A neanche trent’anni è già riuscito a indispettire Apple, Sony, Facebook e Google. Questa precoce capacità di mettersi nei guai è dovuta alla stessa intelligenza che gli ha permesso di uscirne sempre con notevoli risultati.
Lo chiamano geohot ma il suo vero nome è George Francis Hotz, un hacker salito alla ribalta nel 2009 per avere sviluppato il primo software in grado di modificare il cuore del sistema di un iPhone 3GS. Una querela da Sony e la conseguente decisione della giustizia californiana gli ha impedito di ripetersi con la PlayStation 3, mentre Google ha preso molto più sportivamente la violazione di Chrome da parte del ragazzino, offrendogli addirittura un premio e un’assunzione, entrambi accettati. Di Facebook si sa poco, se non che in molti hanno confermato la permanenza del soggetto all’interno della società per circa un anno dal 2011. Per fare cosa, non è dato di sapere.
La questione ancora aperta è l’ultima genialata di Hotz, che prevedendo il roseo futuro delle automobili senza pilota ha risolto il problema a suo modo, ovvero modificando modelli d’automobile già in commercio.
In fondo, ha ragionato, perché spendere tanti soldi e tante risorse ingegneristiche quando qualunque auto moderna è già in grado di fare tante cose da sola? Lo sterzo non è certamente quello delle vecchie Balilla, con il piantone direttamente collegato ai leveraggi delle ruote. Ormai chiunque è in grado di sterzare senza sforzi in quanto il volante è asservito ad automatismi che seguono il desiderio del pilota e lo mettono in atto. Per non parlare dell’acceleratore, il cui comando crediamo sia dovuto alla pressione del nostro piede, ma in realtà è anch’esso dipendente dalla centralina che governa l’alimentazione e la combustione, mentre i freni sfruttano le capacità di pompe elettricamente connesse che anche in tal caso solo indirettamente dipendono dal nostro volere.
Su territorio americano è poi molto più diffuso che da noi il cambio automatico e non c’è nulla di meglio di un sistema elettronico che scala le marce per rendere felice un informatico appassionato al tema.
Così geohot ha scritto software e creato hardware, si dice in pochi ed entusiasmanti mesi di lavoro, per realizzare un kit che chiunque potrebbe acquistare a poche centinaia di dollari per poi installarlo sulla sua autovettura. Una telecamera qua e una là, qualche cavo opportunamente nascosto e sapientemente collegato secondo istruzioni in stile Ikea, un cellulare moderno come interfaccia, un po’ di nastro isolante, qualche connettore; ed ecco che la nostra automobile prende le decisioni autonomamente, senza che noi dobbiamo sfiorare il volante. Tutto il codice, modificabile e open source, si trova su GitHub.
Ho costruito un’automobile a guida autonoma migliore della Tesla.
Era il titolo dato da Hotz a un evento di presentazione del 14 marzo 2016. Un motivo d’orgoglio, in un periodo appena precedente ad alcune notizie drammatiche per il più affermato marchio di vetture a guida autonoma che incappò perfino in un paio di gravi incidenti mortali, seppure poi imputati a troppa confidenza del pilota umano nel sistema automatico.
Purtroppo, o per fortuna se la vostra fiducia nella tecnologia sposa un generico buonsenso, l’amministrazione governativa americana US National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA) ha posto un freno alle speranze di gloria del progetto, sconsigliando alla neonata società di Hotz la messa in vendita del sistema per via dei danni che esso potrebbe arrecare alla vita delle persone, non rispettando i livelli di accuratezza dei progetti ingegneristici più avanzati e certificati.
I maliziosi imputano lo stop alla lobby delle corporazioni industriali dell’automobile, i realisti alle conseguenze che un collegamento stretto male con il cacciavite di casa possa sfilarsi, magari durante un sorpasso.
Comunque sia, il nostro giovane talento George ha cambiato direzione al suo progetto, definendolo un sistema avanzato di guida assistita e non più un kit per automobili a guida autonoma. Mossa che sulla carta non fa una piega. Sull’asfalto, vedremo.