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Social Media Wine: 5 risposte per capire come comunicare il vino in rete (e riuscirci)

06 Febbraio 2020

Social Media Wine: 5 risposte per capire come comunicare il vino in rete (e riuscirci)

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Su Internet non si può degustare una bottiglia speciale nell’atmosfera intima e complice di una cantina. Si può però fare molto altro e una buona strategia sa aiutare anche con budget e tempi contenuti. L’importante è avere idee chiare e fare le cose bene.

Le risposte in questo articolo

1) È davvero possibile cominciare da zero, nel 2020, e portare al successo una cantina grazie (anche) ai social?

Non solo è possibile, è anche fattibile. Me lo sono fatta raccontare dai protagonisti di una storia vera di famiglia, vino e intraprendenza comunicativa.

Mirabeau sembra l’inizio di una commedia romantica: coppia di londinesi con tre figli piccoli, stanca del grigio e della pioggia, fugge in Provenza con il sogno di cambiare vita e creare un grande rosé. La differenza è che è tutto vero e ci sono riusciti.

Per un’azienda vinicola relativamente giovane (fondata nel 2010), senza una lunga storia alle spalle, la comunicazione, soprattutto digitale, è stata particolarmente importante per farsi conoscere. Grazie anche ai video molto creativi del capofamiglia sul come aprire una bottiglia con qualunque oggetto a disposizione, da una scarpa a un’infradito di gomma (How to open a bottle of wine — without a corkscrew a gennaio 2020 contava quasi 12,5 milioni di visualizzazioni su YouTube), che dimostrano come si possa fare comunicazione in modo originale, divertente e perché no dissacrante senza danneggiare l’immagine di una cantina (anzi!).

Come si siano affermati me lo racconta la cofondatrice Jeany Cronk, oggi anche social media manager dell’azienda di famiglia.

Mi racconta la vostra strategia social? Il famoso video della scarpa usata come apribottiglie lo conosciamo tutti, ma immagino ci sia ben altro, dietro.

I social media sono ormai una parte prominente delle nostre vite, personali e professionali. Il video della scarpa è stato un successo quasi per caso, non pensavamo sarebbe stato così apprezzato, ma ovviamente siamo felici che sia andata così. Negli scorsi tre anni abbiamo affinato la strategia, per esempio scegliendo una palette di colori ben definita, per dare coerenza, e cercando di produrre contenuti visuali belli e interessanti. Il nostro tono di voce è lievemente diverso sulle varie piattaforme: più giovane e leggero su Instagram, più istituzionale su Facebook, ma sempre molto semplice e con un pizzico di divertimento.

Per Mirabeau, un’azienda relativamente nuova, i social media sono stati d’aiuto per farla conoscere più rapidamente?

I social media sono stati da sempre utili per noi, ma ci abbiamo investito molto tempo, soprattutto all’inizio quando il budget per altre promozioni era limitato (e comunque, anche oggi stiamo molto attenti alle spese). All’inizio YouTube è stato il viatico migliore per raccontare le nostre storie, integrato da Facebook. Ma oggi lo strumento più rilevante per noi è Instagram, per i diversi influencer che riusciamo a coinvolgere a più livelli. Dato che il rosé è un prodotto molto visivo e il rosa è sempre un colore molto popolare, è stato relativamente facile creare immagini apprezzate, con le quali la gente ama interagire. È bello quando le persone ci scrivono di averci visto un po’ ovunque, grazie alle condivisioni e ai contenuti spontanei.

Quindi al momento la vostra strategia ruota soprattutto intorno a Instagram? E come vi regolate per quanto riguarda la pubblicità sui social media?

Sì, pensiamo sia la piattaforma più efficace in termini di comunicazione. Però abbiamo abbandonato la promozione pubblicitaria; la troviamo complessa e non sempre efficace, anche perché non siamo noi a vendere i nostri prodotti e quindi è più difficile veicolare un messaggio diretto. Preferiamo investire i soldi non in pubblicità esplicita ma lavorando con gli influencer e i loro network. Per la pubblicità va meglio su Facebook, dove è più facile individuare il target e il messaggio giusti.

Gestite i social media da soli o con l’aiuto di un’agenzia?

