Conosci le regole e poi rompile
Apogeonline: Tanti fotografi del passato hanno iniziato come assistenti, imparando il mestiere per esperienza in uno studio già avviato. Il principio della bottega come punto di partenza è ancora praticabile? O conviene approfittare della tecnologia e delle risorse oggi disponibili per partire subito in prima persona?
Azzurra Piccardi: Questa domanda tocca il cuore dell’evoluzione della fotografia come professione. Da un lato, c’è la tradizione della bottega, dove un giovane impara il mestiere affiancando un maestro esperto. Dall’altro, c’è la rivoluzione tecnologica che ha spalancato nuove porte, rendendo il settore della fotografia più accessibile e variegato come mai prima.
Molti dei grandi fotografi hanno iniziato proprio così, lavorando come assistenti e apprendendo i segreti del mestiere sul campo. Penso, ad esempio, a Sølve Sundsbø, che ha avuto la fortuna di essere l’assistente di Nick Knight, uno dei più influenti fotografi nel mondo della moda. Questo tipo di apprendistato ha permesso a molti di crescere, non solo tecnicamente, ma anche dal punto di vista etico, nella gestione dei clienti e nella comprensione profonda delle dinamiche di un set fotografico. Lavorare fianco a fianco con un professionista affermato ti insegna anche a gestire la pressione e a risolvere problemi in tempo reale, competenze fondamentali che non sempre puoi apprendere dai libri.
Anch’io ho avuto la fortuna di lavorare come assistente di Andrea Blanch, una fotografa affermata di New York che a sua volta ha collaborato con il leggendario Richard Avedon. Questa esperienza mi ha aperto le porte a progetti e dinamiche di lavoro che non avrei mai potuto comprendere da sola. Essere a stretto contatto con professionisti di questo calibro è stato fondamentale per la mia crescita, permettendomi di comprendere non solo le tecniche, ma anche l’importanza di mantenere un’etica professionale solida e la capacità di adattarsi alle esigenze del cliente.
Oggi, però, la fotografia è cambiata in modi che erano impensabili solo pochi decenni fa. Le reflex digitali sono diventate accessibili e potenti, dando a molti la possibilità di esplorare e imparare in autonomia. Piattaforme di formazione online e manuali di alta qualità permettono ai giovani fotografi di acquisire competenze specialistiche senza dover necessariamente seguire il percorso tradizionale dell’apprendistato. Questo è particolarmente vero in un’epoca in cui il mercato richiede velocità e flessibilità, soprattutto nei settori della moda e della bellezza, dove mi sono specializzata.
Nonostante ciò, credo che non esista una risposta definitiva su quale sia il percorso migliore. Dipende molto dalla persona. Se sei uno che impara meglio facendo, l’approccio tradizionale potrebbe essere quello giusto per te. Imparerai cose che nessun tutorial potrà mai insegnarti. Lavorare con un professionista ti permette di rubare con gli occhi e di capire rapidamente come funziona davvero l’industria. Se invece hai una forte visione personale e sei intraprendente, partire da solo potrebbe offrirti quella libertà creativa che stai cercando. Tuttavia, è importante tenere a mente che iniziare da zero in un mercato saturo e competitivo come quello della moda e della bellezza richiede molta determinazione e una forte capacità di distinguersi.
Personalmente, penso che la soluzione migliore sia un equilibrio tra i due approcci. Ad esempio, mentre lavoravo come assistente, ho continuato a sviluppare la mia attività, sfruttando le conoscenze acquisite sul campo. Ho avuto la fortuna di osservare da vicino professionisti come Sølve Sundsbø, Andrea Blanch, Graziano Ferrari e Antonio Manta, e di imparare tantissimo sul mestiere del fotografo di moda. Questo mi ha permesso di sviluppare una mia visione personale, mentre affinavo le competenze tecniche e strategiche.
