L’analisi di quello che avviene nei social media e in Rete è componente chiave del marketing in generale e del web marketing in particolare, importante quanto l’abilità di costruire campagne di comunicazione e advertising efficaci.
Una specialista come Eleonora Cipolletta ha distillato la propria esperienza nel libro Social Media Analytics e ha accettato di rispondere a qualche domanda in merito.
Apogeonline: Questo libro è una polaroid, dice l’introduzione: una fotografia dello stato di un sistema che è in continuo mutamento. Quali sono le forze in gioco, e la posta?
Eleonora Cipolletta: Penso a tre parole: flessibilità, conoscenza e qualità.
Flessibilità: essendo un sistema in mutamento continuo e soprattutto veloce, se non si è flessibili e non ci si adatta ai trend e alle esigenze mutevoli, dinamiche, richieste, si è tagliati fuori dal mercato in meno tempo rispetto al passato. Siamo in un momento storico in cui, sul digitale e in particolar modo nell’ambito delle analisi e tecnologie di web listening, si sta andando ad una velocità elevata, sia per la richiesta di una parte del pubblico, sia per la pervasività delle innovazioni tecnologiche, sul fronte dell’intelligenza artificiale, che si stanno diffondendo con maggior impeto, diventando un argomento caldo e presente.
Conoscenza: la voglia di imparare e rimanere aggiornati è una delle chiavi, proprio per i motivi che ho appena esposto. A maggior ragione, se si vuole avere una visione quanto più completa possibile per muoversi con agilità e nelle giuste direzioni.
Qualità: in un mercato che inizia ad essere saturo di player, di offerta di tecnologia e di analisi quantitative fast, è fondamentale puntare su un prodotto distintivo. Per qualità intendo un’analisi mirata, di spessore, qualitativa, con dati rilevanti per la specifica esigenza. Se non andiamo oltre il mero dato quantitativo l’analisi perde di valore e di utilità. Ah, un’altra cosa importante: la metodologia. Per capire che tipo di dato stiamo leggendo è necessario un riferimento metodologico che ci chiarisca qual è il perimetro che è stato considerato per quell’analisi, a cosa fanno riferimento i numeri e le informazioni che stiamo leggendo. Diffidate da chi fornisce dati senza contestualizzazione né metodologia.
È noto da un quarto di secolo, con il Cluetrain Manifesto: anche se l’azienda non vuole parlare con i clienti, i clienti parlano tra loro dell’azienda e bisogna prendere atto che i mercati sono conversazioni. Ma quanto precisamente è importante la sfera degli earned media rispetto a quella degli owned media?
Gli earned media, ovvero le conversazioni che si sviluppano fuori dai presìdi proprietari del brand (pagina Facebook, account Twitter/Instagram, canale Youtube e tutti gli altri social network) rappresentano i media “guadagnati”, mentre gli owned media sono la sfera che possiamo considerare come più facilmente controllabile, essendo il “nostro” spazio, quello in cui pubblichiamo, moderiamo, decidiamo le regole del gioco (in parte) e qual è l’immagine che vorremmo dare di noi.
Si tratta di una distinzione convenzionale che permette di individuare delle sfere di analisi diverse, ma ormai necessariamente complementari. È importante avere uno sguardo sugli spazi web strategici per il nostro brand e utili al nostro scopo; se si sta parlando di un brand del settore tech, finanza o beauty non si potrà prescindere dall’ascoltare ad esempio i forum, spesso fonte trascurata e sottovalutata che riproducendo invece le dinamiche del botta e risposta tra utenti che si scambiano consigli e feedback tecnici, rappresentano un patrimonio ricco di informazioni.
Non sempre gli utenti esprimono le proprie opinioni sugli account ufficiali dei brand, spesso popolano community di nicchia che vanno scovate, ascoltate e analizzate. Non farlo significa perdere delle occasioni che potrebbero essere sfruttate da chi invece ne comprende le potenzialità.
Presidiare, oggi, solo i canali proprietari, è come avere una finestra sul mondo e decidere di tenere le persiane chiuse o appena socchiuse.