Gestiamo quasi tutto internamente, con un po’ di aiuto da parte della nostra agenzia di PR.

La strategia del vostro canale Instagram, davvero molto ben curato, è basata sul codice colore, con un trionfo di rosa che richiama i vostri vini. Quali sono i punti cardine della strategie sulle altre piattaforme?

Siamo meno rigidi rispetto al colore su Facebook, dove invece preferiamo fornire i dettagli del nostro lavoro, del backstage e della vita fra vigna e cantina. Instagram è fatto per sognare, e quindi lavoriamo molto sulla costruzione dell’immagine: allestimento, luci, inquadratura, tutto deve essere perfetto.

Quali sono le vostre iniziative per aumentare l’interazione? Create contest, giveaway o altro…?

Prima di tutto, cerchiamo di rispondere a ogni interazione, sia ai commenti pubblici sia a quelli privati. La base della nostra strategia è trattare tutti con interesse e gentilezza. Poi sì, organizziamo giveaway di vino ma anche di prodotti di lifestyle sui social, di prodotti nostri e di partner terzi, con i quali collaboriamo.

Ha qualche numero da condividere per raccontare il vostro successo sui social media?

È difficile, perché non vendendo direttamente, non abbiamo numeri di vendita che dimostrino l’efficacia dei social. Usiamo i social media per costruire e rafforzare il brand anziché per creare lead o sales generation. Però posso dire che i nostri follower sono cresciuti del 50% negli ultimi sette mesi, grazie soprattutto alla coerenza delle immagini e dei post e agli ultimi contest e giveaway.

Il video della scarpa-cavatappi ha generato oltre 12 milioni di visualizzazioni per Mirabeau.

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2) Abbiamo esperienza di vino, non di rete o comunicazione. Come facciamo a decidere i contenuti?

Google Alerts, in italiano Google Avvisi, e Google Trends sono due tool molto utili, facili da usare e gratuiti, per avere sempre sottomano contenuti utili con cui arricchire il piano editoriale e sapere quali sono gli argomenti più caldi in rete in tempo reale.

Google Alerts permette di creare avvisi (in numero a piacere, con le chiavi di ricerca preferite, nelle lingue desiderate) e di ottenere in posta elettronica tutti i contenuti nuovi indicizzati da Google relativi alle chiavi di ricerca che abbiamo selezionato. Suggerimento extra: creiamo un alert anche per il nome dell’azienda (per essere informati puntualmente se qualcuno parla di noi online) e, se siamo molto visibili anche a livello personale, anche per il nome e cognome racchiuso tra virgolette alte, così: “Barbara Sgarzi”. Nessuna citazione, commento o riferimento personale o all’azienda ci sfuggirà.

Creare un avviso Google per la parola vino

Creare un nuovo avviso, per esempio, per la parola “Vino”.

Google Trends esaspera questo concetto più nel dettaglio, lavorando su una mole di dati notevole. È un potente strumento di analisi dei big data che costituiscono le domande che tutti noi, ogni giorno e in tutto il mondo, facciamo al motore di ricerca.

Partendo dal presupposto che quando andiamo su Google esprimiamo un bisogno vero e palese (per esempio: quale vino abbino al Pad Thai?), Trends analizza tutte le ricerche che facciamo, aggrega i dati, li rende anonimi e fornisce i picchi di crescita nel tempo nella ricerca di parole, termini e nomi. Elabora in tempo pressoché reale una quantità strabiliante di dati e restituisce i valori relativi, ossia la crescita di interesse in un Paese e in un periodo di tempo per una data chiave di ricerca.

Ovviamente non esprime un sentiment, cioè non ci dice se i picchi di interesse e quindi di ricerche sono legati a un’emozione negativa o positiva: ci restituisce solo il dato neutro, chiarendo come una determinata parola, in un periodo di tempo, ha visto un improvviso risveglio nell’interesse di chi cerca su Google.

Le modalità di utilizzo sono essenzialmente due: la prima è una sorta di classifica. Dalla homepage, selezionando in alto a destra il Paese del quale vogliamo ricevere i dati (Italia, ma anche, qualunque altro Paese in cui la ricerca Google è operativa, oppure tutto il mondo, con l’opzione Worldwide), è possibile avere una selezione dei termini più cercati dai navigatori in quel dato Paese, nelle ultime 24 ore o in tempo reale.

