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Pensiero creativo: organizziamolo bene in azienda

25 Novembre 2022

Pensiero creativo: organizziamolo bene in azienda

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Per aziende e individui è importante trovare il modo di sistematizzare il pensiero creativo. Ci sono azioni concrete che aiutano a ottenere il risultato.

Leadership e pensiero creativo vengono raramente associate ed è un errore: la prima dipende strettamente dal secondo

Apogeonline: È realmente possibile, per così dire, serializzare il processo che porta al pensiero creativo? Che cosa ne penserà una persona creativa?

Chris Griffiths: Sì, ritengo che sistematizzare la creatività sua possibile. Alcuni rimarranno scettici su questo per via di molta narrazione culturale che caratterizza il pensiero creativo come qualcosa di vagamente mistico. Conosciamo tutti la figura dell’artista tormentato per cui l’espressione creativa deve affondare le radici nella sofferenza, ma non c’è alcune ragione per la quale dovrebbe essere altrettanto problematico accedere alla creatività. Sistematizzare quest’ultima implica l’introduzione nella vita di pratiche positive quotidiane che incoraggiano il pensiero creativo, così come imparare a riaddestrare il cervello per eliminare i pregiudizi e le trappole intellettuali che possono ostacolare il proprio progresso. La verità è che chiunque può essere una persona creativa.

Come iniziare a lavorare sulla paura di non avere pensiero creativo a sufficienza e scoprire il nostro autentico potenziale?

Molte persone hanno paura di essere creative perché lo vedono come un tratto caratteriale che non si può imparare; o ce l’hai, o manca. Ma la creatività non è innata, né genetica e possiamo migliorarla con l’esercizio e comportamenti coerenti. Una delle lezioni più importanti da imparare è non avere paura di sbagliare; una tappa naturale nel cammino verso la grandezza in qualsiasi attività, compresa la creatività. Chi sa riformulare il proprio pensiero si accorge quanto il non provare sia assai più spaventoso del fallire. Non rimpiangeremo gli errori che abbiamo commesso nel perseguire il processo creativo, ma potrebbe accaderci di farlo per quanto avremo potuto tentare e mai abbiamo osato.

Quante volte dobbiamo chiederci perché? prima di arrivare alla risposta vera, e profonda, a una domanda problematica?

Suggerirei che non c’è tanto la domanda perché, quanto un ventaglio di domande relative a come pensiamo. Ogni cervello umano possiede una tendenza verso certi pregiudizi – che chiamo trappole del pensiero – da imparare ad affrontare se vogliamo valutare un problema con una nuova obiettività. I tre errori chiave cui bisogna stare attenti sono pensiero selettivo, pensiero reattivo e pensiero presuntivo.

Leggi anche: La creatività può essere imparata, nella vita e sul lavoro

Il pensiero selettivo è la nostra tendenza innata a porre alcune idee sopra altre, specialmente le nostre idee predilette; il pensiero reattivo è la tendenza a reagire a una situazione secondo lo schema più comune e scontato, senza una riflessione né una strategia; il pensiero presuntivo è l’errore diffuso di accettare lo status quo dal momento che è quanto fanno tutti gli altri. La consapevolezza di queste trappole del pensiero ci permette di sfidare noi stessi e raggiungere soluzioni innovative.

Come ci poniamo verso le persone in azienda che resistono per definizione al cambiamento e alla soluzione creativa?

Se non ci sono leader che sostengono uno spostamento culturale verso la creatività, cambiare le cose in una società può costituire una sfida. Non è impossibile, però. Negli ultimi anni ho visto manifestarsi i cosiddetti intraprenditori, chi si comporta da imprenditore ma all’interno di una impresa consolidata. I dinosauri delle megaditte spesso resistono alla creatività perché hanno paura dell’errore, prede del pensiero presuntivo (abbiamo sempre fatto così, perché cambiare?). In circostanze come queste la migliore tattica è mostrare con l’esempio quanto la creatività possa avere effetti positivi. Portati nella pratica, i risultati della creatività sono duri da ignorare.

Nella tua esperienza, il pensiero creativo richiede più tempo per giungere alla soluzione di un problema? O meno tempo? O lo stesso tempo…?

Qualcuno sostiene che il pensiero creativo richieda più tempo di quello consueto, dal momento che implica tempo trascorso lontano dalla scrivania oppure perché il processo ideativo si basa su una forma di sogno a occhi aperti. Ritengo invece che il pensiero creativo faccia complessivamente risparmiare tempo. Albert Einstein una volta si è espresso in questo modo:

Se avessi un’ora per salvare il pianeta, destinerei 59 minuti a definire il problema e un minuto a risolverlo.

Quando affrontiamo un problem senza pensiero creativo, spesso fraintendiamo il problema stesso, con il risultato di individuare soluzioni inadeguate nel migliore dei casi e inutili nel peggiore. Usare tempo per pensare creativamente significa soluzioni autentiche e progressi reali.