Inoltre, credo fermamente che non si debba mai smettere di imparare e di sperimentare. La fotografia è un’arte in continua evoluzione, e chi vuole farne una professione deve essere sempre pronto ad adattarsi. Che si scelga di iniziare come assistente o come freelance, la vera chiave del successo, secondo me, sta nella passione e nella dedizione che ci si mette, senza mai sentirsi arrivati. Continuare a crescere, a sperimentare nuove tecniche e a esplorare diversi approcci è ciò che mantiene viva la creatività e ti permette di emergere in un settore così dinamico.
Il fotografo Franco Fontana dice che un elemento importante della fotografia è l’identità: scatto dopo scatto il fotografo si rivela. Come vedi la tua identità alla luce del tuo lavoro? Corrisponde all’idea che avevi quando sei partita?
La riflessione di Franco Fontana sull’identità nella fotografia mi ha colpito profondamente. L’identità è ciò che rende un fotografo unico, ciò che lo distingue dagli altri e lo rende subito riconoscibile. Ed è proprio questa unicità che attrae i brand, spingendoli a scegliere un fotografo per la sua visione così particolare. Ecco perché è essenziale sviluppare e mantenere un’identità forte e chiara.
Penso all’identità di un fotografo come a un’impronta digitale: è unica e irripetibile. Si costruisce nel tempo, scatto dopo scatto, progetto dopo progetto, esperienza dopo esperienza. Quando ho iniziato il mio percorso, sapevo già cosa volevo esplorare: la bellezza in tutte le sue forme, con un’attenzione speciale al mondo della moda. Ma, come spesso accade, lavorando sul campo ho visto quella visione evolversi e arricchirsi.
Ho capito che la mia identità fotografica va oltre la semplice espressione della mia estetica personale. È il frutto di un dialogo continuo con i soggetti che fotografo, con le tendenze del settore, con le esigenze dei clienti e con le emozioni che voglio trasmettere a chi guarda le mie immagini. Questo dialogo mi ha permesso di evolvermi, restando fedele alle mie radici ma allo stesso tempo aprendomi a nuove ispirazioni e influenze.
Oggi, quando guardo il mio lavoro, vedo una fusione tra l’idea originale e tutte le esperienze che ho vissuto lungo il cammino. È come se ogni strato di esperienza, narrativa ed emozione si fosse sovrapposto nel tempo. Ogni immagine che creo può essere letta su più livelli: estetico, introspettivo, onirico, personale. In questo senso, ogni sessione fotografica è un’opportunità per scoprire nuovi aspetti di me stessa. E considero questa continua evoluzione non solo inevitabile, ma indispensabile per mantenere il mio lavoro vivo e dinamico.
La mia identità fotografica, pur rimanendo legata alla visione iniziale, si è arricchita e approfondita nel tempo. Ed è proprio questo processo di crescita e scoperta costante che rappresenta, per me, la vera essenza del mio lavoro.
Nel tuo libro illustri diffusamente le possibilità dell’intelligenza artificiale nell’abbattere i tempi di lavorazione e semplificare tante procedure di post-produzione. C’è chi sostiene la validità di questi strumenti anche su un piano puramente creativo di generazione di immagini prima inesistenti. Che ne pensi? Ti è accaduto di lavorare in questo modo?
Sì, nel mio libro ho parlato di come l’intelligenza artificiale possa essere uno strumento davvero utile per ridurre i tempi di lavorazione e semplificare molte delle procedure di post-produzione. È una risorsa potente che, se usata nel modo giusto, può fare la differenza in termini di efficienza e precisione. Ma le cose si complicano un po’ quando si parla di intelligenza artificiale generativa, quella che crea immagini che prima non esistevano. Qui entriamo in un campo puramente creativo, che apre un mondo parallelo di possibilità.
