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Spunti per progettare etichette parlanti

07 Febbraio 2017

Spunti per progettare etichette parlanti

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Una buona User Experience è composta da etichette leggibili che guidano la navigazione utente verso i contenuti.

Tempo fa abbiamo accennato ai punti cardinali del buon design per un sito web o app. Tra le attività principali di una buona user experience (o people experience) figura sicuramente l’architettura dell’informazione, alla quale è sempre bene dedicare del tempo; il miglior tempo speso in fase di design, aggiungerei.

Le tecniche per progettare una buona architettura dell’informazione sono tante e numerose e non basterebbe lo spazio per compilare un elenco esaustivo. Architecta è sicuramente la migliore fonte di informazione da consultare per prendere spunto su tecniche e strumenti. Tra gli strumenti più usati sicuramente potrei citare Excel (c’è chi lo odia, io lo adoro), ma anche Google Slides (il corrispettivo di PowerPoint), utile per strutturare etichette volanti da far spostare e raggruppare agli utenti anche in sessioni a distanza. Il più tradizionale e utile rimarrà per me il Card Sorting (con pennarelli e post-it), che il più delle volte porta alla scoperta di interessanti e nuove nomenclature. Afferma Yvonne Bindi nella sua intervista recente su Language design:

L’architettura dell’informazione mette al centro l’utente e gli progetta attorno esperienze e soluzioni di business. Le informazioni che riceviamo sono spesso inadeguate: a volte sono troppe, altre sono troppo poche e spesso non sono esattamente l’informazione di cui abbiamo bisogno. Una buona architettura fa ordine tra le informazioni, aiuta le persone a individuare ciò che cercano e suggerisce percorsi e soluzioni. Ogni oggetto, prodotto, servizio, acquisisce valore e diventa più comprensibile quando è inserito in una rete di relazioni. I principi dell’architettura dell’informazione sono applicati nella progettazione e realizzazione di siti web, applicazioni, percorsi nelle biblioteche, aeroporti e sempre più in quelle esperienze dette cross canali in cui le persone attraversano i piani della realtà, digitale e fisico, per fare ciò di cui hanno bisogno.

Ma come funziona l’architettura dell’informazione delle etichette?

In Information Architecture si definiscono le etichette come elementi parlanti delle interfacce che dovrebbero accompagnarci nella navigazione e nel capire dov’è quello di cui abbiamo bisogno. Le etichette sono sempre associate e dipendenti da contenuto, utenti e contesto. Questo vale anche in ambito analogico. Sarà capitato a tutti di applicare le etichette zucchero e sale ai barattoli dopo avere assaggiato un caffè salato. Le etichette devono avere le seguenti caratteristiche:

  • Parlare lo stesso linguaggio degli utenti (seconda euristica di Nielsen, corrispondenza tra il sistema è il mondo reale).

  • Anticipare il contenuto al quale sono associate.

  • Essere chiare e non creare troppe domande da parte dell’utente. Qualora lo facessero, fornire subito le risposte.

  • Essere significative (quando sono nuove) per gli utenti: testare la loro presenza con gli utenti e valutare se, per essere comprese, devono essere cliccate o toccate.

  • Dialogare in linguaggio naturale e non gergale.

  • Comunicare la loro relazione reciproca di genitori, figli e fratelli.

  • Mostrare titoli ovvi e semplici e sottolineare la loro sequenza.

  • Essere uguali attraverso le diverse pagine o sezioni, per mantenere il senso di familiarità.

  • Avere anche lo stesso significato, oltre a essere uguali.

  • Evitare note aggiuntive che spieghino il significato dell’etichetta. Deve essere autoevidente.

  • Essere grafiche in sistemi di navigazione ridotti e contenuti. Suggeriamo di esplorare la ricca libreria (in continua crescita) di Google Material Design.

material-design-icons.png

Le icone parlanti… così come sono concepite nel material design di Google.

 

Spesso le etichette non possono essere misurabili sull’efficienza, perché non si può partire dalla presunzione che possano (e debbano) essere comprese dalla totalità degli utenti, ma devono essere comprensibli per la maggior parte di loro. Per questo è sicuramente di aiuto creare linee guida, magari con l’aiuto di un UI Designer, per trovare la giusta combinazione di pattern e sfumature, invece di applicare supposte regole incontrovertibili da noi immaginate.

Il linguaggio delle etichette, così come l’architettura dell’informazione, a volte può sembrare più un’arte, da acquisire con il tempo, l’esperienza e l’aiuto degli utenti, che una scienza.

Come anticipato in Interfacce Anno Zero, la prossima interessante sfida averrà domani con le interfacce vocali le quali, probabilmente, richiederanno una nuova e completa metodologia di progettazione delle etichette parlanti… in tutti i sensi.

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