Home
Se il link diventa una questione di fiducia

28 Gennaio 2008

Se il link diventa una questione di fiducia

di

Colpa di un link. Dato, non dato, più o meno esatto e desiderato - e infine concesso sulla spinta delle proteste. Ma è davvero solo una questione di link, il caso della mancata citazione dell'autore di una serie di opere grafiche da parte di un importante quotidiano online?

Innanzitutto la storia. Un blogger e web developer italiano, noto in Rete con il nick Paul The Wine Guy (non vuole rivelare nome e cognome, dice al prestigioso Wired, per quieto vivere aziendale) qualche settimana fa inizia a pubblicare sul suo account di Flickr una serie di opere grafiche che chiama Understanding Art for Geeks. Il tentativo, evidente dal titolo, è quello di spiegare l’arte agli smanettoni: si prende un quadro più o meno famoso e lo si spiega attraverso interpolazioni della logica geek e degli strumenti tipici del web 2.0. E viceversa. Come ben scrive Elvira Berlingieri: «Oscar Wilde lo avrebbe citato come chiaro esempio della funzione del critico come artista nell’omonimo saggio: il simbolo artistico spiega quello geek e viceversa. Una goduria di rivelazioni per chi cova entrambe le passioni, e una sciarada affascinante per chi si perde il piacere di una delle due».

Understanding Art for Geeks, serie di Paul The Wine Guy su Flickr.com

Understanding Art for Geeks, serie di Paul The Wine Guy su Flickr.com

Da Slashdot al Corriere.it, quest’ultimo non cita la fonte

Queste geniali tavole di satira geek, grazie al passaparola e alla capacità di comunicare visivamente senza l’ostacolo della lingua italiana, fanno in pochi giorni il giro del web mondiale. La serie viene segnalata da Slashdot (così popolare da essere addirittura eponimo di un effetto, lo “slashdot effect“, che indica appunto le difficoltà che un link di un sito molto seguito può causare in termini di traffico e banda a un sito più piccolo e non attrezzato), giù fino a Drawn, Laughing Squid, il già citato Wired e molti altri in giro per il mondo. Il set su Flickr che raccoglie tutte le tavole raggiunge in pochi giorni centinaia di migliaia di visite – giusto per avere una idea dei numeri (e per quanto poco importino in questa storia). A segnalare le immagini della serie è anche il Corriere.it, che a) li usa per fare una gallery e b) non fa riferimento né al nome/nickname dell’autore né alla pagina che raccoglie tutte le altre opere (la mancata citazione è particolarmente fastidiosa – spiega Massimo Mantellini – perché riguarda opere grafiche che «hanno una quota di contenuto molto superiore a quello di una citazione testuale»).

Le tavole presenti nella gallery sul Corriere (ora modificata) erano originariamente accompagnate da una didascalia che recitava “da flickr.com” – con un riferimento al servizio di social network che accoglie la serie. Un riferimento inutile quanto uno che reciti “da Google”, o ancora più genericamente “da Internet” (fino a poco tempo fa, ahinoi, usanza diffusa). Inutile, per capirci, come una nota a piè di pagina in un saggio scientifico che riportasse come indicazione “dalla biblioteca”, oppure “dalla libreria”. Dopo decine di post di protesta che hanno seguito la pubblicazione della galleria, ora il caso sembra andare verso la sua più giusta e naturale soluzione, con il Corriere.it che dopo due giorni integra le didascalie delle opere grafiche con la segnalazione dell’autore e del link alla pagina di Flickr (sebbene – e forse per questioni tecniche – senza un vero e proprio link ipertestuale).

La citazione della fonte e le Creative Commons

Al di là della generalizzata “stigma” verso il comportamento del Corriere (non certo il primo o l’unico), la discussione che si è sviluppata in Rete si è spostata – più o meno consapevolmente – sul bisogno di riaffermare l’importanza di pratiche di comunicazione che per molti sono ormai automatiche, condivise e naturali. La corretta citazione (ipertestuale) della fonte è una pratica fondante del Web per come si è evoluto negli ultimi anni. Una pratica che è diventata insieme abitudine e regola di scrittura e/o lettura per centinaia di migliaia di persone grazie alla esperienza dei blog personali: la fonte va citata, e con un link. Affinché chi legge un mio post possa andare a leggere anche il contenuto che io cito, nella sua versione originale.