Personalmente, credo che l’intelligenza artificiale generativa possa offrire nuove opportunità sia a livello creativo che professionale. Non la vedo come una rivale, ma piuttosto come un’assistente che ti permette di raggiungere i tuoi obiettivi seguendo strade alternative. Questa tecnologia ti consente di esplorare idee e visioni che, con i metodi tradizionali, richiederebbero budget molto alti. Però, è fondamentale capire che l’IA è uno strumento al servizio del creativo, non il contrario. L’idea, la visione e la direzione devono sempre partire dall’artista. Come dico spesso, l’intelligenza artificiale ci trasforma un po’ tutti in art director, dandoci la possibilità di esplorare nuove strade e accelerare i processi di produzione, ma la scintilla creativa, il concetto di base, devono restare umani.
Parlando della mia esperienza personale, devo ammettere che non ho ancora utilizzato l’intelligenza artificiale per creare immagini da zero per i clienti, ma sto esplorando questa possibilità. In questo momento, sto lavorando a studi ed esperimenti per creare una modella virtuale che possa indossare i prodotti di un cliente, ma il progetto è ancora in fase di sviluppo. Devo essere sincera: all’inizio ho trovato difficile entrare nel mondo dell’IA, soprattutto perché il mio approccio alla fotografia è molto radicato nella realtà, nella padronanza della luce e nella composizione dal vivo. Tuttavia, ho iniziato a sperimentare con l’IA a febbraio del 2023. All’inizio, ero affascinata ma anche un po’ frustrata: da un lato mi colpiva la possibilità di creare immagini partendo solo da un testo, dall’altro ero frustrata dalla mancanza di controllo sui dettagli, come occhi e mani.
Oggi, continuando a sperimentare, devo dire che l’IA ha fatto passi da gigante. Ora riesco ad avere un controllo maggiore e a ottenere risultati più vicini a quello che ho in mente, anche se c’è ancora molto da imparare per arrivare a qualcosa di veramente interessante da proporre ai clienti. Rimango aperta a future sperimentazioni, soprattutto se questa tecnologia potrà offrire nuove forme di espressione artistica o contribuire a migliorare la qualità del mio lavoro.
Per me, l’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità; non la vedo come una semplice moda passeggera, ma come qualcosa che è destinato a rimanere. È essenziale, però, imparare a gestirla con attenzione e consapevolezza, ricordando sempre che la vera creatività risiede nell’animo umano, non in un algoritmo.
Nel tuo sito c’è una sezione di video: è un mezzo espressivo che intendi perseguire o la tua identità principale sarà quella fotografica? Sono competenze utili a chi comincia, o che è il caso di approfondire quando si inizia a crescere?
Devo dire che il video è un mezzo espressivo che mi ha sempre affascinato. In realtà, ho imparato a fare video da giovane, grazie alla mia famiglia. I miei genitori gestiscono uno studio fotografico, occupandosi del segmento B2C: mio padre è fotografo e mia madre è video operatrice. Insieme, si sono sempre occupati di quei servizi tipici di uno studio di provincia, come battesimi e matrimoni. Crescendo in questo ambiente, ho imparato entrambi i mestieri e, successivamente, ho sviluppato il ramo B2B dell’azienda, trasformandolo in una vera e propria boutique d’immagine, un settore che prima non esisteva nella nostra azienda e di cui ora mi occupo insieme al mio team.
Nonostante ciò, la mia identità principale rimane legata alla fotografia. La fotografia è il mio primo amore, il linguaggio attraverso cui esprimo la mia visione del mondo. Detto questo, il video rappresenta per me un’estensione naturale della narrazione visiva. Aggiunge una dimensione temporale e dinamica che arricchisce il racconto e lo rende ancora più completo.