Dalla homepage è possibile guardare anche il documento A Year in Search, pubblicato ogni anno a gennaio, che fornisce curiosità e statistiche con i termini più ricercati in vari settori nell’anno appena trascorso.

Google Trends in Italia

La pagina delle tendenze Google per l’Italia.

Per quanto riguarda la seconda modalità, decisamente più interessante e personalizzabile, è possibile digitare autonomamente una qualsiasi chiave di ricerca e ricevere all’istante il grafico dell’andamento delle ricerche nel periodo di tempo selezionato (il default riguarda gli ultimi 12 mesi, ma si può appunto modificare, partendo dal 2004 e arrivando fino all’ultima ora) con evidenziati i momenti di picco. Il picco massimo per il periodo di tempo scelto è parametrato a 100 e tutti gli altri punti sono calcolati di conseguenza. La cosa interessante è che oltre a modificare il lasso di tempo si può comparare la chiave di ricerca con altri termini, fino a un massimo di 5.

Tenere d’occhio i trend aiuta a capire qual è l’interesse nel tempo per i nostri prodotti (vitigni, territorio, regione, ma anche località scelte per l’enoturismo) e dove si concentra in un dato momento l’attenzione dei navigatori. Con queste informazioni alla mano è possibile produrre e pubblicare sul sito e sui social contenuti che vadano incontro alle loro esigenze. Tutto questo è fattibile per tutti i Paesi del mondo.

Esattamente come Alerts, anche Trends ha il suo sistema di avvisi (si chiamano Subscriptions in inglese oppure Iscrizioni in italiano) che permette sia di ricevere nella mail, tutti i giorni, la classifica delle tendenze che di creare degli avvisi per qualunque parola e di venire avvertiti se in un dato momento, per quella parola o chiave di ricerca, si verifica un picco di interesse su Google.

Insomma, stiamo parlando di un focus group aperto 24 ore su 24, gratis e basato su tonnellate di ricerche fatte quotidianamente da tutti noi.

Ricerca comparata di vini su Google Trends

Comparazione delle ricerche negli ultimi dodici mesi per cinque vini italiani, dove si vede che il periodo natalizio è il più ricco per tutti.

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3) Abbiamo il polso dei nostri clienti, ma non sappiamo chi ci segue attraverso i social. Chi sono oggi generalmente i consumatori?

Secondo i dati di Mercato Italia – Gli italiani e il vino, tra i criteri con i quali più spesso viene scelta una bottiglia ci sono il territorio di produzione, la denominazione e il vitigno.

Circa un quarto degli italiani non sa cosa sta bevendo. Il vino, nei non conoscitori, genera una sorta di timore reverenziale. C’è sempre la paura di non saper ordinare la bottiglia “giusta” al ristorante, soprattutto se la lista è molto ricca, di spendere troppo, di apparire goffi e di fare la classica brutta figura. Tanto che la scelta del second cheapest wine è diventata una battuta comune al ristorante o in enoteca e i video umoristici in proposito spopolano su YouTube (per esempio Second Cheapest Wine). Non si sceglie il vino più a buon mercato, per non apparire tirchi, ma si punta sul secondo più economico, sperando in una qualità media, senza doversi per forza svenare.

La perfida ironia di College Humor sul secondo vino più economico.

In questo panorama, quindi, la prima cosa è capire a chi stiamo parlando.

Molti ricorderanno forse il quadrato semiotico dei Winelovers, commissionato anni fa dalla cantina Bosco Viticoltori all’istituto di ricerche di mercato Squadrati di Milano per incasellare gli amanti del vino in modo ironico ma puntuale in varie categorie di consumatori. Presentato al Vinitaly 2014, è ancora molto condiviso e proprio divertente.

Il quadrato semiotico dei Winelovers

Il quadrato semiotico dei Winelovers.