Se non puoi piegare le tue esigenze alla piattaforma, piega la piattaforma alle tue esigenze. Ok… adesso mi aiuti?
Certo, è sicuramente il tipo di progetto che prediligo e amo, complesso perché richiede esperienza e differenti competenze, ma molto sfidante e stimolante, oltre che di responsabilità.
Le esigenze sempre più specifiche, unite alla possibilità di avere accesso diretto alle informazioni in real time e poter mettere in comunicazione più fonti dati, online e offline, per trovare correlazioni utili, preservando privacy e sicurezza, fa sì che si stia assistendo ad un progressivo orientamento verso soluzioni avanzate di monitoraggio e controllo, sempre più spesso interne alle aziende.
Gli strumenti tecnologici di ascolto e analisi disponibili sul mercato sono numerosi e di diversa complessità e flessibilità, ma non è semplice trovare un unico tool che soddisfi le esigenze degli stakeholder interni, quasi sempre eterogenee e diverse.
E quali sono i vantaggi di questo approccio per il cliente e per il professionista?
Per il cliente si tratta di avere a disposizione uno strumento analitico pensato e strutturato sulle specifiche esigenze. Per lo specialista si tratta di individuare le esigenze espresse e inespresse di chi abbiamo di fronte (brand, agenzia, pubblica amministrazione, risorse umane…), capire qual è l’assetto analitico e tecnologico più idonei (individuare KPI, output utili, gli strumenti da considerare), studiare l’architettura tecnologica adeguata, pensare gli algoritmi alla base del funzionamento della macchina e scegliere come mixare gli elementi selezionati e studiati. Un mix di competenze strategiche, informatiche, ingegneristiche e analitiche.
Insomma, stiamo parlando di un supercervello che governa gli strumenti, che lavorano facendo sistema tra loro.
Si tratta di dar vita ad un vero centro di comando, in cui il passaggio dall’osservazione all’azione sembra quasi ridursi.
Il processo di disegno e costruzione di una soluzione customizzata, non è soltanto uno sviluppo di una dashboard, ma è soprattutto dotare l’azienda di un hub di smistamento di conoscenza e informazione, motivo per il quale risulta molto importante per la riuscita del progetto istituire fin da subito momenti di confronto con tutti gli stakeholder interni all’azienda su cui, in modo diretto o indiretto, questo progetto ricadrà.
Social Media Analytics contiene anche un capitolo sulla gestione delle crisi. Ma non è un argomento che per sua natura esce dalla strategia classica di monitoraggio e analisi?
Per i suoi caratteri intrinseci rappresenta un evento che non puoi prevedere, ma preparare il terreno in modo preventivo, per quanto possibile, ti darà un vantaggio in termini di tempistiche e lucidità. Le parole chiave sono: conoscenza, team e strumenti.
Conoscenza dello storico della tua azienda e di eventuali altre situazioni critiche già affrontate, di casi simili (non necessariamente appartenenti al tuo stesso settore) e come son stati gestiti, conoscenza del settore di appartenenza e delle dinamiche dei diversi canali, sicuramente aiutano ad avere una visione più completa.
Avere un team pronto e formato è fondamentale. Pianificate bene le risorse e i task. Coinvolgete le persone adatte al momento giusto: il tutti devono saper e poter far tutto non funziona in queste situazioni. L’essere attivo 24/7 nemmeno, organizzate turni e date modo di riposare. La lucidità è fondamentale, così come la motivazione per sopportare ritmi incalzanti e stressanti per periodi prolungati.
Abbiamo una buona strategia e conoscenza, un team, ma se non abbiamo in mano gli strumenti che ci permettono di attivare tutta la macchina e soprattutto di sapere quando farlo, il lavoro che abbiamo fatto finora possiamo considerarlo un puro esercizio di stile.
Dotatevi di strumenti efficaci quando non siete in situazione di crisi. Servizi di listening e alerting utili e flessibili che permettano di avere vantaggio competitivo e analitico: non fate dell’emergenza la routine. Tenete un monitoraggio, seppur light, sempre attivo e un alerting su parole particolarmente sensibili.
