È di mia moglie, ma fa lo stesso. La fanciulla è stata investita dal commercialista del compito di andare sul sito dell’Agenzia delle Entrate per visionare il modello 730 precompilato, per evitare perdite di tempo e spese.
Finalmente la rivoluzione digitale della Pubblica Amministrazione comincia a dare frutti, mi sono detto. Dopodiché me ne sono disinteressato. Cosa vuoi che sia l’inserimento di poco più di un codice fiscale per guardare da una pagina web un documento che, per di più, è già stato predisposto?
È così che ci siamo ritrovati in quattro a cercare di ragionare sul da farsi, intorno a un MacBook aggiornatissimo ed efficiente, ma ignaro del caso che doveva risolvere: l’accesso al sito dell’Agenzia delle Entrate tramite la Smart Card, detta anche Carta Regionale dei Servizi o addirittura Carta Nazionale dei Servizi, perché al momento esistono tutte e due.
Facile, sulla carta
Si dà il caso che la fanciulla, i cui dati erano gelosamente custoditi nel sito dell’Agenzia, abbia ricevuto una nuova carta, per scadenza naturale della vecchia. Ovviamente, ma anche qui non troppo, il PIN associato alla stessa è cambiato. Questo significa che possediamo un foglio in cui metà del nuovo PIN è in chiaro, l’altra metà ricevibile tramite SMS dopo apposita procedura. Va bene, procediamo.
Il lettore di Smart Card l’avevo ricevuto gratuitamente insieme all’acquisto di un quotidiano, qualche anno fa. Non c’è problema, l’avevo anche già utilizzato con successo, ma ovviamente non sull’attuale computer. In breve: l’URL punta al sito della Regione (e giustamente, la carta è regionale. Anche se mi serve per accedere ad un servizio nazionale il software per farla funzionare è lì, in Regione). Scarico il software compresso, lancio l’installazione, Mac mi avverte che è una fonte non certificata e mi blocca, ma anche qui c’è la possibilità di forzare l’installazione e quindi, avanti.
Sviluppatore non certificato? Ma non è un ente statale? Bah, è solo un tecnicismo di certificati mancanti, faccio finta di nulla. Installazione riuscita, la carta non viene letta. Ritornare sul sito, accorgersi che per l’ultima versione del sistema operativo Apple c’è un apposito driver da scaricare, scaricarlo, riavviare. Scusate, softwaristi.
Non è che una procedura batch di installazione possa riconoscere automaticamente la versione del sistema operativo e adeguarsi automaticamente, andandosi a prendere i pezzi giusti? Queste erano cose che succedevano nel 1985, quando facevo il caporedattore di una delle due uniche riviste italiane di informatica (si lo so, è l’autoincensamento, ma l’ho detto solo per avvertirvi che un po’ di esperienza credevo di essermela fatta, e invece no).
Comunque ci siamo, la carta si legge. Ora è un gioco da ragazzi, basta entrare nel sito dell’Agenzia, che tutto sa di tutti, e abbiamo risolto. Mezz’oretta già passata, niente di drammatico. Avviato Safari, link per l’accesso con Smart Card. Forbidden. Proibito. Così c’è scritto. Controlla, riprova e ricontrolla.
Dubbio: e se fosse il browser? Perché è risaputo che una normale casalinga che usa ormai tranquillamente il suo computer per quasi tutto, ha anche sempre saputo che tra i diversi programmi che fanno esattamente la stessa cosa ci possono essere differenze tali da impedire l’accesso in modo del tutto arbitrario.
Certo, saranno le impostazioni, i certificati, le preferenze impostate male o semplicemente una versione poco aggiornata. Ma Forbidden è una parolaccia e fa rimanere male comunque. Nel caso in questione però ci sono io, l’esperto. Basta passare a Chrome, cosa vuoi che sia, il mondo Apple è sempre stato mal digerito dai programmatori abituati a quell’elefante di Windows, eccetera eccetera.
Luoghi e browser comuni
Di luoghi comuni è pieno il mondo, lo sono anch’io. Eccoci a Chrome, ultima versione, tutto predisposto per qualunque evenienza. Forbidden. L’asso nella manica ce l’ha uno dei miei figli, anche loro cresciuti involontariamente (per quello che riguarda la mia volontà, intendo) bene, e informatico di professione.
Come non riconoscergli di avere preso molto dal padre? È passato a Firefox. Altro programma che notoriamente le casalinghe usano in alternativa… Ovviamente lì ha funzionato tutto e la fanciulla mi ha chiesto perché. Ho rimandato la spiegazione a quando la vecchiaia non ci darà altri argomenti per stare assieme. Cioè, siamo arrivati finalmente alla pagina di autenticazione alle procedure online dell’Agenzia.
Ciò ha richiesto l’inserimento di un altro paio di PIN, il cambiamento di qualche password, il ricorso ai codici PUK (i codici della disperazione quando hai fatto tanti tentativi da mandare in crisi la sicurezza del sistema) e poche altre procedure tra messaggi SMS ricevuti per conferma e PDF da scaricare o stampare e tenere nel cassetto per non dimenticarsi il tutto (consiglio dello stesso portale dell’Agenzia).
Il 730? Ovviamente compilato, ma ci vorrà comunque l’intervento del professionista, perché alcuni dati non sono coerenti con parte della documentazione che abbiamo in mano. Non fa nulla, è il primo anno che lo facciamo online. Sarà colpa nostra, ne siamo sicuri.
Prossimamente
Ora però mi devo svegliare. Sarà stato un brutto sogno. Siamo nel 2017, non può essere accaduto realmente. Ho un conto in una banca dove la mia password è la mia voce. Ed è una banca. Ma già vedo in lontananza l’indice puntato di un funzionario della PA: usa lo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale! È vero, non mi ci sono ancora avvicinato. Ma forse avete anche capito perché.