Vincenzo Russo, docente di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing e Direttore Scientifico del Master in Food and Wine Communication dell’Università IULM di Milano fa sua invece una categorizzazione dei consumatori molto più dettagliata (Comunicare il vino. Tecniche di neuromarketing applicate, a cura di V. Russo e P. Marin, Guerini Next, 2016), che sintetizzo qui:

  • consumatori conservatori, conoscitori e bevitori di vino, in prevalenza maschi, per il 40% bevono ogni giorno, s’informano sul vino ma scelgono vini già conosciuti;
  • consumatori affascinati dall’immagine, anche loro in prevalenza maschi, per il 40% bevono ogni giorno, cercano informazioni sul vino per conoscere nuove etichette, pensano che a un prezzo più alto corrisponda un vino migliore;
  • consumatori bevitori di base, spendono poco, bevono meno dei precedenti, si fanno guidare da brand di cantine molto note;
  • consumatori sperimentatori, con alta conoscenza del vino, amano bere (il 40% degusta tutti i giorni), vogliono provare nuove esperienze, non si accontentano dei brand già noti anche se li apprezzano;
  • consumatori guidati dal piacere, in genere più giovani e in maggioranza donne, amano l’aspetto di condivisione social e del vino, bevono solo in determinate occasioni ma amano provare cose nuove e sono più influenzati degli altri dalle etichette, dal packaging e dalla bottiglia.

È chiaro che ogni comunicazione sul prodotto vino non può prescindere dal capire a che tipo di consumatore stiamo parlando; almeno a intuirlo, ad avvicinarsi il più possibile.

Soprattutto sui social media, dove non è chiaro da subito a chi arriverà il messaggio, cerchiamo di essere divulgativi, trasversali, accattivanti. E ogni volta che è possibile, di regalare informazione e conoscenza del vino.

A proposito del gruppo dei consumatori guidati dal piacere, il segmento delle giovani donne, spesso straniere, che fanno turismo nel nostro Paese è in grande crescita e soprattutto molto utile per le condivisioni sui social media. Spiega Ilaria Nidini di Tenuta Santa Maria Valverde in Valpolicella, da me intervistata per Donna Moderna (La carica delle donne del vino su Instagram) il 6 giugno 2019:

Ospito sempre più di frequente giovani donne tra i 18 e i 30 anni, spesso straniere, che viaggiano con amiche o anche da sole e dedicano tempo e cura a creare selfie o video delle degustazioni. Alcune ci regalano delle perle: una ragazza cinese ha postato un video bellissimo in cui spiega le caratteristiche della Valpolicella nella sua lingua. Contributi che noi non potremmo mai realizzare, ma ci arrivano “in dono” dalla rete. Com’è possibile ignorare strumenti del genere, oggi?

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4) In che panorama mi inserisco? Qual è lo stato dell’informazione sul vino nei social?

Uno dei punti di partenza è la ricerca Il gusto digitale del vino italiano, pubblicata da Omnicom PR Group Italia, che ogni anno esamina l’attività social delle prime 25 aziende vinicole italiane per fatturato (scelte secondo la classifica Indagine sul settore vinicolo, a cura dell’Area Studi Mediobanca. Milano, 12 aprile 2018).

Online se ne trova una buona sintesi su Instagram re dei social per le aziende di vino (+71%).

  • Piattaforme. Boom di Instagram che continua a crescere rispetto agli altri social, con un incremento di follower del 71% rispetto al 2018, segno di un crescente interesse verso il social network da parte dei brand ma anche da parte dei giovani, per i quali è la piattaforma prediletta, verso il mondo del vino. Non solo: oggi sono 17 su 25 le aziende ad avere un account ufficiale (contro le 15 del 2018 e le 6 del 2014). Ricordiamo che lo scorso anno, nel confronto tra 2014 e 2018, Instagram aveva fatto registrare un incredibile +8,354% nel numero dei follower.
  • Facebook rimane stabile. Sono 21 aziende su 25 ad avere una pagina ufficiale, mentre migliora la frequenza di aggiornamento settimanale (84% delle cantine nel 2019 contro il 72% del 2018). YouTube e Twitter non invertono il trend negativo degli ultimi anni, risultano poco presidiati e aggiornati: il primo utilizzato spesso come archivio per ricondividere contenuti, il secondo per comunicare, ma in modo sporadico, news sull’azienda.
  • Inizia a migliorare l’ecommerce. Se nel 2018 solo tre aziende presentavano una sezione dedicata sul proprio sito, mentre la maggioranza delle cantine preferiva affidare le vendite online a piattaforme specializzate, quest’anno le cifre sono raddoppiate: sei aziende attuano una vendita diretta dal proprio sito.
  • Contenuti. Sono cambiati molto nel corso degli anni e riflettono il cambio di sensibilità, di interessi e perché no, anche alcune mode. Tutte le aziende menzionano oggi, a vario titolo, i vitigni autoctoni (nel 2018 erano il 64%, nel 2014 solo il 19%). Continua a crescere il tema dell’enoturismo: 13 cantine su 25 (52%) fanno riferimento a percorsi di degustazione (nel 2018 erano il 40%, solo il 15% nel 2014). Interessante anche, tra i nuovi contenuti condivisi sui social, il trend del food pairing (abbinamenti vino-cibo) che vede 10 aziende su 25 protagoniste.

