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“Lo spreco più difficile da sistemare è quello della serenità”: Giulia Bezzi e la sua filosofia di project management

08 Novembre 2024

“Lo spreco più difficile da sistemare è quello della serenità”: Giulia Bezzi e la sua filosofia di project management

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I posti di lavoro adibiti ai processi ripetitivi spariranno. Resteranno quelli di chi elimina gli sprechi, collabora con serenità, fa cose semplici e bene.

Entusiamo, proattività, organizzazione, AI quanto occorre

Apogeonline: La comunicazione nel project management spesso viene complicata dalla moltiplicazione dei canali: si decide di usare Slack, ma c’è l’appassionato di Teams, poi qualcuno invia una email che accende un thread pieno di allegati estraneo a tutti i repository designati e, siccome c’è una scadenza urgente, iniziano ad arrivare messaggi in WhatsApp, ad anticipare l’arrivo delle telefonate che si fa prima. Non dovrebbe esserci un canale solo, univoco? I setup di comunicazione possibili sono millemila, qual è quello ideale che preferiresti poter sempre dispiegare?

Giulia Bezzi: Occupandomi di web da ormai troppi anni, siamo super abituati a provarne di ogni.

Per me, non è questione di nome del SaaS, Tool, App, ma dell’obiettivo che dobbiamo raggiungere il quale, con tutte le varianti del caso, è semplicemente: chiudere il progetto nei tempi concordati con tutto quello che abbiamo promesso in fase di contatto, mantenendo la sostenibilità del progetto e, quando si riesce, pure risparmiare soldi e risorse.

Per cui, per mia esperienza basta avere un SaaS unico e tornare a parlarsi in riunione con un Ordine del Giorno chiaro e un report da allegare alla commessa. E ora, con tutti i tool AI addicted per registrare riunioni e crearsi report, non c’è più l’alibi: si dovrebbe ascoltare con più attenzione e il report è uguale per tutti.

Il project manager chiede report e aggiornamenti periodici ai componenti del team oppure invita tutti a compilare dashboard che è possibile consultare in ogni istante per avere un’idea dell’andamento in tempo reale?

Dipende dalla maturità aziendale, dipende dal tipo di organizzazione anche dal tipo di progetto; c’è chi preferisce sia il Project Manager ad aggiornare costantemente le dashboard di controllo, c’è chi ha una maturità tale per cui delega la consultazione al resto del team.

Io sono per la delega, per cui ho impostato un meeting settimanale in cui si vedono tutti i progetti, con le dashboard aggiornate da chi gestisce quel task e sono certa di trovare tutto in ordine, ogni giorno.

Quando hai deciso che era il caso di condensare in un libro il tuo sapere sul project management? Un colpo di fulmine o una visione a lungo termine?

Visione a lungo termine direi perché il mio mondo è ancora un mondo giovane che non si interfaccia bene con le Aziende che serve. E le Aziende, viste in tanti anni da fornitore di servizi web, sono molto mal organizzate e, anche quando lo sono, entrano nel nostro flusso di processo e diventano disorganizzate. Non faccio la colpa a nessuno ma sono cresciuta immersa nel project management e ho visto la differenza: le aziende organizzate sono MUDA style davvero. E MUDA, che sta per spreco, caposaldo del Lean Thinking, è la prima grande necessità di un’azienda.

Il primo spreco? Non avere un Sistema di Gestione che metta progetto e persone al sicuro, portando pace e serenità nelle Aziende, generando un ciclo virtuoso di collaborazione ed evitando tracolli e turnover. Le Aziende sono fatte di persone, lavorare nella disorganizzazione genera mostri. Io avevo bisogno di dire: sono un’esperta web ma ho avuto una vita precedente che mi ha insegnato a sentirmi serena al lavoro perché organizzata. Ora sono stanca di attendere che capiti a tutti. Facciamo cose semplici e lavoriamo bene insieme.

Tra le pagine del libro si respira un’atmosfera di entusiasmo e positività. Come si spiega ai project manager pugno-di-ferro e cipiglio-severo che è possibile affrontare anche le difficoltà con un sorriso consapevole?

Non si spiega a dire il vero, ma si dovrebbe insegnare se non è una skill naturale. La mia Project Manager, Stefania Pompigna, che voleva fare questo lavoro da sempre e che si è messa accanto a me, crescendo insieme, mi accoglie sempre con uno sguardo dolce e una parola affettuosa. È una skill naturale: a lei piace accudire lavorativamente il team. Poi sa essere autoritaria e autorevole al momento giusto.