Per chi inizia nel mondo della fotografia, credo sia fondamentale concentrarsi prima di tutto sulle basi: composizione, luce, tecnica e, soprattutto, lo sviluppo di una propria visione e identità. Una volta che queste competenze sono ben consolidate – e dico ben consolidate eheh – può essere davvero utile esplorare anche il mondo del video. Viviamo in un’epoca in cui i confini tra fotografia e video sono sempre più sfumati, e avere competenze in entrambi i campi può offrire un grande vantaggio, sia dal punto di vista creativo che professionale. Tuttavia, è importante ricordare che il video è molto più tecnico e complesso rispetto alla fotografia. Richiede conoscenze specifiche su attrezzature, luci, audio, montaggio e color grading, tutti elementi che rendono il processo più articolato e impegnativo.
Se si ha già una buona padronanza della fotografia, approfondire le competenze video può aprire nuove opportunità creative e lavorative. Oggi molti clienti cercano professionisti in grado di offrire una gamma completa di servizi visivi, quindi conoscere anche il linguaggio del video può sicuramente arricchire il proprio profilo e ampliare le possibilità di lavoro. Per quanto mi riguarda, però, oggi preferisco affidarmi a professionisti specializzati per la parte video. Io mi occupo della produzione, della direzione artistica e della fotografia – competenze che applico anche nei miei lavori fotografici – ma lascio la realizzazione del video a chi è specializzato. Questo perché, sempre più spesso, i clienti richiedono foto e video nello stesso set, e dalla mia esperienza, non è possibile ottenere eccellenti risultati in entrambi i campi se si cerca di fare tutto da soli. Il rischio è di ottenere risultati mediocri sia per le foto che per i video. Per questo motivo, sono una grande sostenitrice della specializzazione, che considero fondamentale per garantire un lavoro di alta qualità.
Nel libro vengono analizzati in dettaglio pregi e difetti della pellicola e dello scatto digitale. Fuori dalle esigenze professionali, hai una preferenza tra le due tecniche?
Fuori dalle esigenze professionali, devo dire che la scelta tra pellicola e digitale dipende molto dall’esperienza che voglio vivere in quel momento. La pellicola ha un fascino intramontabile, non solo per la sua estetica unica, con quei colori ricchi e la grana caratteristica, ma anche per il processo stesso di scattare. Usare una fotocamera a pellicola richiede più attenzione e consapevolezza, perché ogni scatto è prezioso e non puoi tornare indietro. Questo ti porta a rallentare, a riflettere di più su come comporre l’immagine, sulla luce e su cosa vuoi davvero catturare. C’è una sorta di magia nel vedere l’immagine prendere vita solo dopo lo sviluppo, un’aspettativa che, con il digitale, si è un po’ persa.
D’altra parte, il digitale offre una flessibilità e una comodità che sono difficili da ignorare. La possibilità di scattare tantissime foto senza preoccupazioni, di controllare subito il risultato e di perfezionare ogni dettaglio in post-produzione rende questa tecnica incredibilmente potente, soprattutto in ambito professionale.
Per quanto mi riguarda, non ho una preferenza assoluta tra le due tecniche; apprezzo entrambe per quello che possono offrire in contesti diversi. Quando voglio un’esperienza più meditativa, sperimentale e un po’ nostalgica, scelgo la pellicola. Se invece cerco efficienza e controllo totale sul risultato finale, vado sul digitale. Alla fine, credo che la bellezza della fotografia stia proprio in questa varietà di strumenti e approcci, che ci permettono di esprimere la nostra creatività in modi sempre nuovi e stimolanti.
Quanto tempo professionale dedichi ad approfondimento, sperimentazione, esplorazione… sul totale dell’attività?
È difficile quantificare con precisione il tempo che dedico all’approfondimento e alla sperimentazione, ma so che è una parte significativa del mio lavoro. Il mio problema è che ho tanti interessi e vorrei esplorarli tutti, e quando mi dedico a qualcosa di nuovo, voglio farlo al meglio delle mie capacità. Tuttavia, non sempre è possibile, sia per questioni di tempo che per la necessità di gestire i progetti e i clienti.