Infine, nel 2019 il 100% delle aziende (era il 76% nel 2018 e il 37% nel 2017) tratta il tema della sostenibilità menzionando certificazioni, efficienza energetica, gestione sostenibile delle risorse naturali e agricoltura priva di pesticidi.

Ancora agli albori, ma interessante da osservare (magari anche per essere fra i primi che iniziano a parlarne e posizionarsi al meglio nelle ricerche sull’argomento), la narrativa sulle iniziative di responsabilità sociale che oggi approfondisce soprattutto le attività legate all’arte e alla cultura. Per il momento, ne parlano solo sette aziende su venticinque.

  • Lingue e risposte (poche). Oltre all’italiano, le aziende scelgono di comunicare per lo più in inglese sui loro siti e account social. Nel 2019, dopo la madrelingua, abbiamo l’inglese (21 cantine su 25) seguito da tedesco (7 su 25), cinese (3 su 25) e russo (2 su 25). Sui canali social, 10 aziende su 25 propongono contenuti in lingua straniera. Di queste 10, solo 5 hanno pagine dedicate per intero a mercati esteri.

Le lingue straniere più utilizzate dalle principali aziende vinicole

Le lingue straniere più utilizzate dalle prime 25 aziende per fatturato sul sito e sui social.

Note dolenti per quanto riguarda quello che dovrebbe essere un caposaldo della comunicazione digitale, ossia l’interattività con i clienti e la risposta pronta. Per ciò che concerne le chat, infatti (quasi tutte su Facebook Messenger), solo 12 aziende su 25 hanno risposto in maniera puntuale a richieste di informazioni che fungevano da test per la ricerca. E non c’è niente di più snervante, lo sappiamo bene quando i consumatori che domandano siamo noi, di avere la promessa di una chat in tempo reale o quasi e aspettare poi invano una risposta.

  • Suggerimenti per il futuro. In cerca di innovazione nel settore? Potrebbe essere la produzione di podcast. Nonostante siano di tendenza e abbiano risultati lusinghieri (Il podcast non è la radio, ecco perché e come funziona, Francesca Milano, Il Sole 24 Ore, 16 giugno 2019), perché soddisfano l’attuale desiderio di informarsi nel momento e nella situazione in cui si ha tempo e modo di farlo, nessuna azienda vinicola delle 25 prese in esame li offre.

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5) Vorrei aprire un canale Instagram sulla mia cantina, ma non ho molta esperienza. Come si fa a non sbagliare?

L’apertura di un canale Instagram è molto consigliata per l’argomento vino, con lati sui quali riflettere. Nessuna apertura di un nuovo account sui social media si improvvisa, ma su Instagram meno che altrove. Richiede una progettazione accurata, un taglio estetico chiaro e coerente, l’attenzione alle tendenze internazionali, la capacità di scrivere caption che completino l’immagine in modo perfetto (magari in inglese o bilingui) e, soprattutto, la materia prima: foto belle, professionali, che contribuiscano a creare un’immagine precisa dell’azienda.

Se disponiamo di ciò che segue, è tempo di buttarsi nell’avventura di Instagram: splendide foto, oppure la possibilità di farle o acquistarle; un’idea chiara dell’immagine da far emergere: può essere legata a un colore, a una luce, alle sole immagini delle bottiglie o al contrario al lavoro in vigna; ma ci deve essere un’idea guida, un angolo, un punto di vista che vi faccia da bussola; una o più persone che gestiscano l’account con cura e costanza e siano bravi anche con i video e le Stories.

