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Raro pubblico dominio

12 Dicembre 2016

Raro pubblico dominio

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Tema difficile da trasmettere al grande pubblico e ancora più intricato se si guarda alla normativa. Ma ci si sta lavorando.

Come abbiamo più volte mostrato, il pubblico dominio è una specie sempre più rara se non addirittura in via d’estinzione. E – se mi passate la similitudine – possiamo dire che, come succede per gli animali a rischio, ormai è possibile ammirarne lo splendore nelle riserve e in apposite occasioni.

Una di queste metaforiche riserve è stato senza dubbio un evento di cinque giorni tenutosi a Torino dal 29 novembre al 3 dicembre scorsi: Il Pubblico Dominio #OpenFestival di Torino.

È stato un evento davvero denso e pieno di spunti, nato dal mondo delle biblioteche e rivolto all’intera cittadinanza, che si è proposto come un grande contenitore dove tutti hanno potuto avvicinarsi in modi diversi a questo tema delicato, ancora poco conosciuto al grande pubblico e troppe volte bistrattato e lasciato in ombra: il public domain inteso come bene comune per la società, un bene con indiscussa valenza etica e culturale, ma anche con potenziali ricadute economiche.

Oriana Bozzarelli dell’Università di Torino (Direzione Sviluppo Organizzativo, Innovazione e Servizi Bibliotecari), nonché una delle ideatrici e artefici dell’iniziativa, ne spiega così gli obiettivi:

Si è cercato di circumnavigare l’universo variegato del pubblico dominio, tema di per sé non facile non solo sotto il profilo concettuale ma anche sotto il profilo normativo. La questione è molto complessa ed è legata alle legislazioni dei singoli paesi e alle specificità dei diversi mezzi di espressione coinvolti. Basti pensare che i termini che decretano l’ingresso delle opere di un autore in pubblico dominio possono variare da stato a stato: 50 anni del Canada e del Giappone, ai 70 dell’Europa (con alcune eccezioni), ai 100 anni per il Messico, solo per citare qualche esempio.

In effetti abbiamo approfondito tutte queste complicazioni in un’apposita tavola rotonda (tenutasi il 2 dicembre al Politecnico di Torino), cui ha preso parte anche la dottoressa Laura Chimienti, esperta proprio nel calcolo dei termini per la caduta in pubblico dominio delle opere creative.

Nonostante ci sia poco da sperarci, il tema potrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere affrontato, innovato o magari solo semplificato in sede di approvazione della prossima direttiva europea sul diritto d’autore. Non a caso il festival si è aperto con un intervento di Julia Reda, eurodeputata del Partito pirata tedesco, che da anni si batte per un’armonizzazione della legislazione sul pubblico dominio in Europa e abbiamo già citato in tema di libertà di panorama. Commenta ancora Bozzarelli:

La consapevolezza dell’esistenza del pubblico dominio è una condizione necessaria per “liberare” le risorse ad esso collegate e metterle a disposizione di chiunque per il libero riuso e per renderle potenziali fattori di crescita sociale, culturale ed economica. Forti di questa consapevolezza, ma anche degli interessi economici in campo, intendiamo continuare a in un percorso di sensibilizzazione e di diffusione della conoscenza.

Anche Francesca Leon, assessore alla cultura della Città di Torino, in occasione della conferenza stampa di presentazione ha confermato il suo personale impegno futuro a sostegno del festival. Dunque, possiamo considerare questa edizione come il punto di partenza di un’esperienza che si ripeterà anche nei prossimi anni. Da quello che ho potuto vedere personalmente in questa prima edizione, i presupposti sono davvero buoni.

Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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