Dedichi attenzione anche alla differenziazione tra lavoro umano e lavoro delle macchine. Si parla moltissimo oggi di intelligenza artificiale e di algoritmi che minacciano, o già procedono, a soppiantare l’apporto umano. Com’è la situazione in questo ambito e come deve ragionare l’azienda a livello strategico? Reclutare buoni umani o buoni algoritmi?
Sono entrambi importanti, ancora meglio se ti doti di un buon umano che sia in grado di capire gli algoritmi buoni per te.
Non vedo le macchine come una minaccia, ma come una opportunità che può agevolare e arricchire il lavoro umano, ancora prezioso.
L’automatizzazione di alcuni processi alleggerisce il lavoro dell’analyst dando la possibilità di spostarsi su fasi più importanti di strategia ed estrazione degli insight, ma non si tratta solo di questo. L’intelligenza artificiale permette di rilevare con semplicità e sistematicità il verificarsi, ad esempio, di eventi ricorrenti, di trovare eventuali correlazioni meno esplicite, tracciare trend e trovare anche l’anomalia. Una delle citazioni che mi piace di più è di Bob Hawke:
Le cose più importanti non sono sempre quelle più rumorose.
Una volta che si hanno a disposizione tutte queste informazioni, diventa fondamentale la presenza di un analista in grado di leggerle, comprenderle ed estrarre degli insight utili per le attività del brand.
Si sente parlare tantissimo di IA oggi, ma in realtà applicazioni di intelligenza artificiale sono presenti da tempo, anche nella nostra quotidianità; non è un processo che si sta sviluppando in questo momento, semplicemente ci si è accorti in modo più forte e pervasivo oggi della sua esistenza ed è ora al centro di molti dibattiti.
La polaroid, si diceva. Il mutamento è continuo. Che evoluzione vedi nel futuro per il settore? Che indizi troviamo nel tuo libro?
Gli indizi presenti nel libro sono quelli che ho cercato di dare anche finora: machine learning e intelligenza artificiale applicata all’analisi e strumenti di monitoraggio ed analisi custom. Non si potrà prescindere da questo secondo me in un futuro imminente, forse già presente.
Per la mia esperienza personale, se fino a qualche tempo fa, al primo contatto con un fornitore di tecnologia, chiedevo informazioni specifiche sulle funzionalità dello strumento, ora una delle mie prime preoccupazioni è la possibilità di agganciarsi o meno alle API. La necessità è andare a prendere i dati direttamente alla fonte per farli comunicare con altre fonti dati, ancora meglio se tramite algoritmi ad hoc.
Hai una raccomandazione essenziale per una azienda che scopre oggi l’opportunità di fare social media analytics… e ha gia acquistato il libro?
Affidarsi ad uno professionista con esperienza che possa capire le reali necessità espresse ed inespresse: torno su questo punto perché nel corso degli anni ho visto che non sempre il brief dato dal cliente corrisponde effettivamente alle esigenze, o non totalmente e in modo esaustivo. Per incapacità o incompetenza? No, ma a volte c’è una grossa differenza tra quello che si chiede e quello di cui si avrebbe bisogno. Un bravo specialista è in grado di capire se c’è sovrapposizione tra le due cose o se è necessario ritarare il tiro e quindi ricavare esso stesso un brief sul quale lavorare. Quest’ultima è la direzione che preferisco, perché mi permette di lavorare meglio andando incontro alla soddisfazione del cliente.
Ogni brand/realtà ha una storia a sé e necessità diverse, ma in linea generale, personalmente preferisco un approccio incrementale. Accompagnare il cliente verso un sistema di monitoraggio prima basico e sufficiente, per passare gradualmente, una volta che si è vista la tangibilità ed utilità dell’analisi, a soluzioni più integrate ed evolute, andando ad incrementare via via strumenti, tecnologie, algoritmi eccetera.
Parallelamente a tutto ciò, và diffusa la cultura del dato in azienda perché deve essere creata e promossa una giusta predisposizione ed educazione alla lettura del dato. Analysis is not just for analysts. E questo è un processo che richiede i suoi tempi, ma a mio avviso è imprescindibile per la riuscita e soddisfazione di tutti.
Non ha senso avere una Ferrari per andarci in prima.