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Nuovi formati Dvd, una scelta a luci rosse

06 Febbraio 2007

Nuovi formati Dvd, una scelta a luci rosse

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Chi si imporrà tra Hd-Dvd e Blu Ray Disc? Come accadde trent'anni fa con la nascita dell'home video, il costo e la disponibilità di lettori potrebbero non essere così determinanti

Sarà solo una questione di prezzo a far decollare uno dei due formati che si contendono il Dvd ad alta definizione? Fra Hd-Dvd e Blu Ray Disc vincerà chi riuscirà a distribuire più velocemente il maggior numero di lettori in modo da costruire una base di utenti? O esistono ricette segrete, leve in grado di sbloccare un meccanismo e dare avvio ad una adozione di massa?

Nel tentare di dare una risposta a queste domande è inevitabile cercare delle analogie con quanto accaduto poco più di trent’anni fa con i primi apparecchi di home video. Quando nel novembre del 1975 commercializzò il BetaMax LV-1901, la Sony fu la prima azienda di elettronica di consumo ad introdurre il concetto di registrazione di un programma e di fruizione di un contenuto televisivo slegata dal concetto di passività del palinsesto. Ma nonostante fosse stato il primo formato di successo per l’home video, il Betamax perse gradualmente terreno fino a quando, nel 1988, la Sony annunciò ufficialmente che avrebbe commercializzato in Giappone ed Europa videoregistratori Vhs, il formato concorrente promosso dalla JVC.

I motivi furono molteplici: la limitazione che inizialmente costringeva in 60 minuti la durata massima di una cassetta – tempo non sufficiente per registrare un film nella sua interezza -, il fatto che la Sony non licenziò mai abbastanza manufacturers che producessero lettori con il proprio standard, l’errore di tenere i licenziatari poco allineati sulle innovazioni tecnologiche per timore di improvvisi voltafaccia, od infine il design dei lettori, che alla fine degli anni 70 i erano dei grossi apparecchi pesanti quasi 18 kg che necessitavano di una adeguata ventilazione, mentre i primi deck Vhs della JVC erano decisamente più leggeri ed attraenti.

Ma è opinione comune che un grosso ruolo nell’affermazione dello standard Vhs sul Betamax sia stato giocato da una precisa scelta di campo operata dell’industria pornografica: i produttori avevano intravisto lo spazio per un nuovo mercato di distribuzione, cercavano una metodo economico per copiare le videocassette, e il Vhs costava meno. La scelta degli studios a luci rosse trascinò con sè i negozi di videonoleggio portando alla JVC gli utenti ed i loro videoregistratori.

Oggi il problema sembra riproporsi in uno sconcertante quadro dove cambiano solo i nomi, i supporti ed il numero dei pixel, ma tutto rimane incredibilmente simile. Il contesto è quello del mercato su cui l’industria degli apparecchi televisivi punta la maggior parte delle proprie energie, quello dell’alta definizione, ed in cui due attori competono per imporre il nuovo supporto di registrazione: l’Hd-Dvd ed il Blu-Ray. Mentre il primo, promosso da Toshiba, è stato indicato dal Dvd Forum come l’evoluzione futura dell’attuale Dvd, il Blu Ray, promosso da Sony, sembra aver raccolto un folto gruppo di sostenitori fra i costruttori di consumer device, di personal computer e gli studios. Uno è meno costoso, l’altro è tecnologicamente più avanzato, uno si ammanta di ufficialità, l’altro vanta più accordi con l’industria dei contenuti, uno è opzionale nella console per videogiochi della Microsoft, l’altro integrato nella nuova Playstation, uno può utilizzare macchina da stampa degli attuali Dvd opportunamente riconvertite, l’altro si avvale di dischi più capienti e resistenti: la contesa che vede le due associazioni combattere potrebbe essere in prospettiva dichiarata già vinta da lettori, per ora ancora decisamente costosi a dire la verità, che sono in grado di gestire entrambi i formati.