Ma non c’è un altro modo di fare il PM. Chi decide di esserlo deve leggere le persone dentro, deve sapere quando è possibile spingere il team o lasciarlo libero, deve smorzare la tensione e trasformarla in energia positiva e, chi non ama le persone, non dovrebbe assolutamente pensare a questo mestiere. Per cui pugno di ferro e cipiglio severo non possono far parte del PM, ci si deve allenare a farle sparire e non esistono le parole sono fatta così, è più forte di me; sono alibi che ci creiamo nella nostra mente. Quando si tiene a qualcosa o qualcuno, sempre, di forte c’è solo la voglia di raggiungere ciò a cui teniamo.

Quanto pesa l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella tua attività odierna?

La parola pesa non è corretta, rende tutto molto negativo, quanto mi alleggerisce invece? Attualmente, posso stimare che il 30 percento del mio tempo sia risparmiato per usare il più bello dei tool a nostra disposizione: il cervello.

E sono assolutamente dell’idea che chi non abbraccia le AI, non ci lavora come si deve, non pensa ad integrarle nella propria progettualità sbaglia. È una risorsa veramente incredibile e anch’io vorrei migliorare nell’integrazione lavorativa mia e dei team con cui lavoro. Non sono così allenata a delegare alle AI parte del mio lavoro, a volte mi dico Caspita, ma perché non l’ho passato alle AI? Avrei risparmiato tempo e, invece, sono stata immobile ore a provarci in autonomia.

E poi, c’è anche il rovescio della medaglia: saper decidere cosa fa l’AI e cosa facciamo noi. Ci sono alcune operazioni che devono essere prima compiute da noi perché ci permettono di comprendere lo stato dell’arte; dare subito in pasto alle AI un progetto senza averlo analizzato per primi, secondo me, è un grosso errore. Per dare il prompt giusto devi avere esperienza, capacità analitica, lungimiranza progettuale e ti serve per forza investire il tuo tempo in tal senso.

Lo spreco più semplice da individuare e sistemare, scrivi, è il tempo; quello più complesso, la serenità. Il project manager può riuscire a dare vita a una gestione che non solo porta a termine i progetti ma tutela anche la serenità dei componenti del team?

Non è che può, deve. Il suo mestiere è proprio portare a casa il progetto senza sprecare tempo e risorse con un team che lavora alla grande perché sereno. Sennò a che dovrebbe servire?

Automatizzare i processi ripetitivi è un obiettivo davvero raggiungibile? Sono tante le aziende dove manca una cultura informatica e regna il timore di essere esautorati da quella cosa che sotto sotto sono convinti di sapere fare solo loro, e che in qualche modo gli garantisca il posto…

Lo è, in molte Aziende è realtà: i posti di lavoro per processi ripetitivi, ora più che mai, spariranno e le persone devono avere la voglia e l’entusiasmo di pensare che la garanzia del posto non esiste da un pezzo, è una reminiscenza culturale alla quale dobbiamo smettere di essere affezionati. Questo è quello che deve entrarci nella testa e non abbandonarci mai. Scusami ma sono davvero molto critica con il mondo del lavoro, forse perché amo talmente tanto quello che faccio che non accetto di non vedere lo stesso trasporto. Ho sempre pensato che, essendo costretti a lavorare e dovendo vivere la vita al meglio, sia importante farlo con soddisfazione, poi la garanzia del posto verrà da sé.

Chi caccerebbe persone soddisfatte, entusiaste, proattive, pronte ad abbracciare il cambiamento e rendere efficiente l’Azienda?

Che musica ascolta il project manager per trovare l’equilibrio giusto?

Project Manager, di Giulia Bezzi

In questo manuale Giulia Bezzi mostra come cambiare l’approccio al lavoro sia la strada per renderlo più efficiente ed efficace, perché è grazie a buoni project manager che la vita in azienda diventa meno stressante e più remunerativa.

Ah ah ah! Non lo so, non sono un project manager ma lavoro come lo fossi e, a seconda del lavoro che devo svolgere passo da Morricone agli Imagine Dragons passando per Charlotte De Witte. Direi che ogni musica va bene se ci fa sentire vivi e frizzanti mentre portiamo avanti i nostri progetti.

Come possiamo cominciare a migliorare da domani? Qual è la prima cosa da fare?

Ovviamente leggere il mio libro 😉 ma, soprattutto, coinvolgere il team per trovare insieme il proprio flusso organizzativo.

Immagine di apertura originale della redazione di Apogeonline.

L'autore

  • Giulia Bezzi
    Giulia Bezzi è Head of SEO e PR manager e affianca le aziende nel percorso di digital transformation tramite una consulenza strategica elaborata sulle specifiche esigenze dei clienti. È apprezzata per la grande capacità comunicativa e didattica, e crede che il solo modo per ottenere grandi risultati è essere project manager inside.

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