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Nella rete delle élite internet non sposta voti

15 Giugno 2009

Nella rete delle élite internet non sposta voti

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La sconfitta di una parte non può essere considerata la sconfitta del web. L'elettorato è ancora lontano dall'essere rappresentato integralmente online, mentre l'iniezione di voti giovanissimi promette di alterare molti equilibri

A ogni tornata elettorale ci si interroga sui voti spostati dalla Rete, e inevitabilmente si formano due fazioni contrapposte, quelli che (per semplificare) “per altri dieci anni in Italia la Rete non sposterà un voto” e quelli che “manca un niente per l’effetto Obama”. A questo giro, lo scettico è Stefano Epifani, e Michele Ficara Manganelli è l’entusiasta, con Roldano De Persio che a mio parere aggiunge molti punti di valore alla discussione. Vorrei analizzare in modo agnostico e differente alcuni punti della questione: sul rapporto tra web ed elezioni, in Italia, incombono alcuni fattori a lenta variazione e alcuni fattori a veloce variazione.

Le élite intellettuali, in Italia, sono tradizionalmente più vicine alla sinistra. Gli scrittori, i poeti, il mondo dello spettacolo e in genere gli intellettuali sono più affini al pensiero socialista, in cui essi trovano maggiormente (semplificando al limite) una giustificazione al proprio ruolo: “questo mondo va cambiato in modo proattivo, e noi siamo le menti che possono/devono essere propulsori del cambiamento”. Il web ha ri-perpetrato – almeno nella sua fase iniziale e anche ora negli early adopter – questa tradizione: di norma ogni sondaggio nella parte più attiva della Rete tende a sovrastimare la sinistra, fino al paradosso di certi ambienti, come Friendfeed, nei quali le aree di pensiero laico-socialista vicine al Partito Democratico rappresentano quasi il pensiero unico. L’Italia, al contrario, è – ed è sempre stata, anche prima dell’avvento del duopolio televisivo e dell’era Berlusconi – un paese a maggioranza politica conservatrice e cattolica, e con una mobilità del voto molto bassa, in cui cambiare il proprio voto è visto come cambiare la squadra di calcio per cui si fa il tifo. Quando si è scelto, magari anni prima, cambiare poi è una mossa da voltagabbana, da traditori.

Il primo auto-inganno è quindi associare alle sconfitte della sinistra, o comunque alla sua perenne sotto rappresentazione nel paese reale rispetto agli ambienti degli early adopter, una sconfitta del web, che nella loro visione dovrebbe appunto avere l’obiettivo o comunque l’ambizione di “spostare i voti”. Cioè – si dice – se online noi siamo la maggioranza, ma non riusciamo ad avere la maggioranza nel paese, la colpa è del web in quanto strumento, che fallisce il suo obiettivo, “non sposta niente (ancora)”.

Il secondo auto-inganno dell’élite è credere di rappresentare incontestabilmente la maggioranza dell’elettorato presente online: così viene sistematicamente ignorata la (crescente e nuova) coda lunga di piccoli gruppi o di blog locali o di conversazioni semi-private in Facebook (che non vediamo perché le evitiamo consapevolmente, come dirò poi) che rappresentano un pensiero popolare (o popolano, forse), legato al territorio e alle problematiche locali, che se non brilla per analisi intellettuale o approfondimento delle tematiche ha comunque un potere, distribuito ma tutt’altro che trascurabile, di influenzare il voto, in modo anche contrario a quello delle elite: basti vedere l’attività della Lega Nord su Facebook, in cui ogni sezione ha il suo gruppo di contatti connesso a tutti gli altri gruppi.

Lo stesso concetto dello spostamento del voto andrebbe sottoposto ad analisi: perché internet (visto come un ecosistema) dovrebbe spostare il mio voto? Se ripensiamo all’influenza che hanno su di noi le diverse fonti di opinione a cui siamo sottoposti, l’unico in grado di spostare davvero un voto è il contatto “umano” con quelle poche persone a cui riconosciamo fiducia e reputazione – “umano” nel senso che è invariabilmente composto di piccoli numeri, indipendentemente dal fatto che sia svolto di persona o via e-mail o via social network. Per questo non è detto che avere migliaia di fan diretti, per un politico, sia un viatico per la vittoria: perché lo spostamento dipende più da tante micro conversazioni che da una trasmissione in stile broadcast, anche se effettuata su nuovi mezzi.

Ancora, il web rappresenta sempre più per tutti un modo di ritrovare nostri simili – anche in aspetti minoritari, per cui fino a qualche tempo fa avremmo rinunciato a trovare “l’anima gemella”, per le difficoltà di coordinamento e organizzazione. Così oggi invece si formano gruppi e gruppuscoli sulle tematiche più bizzarre o apparentemente marginali, che condividono però l’omogeneità di opinione su di un determinato argomento: il rovescio della medaglia è che pare estremamente difficile trovare luoghi “neutrali” di discussione, che spesso muoiono dopo essere stati vandalizzati da conversazioni che sfociano nell’insulto o nell’invettiva. Quindi, il web sociale sarà sempre meno efficace per il proselitismo, e lo sarà sempre più per organizzare i fan, in una grande intranet informale, perchè possano passare il messaggio in altre modalità, one-to-one, principalmente.

I fattori a veloce variazione, infine, rappresentano la grande incognita: a ogni turno elettorale entrano per la prima volta in cabina un milione di diciottenni per i quali la Tv è composta al massimo da YouTube, che non guardano trasmissioni politiche e non sono influenzati dai telegiornali o dall’Italia Sul Due, e che invece usano Google per qualsiasi informazione (quindi atterreranno su siti ufficiali ma anche su blog e gruppi), sono abituati a condividere con gli amici ogni link attraverso un messenger o un Facebook perennemente aperto, e sono parecchio insensibili alla differenza e alle problematiche di privacy tra contenuti privati e pubblici: in pratica, dei fenomenali ripetitori di segnali. Con una popolazione elettorale internettizzata a livelli scandinavi e veramente in grado di utilizzarlo come un CB ricetrasmittente, invece che come mero sostituto di un televisore con molti canali, i fattori in gioco cambieranno veramente, in modo difficilmente prevedibile. Il web, oltre al fattore organizzativo e tendente alla formazione di micro-conversazioni, avrà anche un potere di broadcast che ora è ancora saldamente nelle mani della Tv, più o meno generalista.

L'autore

  • Gianluca Diegoli
    Gianluca Diegoli si occupa dal 1997 di business online e di marketing. Dopo l'esperienza manageriale in grandi aziende, dal 2010 è consulente per il retail e co-founder di Digital Update. Insegna all’Università IULM e in Executive Master.

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