che questa fosse messa in relazione con i servizi offerti da LibraryThing o simili?
DDJ: Molto sta nelle capacità dei bibliotecari di innovare i propri servizi. L’Associazione Italiana Biblioteche discute, spinge, approfondisce. E devo dire che la maggior parte delle biblioteche, soprattutto quelle civiche, si fanno in quattro per la loro utenza, supportando, consigliando, stimolando alla lettura. Ma le biblioteche sono strutture pubbliche che, qualche volta, ricordano ancora De Bibliotheca di Umberto Eco, malgrado l’affanno volontaristico degli addetti ai lavori. Uno strumento di condivisione di recensioni e di suggerimento come LibraryThing, in aggiunta alle capacità di un bibliotecario volenteroso, con una struttura organizzativa più rivolta agli utenti che al sistema, darebbe frutti spettacolari in poco tempo. Magari accettando anche tag non particolarmente strutturati o controllati.