Questa pratica comunicativa è stata possibile grazie anche a una interpretazione morbida e (oserei dire) gentile del classico copyright del mondo “analogico”. Una interpretazione nuova, più flessibile – che di fatto origina e quindi meglio si adatta ai processi di creazione, pubblicazione e distribuzione dei contenuti tipici della società digitale. E che velocemente si è diffusa tra gli abitanti della Rete, che l’hanno accolta in modo del tutto naturale. Chi adotta, per esempio, le licenze Creative Commons (che hanno da poco compiuto 5 anni e sono diffusissime in tutto il mondo) sposa, per i contenuti che pubblica in Rete, una logica che invece dei tradizionali “tutti i diritti riservati” dice “alcuni diritti riservati”. Senza entrare nei dettagli delle sei diverse articolazioni disponibili, il punto centrale e comune è che queste licenze permettono ad altri di citare/usare/riutilizzare liberamente i contenuti originali prodotti – siano essi testo, foto, video, musica, grafica, disegno, ecc. Nella licenza più permissiva, i diritti che chi licenzia i contenuti con le Creative Commons mantiene per sé sono due: l’autore deve essere citato («devi attribuire la paternità dell’opera nei modi indicati dall’autore o da chi ti ha dato l’opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino te o il modo in cui tu usi l’opera») e i contenuti devono essere usati mantenendo la stessa licenza.

Il link come fluidificante delle conversazioni

Il primo diritto appare assai limpido – e da molti punti di vista. Dal punto di vista della legge sul diritto d’autore, è infatti il diritto morale a essere riconosciuto come autore di un’opera di ingegno (lo spiega sempre Elvira Berlingieri): un diritto univocamente tutelato da tutte le giurisdizioni, e peraltro inalienabile. Ma non solo. Perché la logica delle Creative Commons (che sono di fatto un prodotto della cultura dei network digitali) rispetta pienamente le grammatiche comunicative sottese al quotidiano “raccontarsi” della Rete.

Decidendo infatti di permettere a terzi di ripubblicare i propri contenuti, l’autore di fatto concede a quegli stessi contenuti la libertà e la possibilità di diffondersi più agevolmente nel mare del Web; ma al contempo desidera comunque venire riconosciuto come autore da chi quei contenuti li riusa. È una transazione comunicativa molto lineare, in fondo – ai limiti antropologici del dono; che è comunque uno scambio e che va ad incocciare facilmente in quella Economia della felicità analizzata da Luca De Biase nel suo ultimo libro. Io prendo un tuo contenuto dal Web perché mi piace o mi serve. È una cosa digitale quindi non te ne sto fisicamente privando – ma so che è tuo e quindi ti “ringrazio” esplicitando a tutti che quel contenuto è tuo. È come se dicessi pubblicamente: “ehi, guardate che non sono io l’autore di quello che stai leggendo/guardando/sentendo, ma lui o lei”. Con tanto di link.

Questo comportamento, da mera questione riguardante la correttezza privata di rapporti interpersonali (tra singolo autore e singolo lettore, tra citante e citato) all’interno di un contesto di Rete diventa, con uno scatto evolutivo di senso, una questione riguardante il bene pubblico, il buon funzionamento della Rete nel suo complesso. Attraverso l’uso del link che rimanda alla fonte (laddove ovviamente possibile) chi cita fornisce un ulteriore servizio a chi legge. Che può agevolmente farsi salmone digitale e risalire ipertestualmente al contenuto originario – e quindi farsi una idea in prima persona o scoprire nuovi contenuti interessanti. Non mettere un link quando l’autore è chiaramente individuabile e presente in Rete, è (al di là della questione eminentemente giuridica) una specie di tradimento di quella comunità di pratiche che è la parte abitata della Rete. L’esperienza inoltre insegna che un link ben messo fluidifica le conversazioni, facilita le interconnessioni tra persone e contenuti e permette la condivisione dei contenuti stessi tra i vari e spesso distanti nodi della Rete.

Il buzz negativo per chi non mette il link

La consapevolezza dell’importanza della pratica di una corretta attribuzione della fonte è ormai così diffusa che comportamenti diversi da quello appena descritto (un link non messo o messo male, per esempio) scatenano quasi sempre – una volta scoperti – una reazione decisamente negativa; che va dalla privata delusione alla vera e propria protesta pubblica. Un buzz negativo, come oggi si chiama: che peraltro si diffonde velocemente. Che non fa distinzioni di status, e riguarda indistintamente blogger e autorevoli player giornalistici: la barca (e la regola) è la stessa.