Il tempo che posso dedicare a queste attività varia a seconda del periodo e dei progetti in corso, ma credo sia essenziale investire costantemente in nuove competenze e in esplorazioni creative. L’apprendimento continuo e l’apertura alla sperimentazione sono ciò che mi permette di rimanere competitiva e innovativa nel mio lavoro. Senza questo impegno, si rischia di cadere nella routine e di perdere quella freschezza creativa che è alla base di ogni grande progetto fotografico.
Qual è la prima cosa che fai nella tua giornata di lavoro?
Ogni giornata lavorativa è diversa, quindi tutto dipende da quello che ho in programma. Se mi aspetta una giornata in ufficio dedicata alla post-produzione o alla pre-produzione, la prima cosa che faccio è prendermi qualche minuto per organizzare tutto per bene. Pianifico la giornata, dando priorità ai compiti più urgenti e importanti. Controllo l’agenda, rispondo alle email più rilevanti e mi assicuro di avere ben chiari gli obiettivi da raggiungere. Questo mi aiuta a partire col piede giusto, impostando un ritmo che mi permette di essere produttivo e di lavorare con serenità.
Quando invece ho in programma una sessione fotografica, la giornata prende un’altra piega: spesso mi alzo molto presto per rivedere i dettagli del progetto, accertarmi che il team sia pronto e controllare tutta l’attrezzatura. Devo assicurarmi che ogni cosa sia al suo posto, così da poter affrontare il set con la giusta concentrazione. Per me, la preparazione è tutto; mi permette di affrontare la giornata con tranquillità, sapendo che ogni dettaglio è sotto controllo.
I tuoi scatti sono accuratamente catalogati e completi di riferimenti (specifiche tecniche, modella, cliente, campagna eccetera). Come ci si organizza per non perdere traccia di quanto fatto e assegnare a ogni foto tutti i riferimenti necessari?
Prima di tutto, ogni progetto viene pianificato con grande cura e attenzione ai dettagli. Durante il processo di pre-produzione creo una Call Sheet, un documento fondamentale che raccoglie tutte le informazioni essenziali per il progetto. Nella Call Sheet includo dettagli come il nome del cliente, la location, l’indirizzo, la data e l’ora del servizio, oltre ai nomi di tutti i membri del team, i modelli e qualsiasi altro aspetto significativo, come le tempistiche della giornata. Questo documento viene poi condiviso con tutte le persone coinvolte, dall’agenzia dei modelli al cliente, fino a ogni singolo componente del team. La Call Sheet diventa così una guida durante tutto il progetto, assicurandomi di avere sempre a portata di mano tutte le informazioni necessarie per un lavoro senza intoppi.
Dopo la sessione fotografica, una delle prime cose che faccio è trasferire immediatamente tutte le immagini in un sistema di archiviazione digitale ben organizzato, come ho descritto anche nel mio libro. Questo passaggio è cruciale per mantenere l’ordine e la sicurezza dei file. Utilizzo un sistema di archiviazione su più livelli, che comprende hard disk esterni gemelli e uno storage cloud, per garantire che nessun file vada perso. Ogni file e cartella viene nominato in modo coerente, seguendo uno schema predefinito che rende facile la ricerca e il recupero delle immagini anche a distanza di tempo.
Infine, tengo un registro accurato di tutti i contratti e le fatture associati a ciascun progetto. Questo mi permette di rispondere rapidamente a qualsiasi richiesta del cliente riguardo all’utilizzo delle immagini e di mantenere un’organizzazione efficiente. Questo livello di organizzazione non solo mi consente di lavorare in modo fluido e senza intoppi, ma assicura anche che i miei clienti ricevano un servizio professionale e preciso, all’altezza delle loro aspettative.
Come si è evoluto nel tempo il tuo stile? Com’era Azzurra Piccardi quando ha iniziato, rispetto a oggi?