Ma guardando al passato, qualcuno non ha potuto fare a meno di curiosare che ne pensano dei supporti ad alta definizione i produttori di porno movie, e lo ha fatto all’AVN Adult Entertainment Expo, la fiera nel corso della quale ogni anno si riunisce l’hard americano a Las Vegas. Una piccola inchiesta fra le case di produzione, oltre ad aver registrato la necessità per gli attori di ricorrere ad interventi di chirurgia plastica aggiuntivi per correggere imperfezioni che con l’alta definizione diventerebbero visibili, ha fatto emergere una momentanea, netta preferenza verso il formato Hd-Dvd, in ragione dei ridotti costi di produzione. Al contrario, alla Sony sarebbe stata attribuita una policy, subito rettificata, secondo cui addirittura non sarebbe stato permesso ai service di duplicazione, pena la perdita della licenza, di stampare Blu Ray disc contenenti film a luci rosse.

Il punto è: c’è veramente la necessità, ora, di affidarsi ad un nuovo supporto fisico per distribuire il porno nelle case degli utenti, sia pure esso in alta definizione? Quando – e se effettivamente – trent’anni fa l’industria a luci rosse è stata in grado di trainare uno standard tecnologico, lo ha fatto perché ha introdotto un’enorme novità: la fruizione personalizzata di video pornografici. Quello che prima era necessario fare recandosi in una sala cinematografica, ora era possibile nell’intimità della propria abitazione. Non esistevano semplicemente altri canali distributivi, la videocassetta aveva inventato la consultazione privata di immagini in movimento, dopo che per anni il consumo pornografico era stato relegato a supporti cartacei.

Le difficoltà di ripetere il meccanismo che portò al successo il Vhs le elenca efficacemente Regina Lynn, columnist dalle pagine di Wired News. Il consumo pornografico ha cambiato faccia grazie alla Rete: ora è possibile scaricare -anche gratuitamente- tutto ciò che è di nostro interesse, eventualmente pianificando con cura i download, ed i supporti di memorizzazione digitale sono capienti e poco costosi. Oltre a questo, possiamo davvero interagire con gli attori, distribuire i nostri contenuti autoprodotti, stabilire un contatto con gli altri amanti del genere, partecipare a chat room nel corso delle quali guardare in streaming lo stesso film: in qualche modo Internet ha tolto dalla clandestinità il fruitore di pornografia, ha finalmente eliminato l’aurea triste di chi sgattaiola furtivo nel buio di un cinema od occhieggia nella parte vietata delle edicole, e lo ha emancipato consentendogli di condividere, di interagire, di stabilire relazioni fra performer e fruitori, di diventare creatore a sua volta di materiale.

Insomma se il consumo in Rete è riuscito in qualche modo a dare visibilità e normalità (nei termini della legalità) alla pornografia, è difficile che i Dvd in alta definizione, qualsiasi sia il loro formato, riescano a rompere una barriera altrettanto resistente. Aspettare che l’industria del porno decida sul formato da utilizzare significa assegnare valore a una scelta in fondo marginale, che risponde più alla sete di novità di un’industria con il disperato bisogno di contenuti che giustifichino l’acquisto di apparecchi televisivi di nuova generazione, piuttosto che ad un concreto valore aggiunto; il gran clamore che ruota intorno ad una nuova e noiosa guerra fra formati suona vuoto come la convinzione che il successo di vendite dei lettori Vhs e Dvd possa essere ripetuto ancora una volta, distribuendo nuovi device che migliorano semplicemente la qualità dell’immagine. E non sembra tenere conto dell’avanzare di altre piattaforme di consumo non lineare di prodotti audiovisivi, dai Pvr ai MovieBeam, dalla Tv su IP a quella Peer to Peer, nella certezza che il nuovo sistema televisivo che si sta costruendo sotto i nostri occhi abbia ancora speranze di ripercorrere esclusivamente logiche distributive e di archiviazione legate a doppio filo con plastica, presse, camion, atomi.

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