La domanda forse è invece un’altra: si può permettere il Corriere.it (ma lo stesso vale per la Repubblica.it e per qualsiasi altra testata giornalistica) un buzz così indiscriminatamente negativo come quello generato in questi giorni dal caso delle immagini non correttamente attribuite? All’estero, anche solo per questioni di mera opportunità (o forse perché la reazione è ancora più violenta, diffusa e veloce), i maggiori quotidiani online si guardano bene dal prestare poca attenzione a questo aspetto della vita di Rete. E citano sempre la fonte della notizia con link esterni; talora anche nel caso in cui è un concorrente diretto. Il fatto che, seppur dopo due giorni, il Corriere abbia modificato la gallery attribuendo correttamente la paternità dell’opera è un indicatore del fatto che le proteste sono, in qualche modo, arrivate – colpendo nel segno. Pur non conoscendosi a oggi i motivi della mancata attribuzione iniziale (e c’è chi, come Placida Signora, non se la sente di escludere questioni tecnico-ortografiche), e al di là della legittimità giuridica o dell’eventuale diritto di cronaca, non sarebbe stato meglio per tutti evitare? Citare la fonte sarebbe stato, in altre parole, un perfetto esempio di gioco win-win, con tutti contenti e tutti vincitori.

Una proposta concreta

In definitiva, non ne farei una questione di vita o di morte; il caso in sé è piccolo e ci sono certo questioni più esiziali. Non ne farei inoltre una questione di contrapposizione tra media mainstream e blogosfera. Casi di scorretta citazione della fonte sono all’ordine del giorno anche da blogger a blogger – in una sorta di “guerra tra poveri” che ogni volta scatena meccanismi di riprovazione simili a quelli rivolti oggi al Corriere per il caso specifico. Inoltre va detto che ci sono anche scorrettezze da parte di blogger a danno degli stessi media mainstream; il che per esempio fa dire a un Vanz piuttosto sconfortato «è solo l’economia della generosità nell’interpretazione dei mainstream media: voi rubate da noi, noi rubiamo da voi. E non è neanche detto che sia del tutto sbagliato».

Ne farei invece una questione di condivisione dell’importanza (vitale!) della pratica comunicativa sottesa alla citazione (ipertestuale) della fonte. Di una “cultura della citazione”: ancora appunto non perfettamente praticata da parte di tutti gli attori della Rete. Questa non perfetta condivisione (spesso generata da ignoranza più che da malafede) è negativa per una evoluzione dell’ecosistema di Rete – nel suo complesso e a prescindere dalle differenze di status dei singoli attori. Perché significa una strozzatura nel flusso di comunicazione e nello scambio di conoscenze ed esperienze tra i nodi dell’ecosistema informativo allargato che è oggi la Rete.

Al di là del singolo caso, e rispetto al recente passato, oggi c’è molta più consapevolezza delle potenzialità virtuose della Rete; lo stesso Corriere.it, per esempio, ha più volte pubblicato articoli pieni zeppi di link esterni. Inoltre credo che siano sempre meno anche gli ostacoli tecnici o le sacche di resistenza culturali o professionali. Certo: trovare e mettere i link è impegnativo, ma uno sforzo necessario e che ripaga (e la questione che i link esterni portano fuori gli utenti che invece dovrebbero rimanere confinati dentro il sito a visualizzare banner pubblicitari non l’affronto volutamente).

Io credo insomma che i tempi siano maturi (e rimando anche alle riflessioni che in questi giorni stanno facendo Giuseppe Granieri e il già citato Luca De Biase) affinché, proprio sulla singola, piccola-grande, questione del link esterno alla fonte, si possa arrivare all’apertura di un confronto vero e trasparente tra tutti gli attori dell’informazione online (testate online e blogger che su questo punto vogliono impegnarsi pubblicamente). L’obiettivo è quello di arrivare a un gentlemen’s agreement sulla questione – che tenga conto di tutti i punti di vista e che magari individui delle regole d’ingaggio condivise. Sarebbe un segnale importante, anche di metodo. Altrimenti teniamoci pure l’attuale cattiva o scarsa comunicazione, con le inevitabili incomprensioni e reazioni rabbiose e buzz negativi – che son poi tutte cose che purtroppo rischiano anche di andare nel mucchio dei V-Day di Grillo e di chi predica la sfiducia generalizzata.

Aggiornamenti: per dovere di cronaca, in tarda mattinata, dopo la pubblicazione di questo pezzo, l’autore delle opere citate ha deciso di togliere da Flickr e dal suo blog; i motivi li spiega in questo post. Inoltre nel pomeriggio il responsabile di Corriere.it, Marco Pratellesi, ha pubblicato un post di scuse sul proprio blog, richiamato in prima pagina sul sito d’informazione.

L'autore

  • Antonio Sofi
    Antonio Sofi è autore televisivo e giornalista. Consulente politico e sociologo della comunicazione, ha un blog dal 2003 ed è esperto di social network e nuovi media.

Iscriviti alla newsletter

Novità, promozioni e approfondimenti per imparare sempre qualcosa di nuovo

Gli argomenti che mi interessano:
Iscrivendomi dichiaro di aver preso visione dell’Informativa fornita ai sensi dell'art. 13 e 14 del Regolamento Europeo EU 679/2016.