Come possiamo individuare e stimolare un potenziale creativo in persone che non hanno mai pensato di essere capaci di manifestarlo nella loro vita professionale?

Prima di tutto, occorre capire che tutti possediamo un potenziale creativo. Ho svolto molte ricerche sulla relazione tra creatività e genetica e la conclusione sintetica è che, se alcuni geni possono predisporre al pensiero creativo, nessuno di essi lo garantisce. In altre parole, tutte le persone capaci di creatività nel mondo sono persone che hanno imparato a esserlo. Possiamo insegnarlo ad altri partendo da piccoli progetti, di portata limitata, a basso rischio. Esorcizzare i pensieri limitanti su piccola scala faciliterà l’applicazione della creatività su progetti più grandi e importanti; la loro creatività sboccerà.

Nel tuo libro, scrivi dell’importanza dell’incubazione relativamente all’attività del brainstorming. Nella nostra carriera, mai ci è successo di vedere aziende che praticano l’incubazione. Potevamo essere più fortunati oppure è un tema che riscuote meno attenzione del dovuto? Perché?

Vedere sottovalutata l’incubazione (o, come la chiamo, il sogno a occhi aperti focalizzato) è purtroppo molto comune. Molta nostra cultura lavorativa è costruita attorno all’esigenza dell’immediatezza. Vogliamo idee e le vogliamo subito. Eppure questo non basta a cambiare il fatto che le buone idee richiedano tempo. Come ha detto Émile-Auguste Chartier:

Niente è più pericoloso di un’idea quando è l’unica idea che abbiamo.

Quando non abbiamo tempo per lasciare affiorare le idee dal subconscio, avremo poche idee su cui lavorare. Nell’epoca del lavoro ibrido, i lavoratori hanno più tempo che mai per concedersi una passeggiata o scarabocchiare su un quaderno; agevolare questa attività di sogno a occhi aperti migliorerà l’innovazione a livelli che la maggior parte dei leader non riesce a prevedere.

Che cosa è accaduto quando non hai accettato qualcosa di scontato e hai invitato le persone a infrangere una regola o negare un presupposto… e si è verificato qualcosa di clamoroso (o meraviglioso)?

Ho vissuto in prima persona l’esperienza di una cultura nella quale i dipendenti possono suggerire le proprie idee e questo ha dato la scossa all’ambiente. La miglior cosa per un leader e per una azienda è dare a tutti e a ciascuno (ovunque si trovi nella gerarchia) una possibilità di proporre idee ed essere preso sul serio. Una cultura di questo genere porta a un ambiente professionale sano e innovativo, che fa bene all’impresa e anche alle persone; abbondano le ricerche che mostrano il legame tra lavoro creativo e soddisfazione professionale.

Posso facilitare la creatività mediante un lavoro sulla conformazione dell’ufficio (mobili, spazi, accessori…)?

Certo; l’ambiente attorno a chi lavora può sostenere una cultura di pensiero creativo, ma non ci si deve limitare a questo. Ci sono ovviamente applicazioni molto concrete di questo principio come una illuminazione naturale e uno spazio cucina bene attrezzato, ma serve anche destinare tanto spazio al sogno a occhi aperti. Che siano cabine in cui le persone possono passare tempo isolandosi dal contesto, o una palestra dove letteralmente sudare sui problemi, si può discutere. Tutti questi fattori aiutan, ma devono essere impiegati in correlazione alla creatività sistematizzata come parte di un processo quotidiano, se vogliamo che risultino veramente efficaci.

Come si maneggiano errori e fallimenti, con una attitudine da pensiero creativo, e si tengono d’occhio gli obiettivi di business dell’impresa?

Sono situazioni che possono spaventare ma, ove non siano il risultato di un’incuria, non c’è ragione di temere. Imparare dai nostri errori e sapere che sono una parte inevitabile della crescita creativa è essenziale; dopotutto, chi vince fallisce più di quanto chi perde riesca a provarci. In ultima analisi, gli obiettivi di business possono restare in vista, dato che un errore lungo la strada rappresenta comunque un passo verso la meta. Ciò che è realmente importante è rialzarsi dopo avere inciampato, o lasceremo che l’errore ci sconfigga. È come ci si riprende da un imprevisto e si prosegue, con più saggezza e determinazione di prima, che fa raggiungere davvero l’obiettivo.

Immagine di apertura di davisuko su Unsplash.

L'autore

  • Chris Griffiths

    Chris Griffiths, fondatore e CEO di OpenGenius, è un esperto di livello mondiale sui temi dell'innovazione. Ha lavorato con manager e aziende Fortune 500 e FTSE 100, le Nazioni Unite e alcuni Premi Nobel aiutandoli nello sviluppo e nella crescita di business.

  • Melina Costi
    Melina Costi è una business writer professionista con una grande esperienza nel marketing management.
  • Caragh Medlicott
    Caragh Medlicott è scrittrice freelance e Senior Editor per Wales Arts Review.

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