Tutti a norma entro metà 2025
Apogeonline: Entro al massimo un anno, se curiamo a qualunque titolo un sito web dovremo porre attenzione al problema dell’accessibilità e del design inclusivo. Che cosa sta per accadere?
Enrico Bisenzi: Sta per succedere (giugno 2025) che tutte le aziende sopra i due milioni di fatturato e dieci persone come dipendenti dovranno adeguarsi salvo rischiare di prendere una sanzione corrispondente al 5 percento del fatturato. Vedremo dunque progressivamente interfacce digitali sempre più inclusive e quindi, sostanzialmente, facili da utilizzare per chiunque.
La bibliografia del tuo libro riporta in maggioranza contributi pubblicati tra il 2000 e il 2010. Un po’ come se negli anni seguenti il tema fosse passato un po’ in secondo piano, per ripresentarsi ora. Qual è la tua sensazione?
In quegli anni c’è stata l’opera omnia di Michele Diodati e diverse altre poi l’attenzione della comunità scientifica si è spostata a dibattere in tema sul digitale ma io credo che sia importante tornare alla carta per un argomento così importante: lo dimostrano i miei studenti che quando interessa loro un argomento privilegiano studiare su un libro cartaceo!
Tra costi di sviluppo, ignoranza e impreparazione tecnica, quale potrebbe essere la ragione principale del mancato aggiornamento di un sito per avere un design inclusivo? O ci sono altri fattori in gioco?
Soprattutto inconsapevolezza sull’argomento ed è la ragione per cui ho scritto questo libro. Non ci sono altre giustificazioni anche perché la normativa prevede l’eccesso di onere economico e organizzativo per giustificare il fatto che un’azienda riesca a fare il possibile in tema e non essere perfetta a tal riguardo.
È attendibile la stima del 15 percento come quota di navigatori che si perdono per strada in mancanza di accessibilità di un sito? Tanti webmaster e tanti manager così attenti alle statistiche di traffico dovrebbero essere sensibili all’idea di guadagnare una fetta consistente di pubblico che al momento va altrove…
Il 15 percento è una stima al ribasso internazionalmente accettata da quando il comitato paraolimpico ha stabilito che le persone con disabilità siano quella cifra lì al mondo… ma sommateci anche le persone anziane, gli stranieri e i migranti, i bambini, e chi soffre di DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento): davvero pensate che principi di accessibilità e usabilità riguardino meno di una persona su sei?
Negli anni si sono diffuse aziende che promettono a tutti la realizzazione semiautomatica di un sito a partire da competenza zero o quasi. I loro strumenti però non permettono con facilità la modifica di massa delle pagine Html di un sito, né i loro parametri di creazione considerano in modo particolare l’accessibilità. I nuovi requisiti potrebbero creare problemi a siti realizzati con grandi effetti grafici ma una architettura prefabbricata?
Ci sono alcuni CMS (Content Management System) che funzionano molto meglio di altri indubbiamente… il problema però è che puoi preimpostare con più o meno attenzione un’architettura informativa rispettosa dei criteri di accessibilità web, ma rimane fondamentale fare dei controlli a posteriori e soprattutto istruire adeguatamente la redazione che utilizzerà quel CMS.
Sono tempi di intelligenza artificiale che debutta ovunque: l’AI può aiutarci seriamente a qualsiasi titolo nel perseguire l’accessibilità di un sito?
Aiuta e aiuterà sicuramente soprattutto per la generazione di alternative testuali, ma ci vuole sicuramente una supervisione umana perché le allucinazioni – come ben sappiamo – sono sempre dietro l’angolo quando si parla di Artificial Intelligence.
C’è qualche bella storia italiana di accessibilità e design inclusivo che può servire da esempio?
La Cooperativa Yeah è sicuramente un bell’esempio di sito web con grande attenzione a ipovedenti e persone cieche, io ho provato a dare il mio contributo alla realizzazione della versione accessibile della Fondazione del Teatro della Toscana.
L’impressione è che, tra numerose specifiche da osservare e l’eterogeneità dei test e degli strumenti di verifica, il rendere accessibile un sito minimamente complesso non sia alla portata di tutti. Mi sbaglio o in tante aziende servirà una figura almeno minimamente specializzata?
In realtà questo libro cerca di far diventare il processo di adeguamento alla portata di qualsiasi persona o azienda disposta a studiare qualche settimana la materia. Non sarebbe male che ogni azienda consigli a qualcuno del personale web di adeguare le proprie conoscenze in merito.
Ci sono aziende anche molto grandi che non hanno mai dimenticato l’accessibilità; un esempio è Amazon, il cui sito è tuttora consultabile anche utilizzando un browser solo testo. C’è qualche altro nome cui possiamo ispirarci come esempio?
Tutte le grandi aziende anglosassoni sono molto più preparate in tema di inclusive design rispetto alle altre aziende del resto del panorama internazionale e questo perché hanno da molti più anni una normativa specifica sul settore che prevede anche sanzioni severe (la famosa Sezione 501) e anche perché essendo stati in anni passati molto belligeranti (i paesi anglosassoni) avevano una percentuale di giovani invalidi molto alta. Proviamo ad utilizzare il tasto TAB in ripetizione dopo che avete fatto una ricerca su Google e guardiamo cosa succede.
Lo Stato italiano sta riuscendo a inserire nei propri siti quei requisiti di accessibilità e design inclusivo che sarà tenuto a breve a fare rispettare alle organizzazioni private?
Lo Stato italiano da molti anni promuove la fantastica iniziativa Designers Italia volta a promuovere una cultura tecnica dell’accessibilità e dell’usabilità e chiunque lavori con la PA (Pubblica Amministrazione) farebbe bene a tenerne conto.
Immagine di apertura originale della redazione di Apogeonline.