Il mio stile ha attraversato una trasformazione significativa nel corso degli anni, riflettendo sia il mio percorso personale che le esperienze professionali che ho accumulato. Quando ho iniziato, ero molto concentrata sulla tecnica e sull’estetica classica della fotografia. Non ero particolarmente focalizzata sulla moda e non seguivo consapevolmente i trend della fotografia di moda. Ero affascinata dalla bellezza idealizzata, dalle immagini perfettamente illuminate, e dalla precisione (forse anche eccessiva) che riuscivo a ottenere in post-produzione. Il mio obiettivo era creare scatti impeccabili, dove ogni dettaglio fosse studiato e sotto controllo.
Col tempo, però, ho sentito il bisogno di andare oltre questa perfezione formale. Ho iniziato a esplorare un approccio più autentico e spontaneo, cercando di catturare non solo l’aspetto esteriore dei miei soggetti, ma anche la loro essenza, le emozioni e le storie che portano con sé. Ho cominciato a sperimentare con la luce, i modificatori, i filtri, utilizzando schemi di illuminazione meno convenzionali, e a giocare con colori e texture per dare più profondità e carattere alle mie immagini.
Oggi, il mio stile è decisamente più personale e diversificato. Continuo ad apprezzare la bellezza della fotografia classica, ma ho sviluppato un linguaggio visivo che mescola elementi tradizionali con un tocco di modernità e sperimentazione. Sono sempre alla ricerca di un equilibrio tra tecnica e creatività, ma ora il mio focus è più sulla autenticità e sulla capacità di raccontare una storia attraverso ogni immagine.
Se confronto l’Azzurra Piccardi di oggi con quella degli inizi, vedo una fotografa che ha acquisito maggiore consapevolezza e sicurezza nel suo stile, e che non ha paura di esplorare nuove direzioni. Ho imparato che la perfezione tecnica è importante per conoscere la fotografia, ma non è fondamentale. È come si dice: conosci le regole e poi rompile. Ho capito che la vera forza di un’immagine sta nella sua capacità di evocare emozioni, nella sua imperfezione, e nella capacità di comunicare qualcosa di autentico e significativo. Questo processo di evoluzione mi ha permesso di sviluppare uno stile che non solo mi rappresenta, ma che continua a crescere e a trasformarsi insieme a me.
Qual è l’emozione più forte che provi nel fotografare? Sei soddisfatta di come la trasferisci nei tuoi scatti?
L’emozione più forte che provo quando fotografo è come una sorta di magia, una combinazione di connessione, piacere, curiosità e meraviglia. C’è un momento, spesso breve, in cui sento di essere completamente in sintonia con il soggetto che sto fotografando, come se ci fosse una comunicazione silenziosa tra di noi. In quegli istanti, tutto sembra fluire in modo naturale: la luce, la composizione, l’espressione del soggetto. È un’esperienza quasi magica, in cui mi sento completamente immersa.
Questa connessione profonda è ciò che mi spinge a fotografare, e cerco sempre di trasferire questa emozione nei miei scatti. La vera soddisfazione arriva quando riesco a catturare non solo l’aspetto esteriore del soggetto, ma anche qualcosa di più sottile e intangibile: un’emozione, una storia, un momento di pura autenticità.
Ovviamente, non è sempre facile. Ci sono volte in cui sento di non essere riuscita a trasmettere completamente ciò che provavo, e altre volte in cui, riguardando le immagini, mi sorprendo di come l’emozione sia emersa ancora più forte di quanto avessi percepito al momento dello scatto.
In generale, sono soddisfatta di come riesco a trasferire queste emozioni nei miei lavori, ma sono anche consapevole che c’è sempre spazio per crescere e migliorare. La fotografia è un viaggio continuo di apprendimento e scoperta, e una parte importante di questo percorso è proprio cercare di catturare e comunicare in modo sempre più efficace quelle emozioni che rendono ogni scatto unico e speciale.
Questo articolo richiama contenuti da Fotografia di moda e beauty.
Immagine di apertura originale della redazione di Apogeonline.