Soddisfatti questi tre prerequisiti, ecco una checklist per aprire o migliorare un account Instagram.

  • Prestare molta attenzione alla scelta dell’immagine profilo. Per un’azienda sarà il logo, che deve essere chiaro, leggibile e coerente con gli altri loghi che si trovano online sul sito o su altre piattaforme; oppure per un sommelier, un wine writer o un professionista della comunicazione, sarà una bella foto in primo piano, riconoscibile, senza occhiali da sole, animali domestici o altre persone nell’inquadratura. Sì, un bicchiere è consentito, anzi consigliato!
  • Creare un set di hashtag condiviso fra tutti quelli che useranno l’account per utilizzare il più possibile sempre gli stessi ed essere coerenti. Oltre a quelli comuni, immaginiamone alcuni più di nicchia (relativi magari alla zona geografica, ai vitigni, agli argomenti dei quali ci occupiamo) e possibilmente uno solo nostro, che contenga il nome dell’azienda e identifichi il vostro contenuto.
  • Creare un’estetica, come già detto: le foto, pur nella loro diversità, devono comporre un’immagine identitaria, avere lo stesso stile, lo stesso angolo di lettura.

Ecco i consigli di gestione da un esperto: Emanuele Trono, il giovane fondatore di Enoblogger (circa 88 mila follower), realtà di consulenza e creazione di contenuti, che per parlare di vino ha scelto Instagram come piattaforma d’elezione.

Impostare una strategia che duri nel tempo, ma che sia flessibile: l’algoritmo di Instagram cambia molto spesso, bisogna cambiare insieme a lui.

Studiare i dati di traffico e agire di conseguenza: per esempio io, che nel feed ho un pubblico per la maggior parte internazionale e quindi scrivo i testi in inglese, ho deciso invece di parlare in italiano nelle Stories, perché ho scoperto che la maggioranza di chi mi segue lì è italiano;

Diversificare le modalità di comunicazione: il feed deve essere curato in modo impeccabile. Se non abbiamo una foto eccellente, evitiamo di postare quel giorno. Nelle Stories, invece, postare tutti i giorni o comunque più di frequente e metterci la faccia. Abbiamo una foto non bella, ma assolutamente da condividere? Le Stories. Funzionano bene, ma dopo 24 ore spariscono senza lasciare traccia e non inquinano il feed.

Sperimentare IGTV. A differenza di YouTube, la tv di Instagram non richiede video di qualità eccellente per ottenere buoni risultati.

Trovare la propria voce. I testi che accompagnano le foto vanno curati con attenzione: se i follower sono abituati a un racconto, lo attenderanno sempre e lo leggeranno. Nelle Stories, metterei in guardia verso l’abuso di Gif ed effetti. Possono essere divertenti, ma se si esagera risultano infantili e stucchevoli.

Fare pubblicità responsabilmente. Sponsorizzo post sia sul mio profilo che su quello dei clienti che gestisco. L’advertising è fondamentale per crescere perché la crescita solo organica su Instagram è davvero difficile. Un consiglio: pianificare le sponsorizzazioni da parte del Business Manager di Facebook, è migliore e più efficace per costruire audience personalizzate.

Chateau Darius su Instagram

Grazie al lavoro di Flavien Darius Pommier, Château Darius ha sposato il Bordeaux con i social media puntando solo su Instagram e su follower di alto livello.

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Questo articolo richiama contenuti da Social Media Wine.

unsplash-logoImmagine di apertura di Luke Schobert

L'autore

  • Barbara Sgarzi
    Barbara Sgarzi è giornalista professionista con oltre vent'anni di esperienza. Ha partecipato al lancio di Yahoo! Italia nel 1998 e da allora ha seguito l'evoluzione della comunicazione in Rete. Ha lavorato con Condé Nast e RCS Mediagroup, occupandosi della formazione delle redazioni all’uso dei media digitali, e con Google News Lab come Fellow Media Trainer. È sommelier AIS, ha tenuto speech e consulenze per produttori e comunicatori delle aziende vinicole e collaborato con il Social Media Team di Vinitaly. Scrive per Viniplus e per il sito AIS Milano, collabora ai social media di AIS Lombardia.

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