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Teoria e pratica del passaparola

14 Luglio 2009

Teoria e pratica del passaparola

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Nasce l'associazione dei professionisti del word of mouth marketing e si dà subito un codice etico. Ma i confini dell'etica e dell'efficacia sono ben difficili da tracciare

Mentre Stefano Vitta annuncia la nascita del Word Of Mouth Marketing Italia (WOMMI), è in corso una campagna (promossa da Promodigital, il cui Ceo, Andrea Febbraio, è anche tra i fondatori del WOMMI) che, attraverso l’invio in omaggio di un “rasoio da depilazione da corpo” a blogger precedentemente iscritti alla loro “community”, ha lo scopo di raccogliere dei feedback sotto forma di post sul prodotto stesso. Vorrei sfruttare la contemporaneità dei due eventi per un punto della situazione e uno spunto di riflessione sui rapporti tra marketing, blogger e in generale la parte attiva di internet.

Il codice etico

È interessante analizzare il codice etico del WOMMI, come si legge nel loro sito:

  1. Persone felici e interessate parleranno bene di te.
    Non serve molto altro. Comprendi a fondo questo concetto, dedicati ad esso e riscuoterai successo con il word of mouth marketing.
  2. L’opinione onesta e autentica è il nostro medium. Non diciamo alla gente cosa dire e come dirlo. Riteniamo che le persone devono essere libere di farsi una propria opinione e di condividerla con parole proprie. Sosteniamo la conversazione naturale e stiamo molto attenti a non distorcerla.
  3. Sosteniamo, avviamo e semplifichiamo la condivisione. I professionisti del word of mouth usano tecniche creative per incoraggiare la comunicazione. Facilitiamo la conversazione tra le persone, creiamo cose interessanti di cui parlare, creiamo community per condividere idee, e lavoriamo per trovare quelle persone che dovrebbero conoscere quello che facciamo. La pubblicità tradizionale spinge le idee sui consumatori. Noi aiutiamo a far circolare le buone idee.
  4. Il word of mouth non può essere falsificato. L’inganno, l’infiltration, la disonestà, lo shilling, e altri tentativi di manipolare i consumatori o la conversazione sono deplorevoli. I professionisti del marketing onesti non ricorrono a queste pratiche, non lo faranno, e se ci provano saranno smascherati. I comportamenti scorretti saranno messi in evidenza dal pubblico e si ritorceranno in maniera letale contro chiunque li utilizzi.
  5. Il word of mouth marketing dà potere al consumatore. I consumatori hanno il controllo e sono loro a dettare le condizioni di un rapporto nuovo, più sano tra i professionisti del marketing e le persone che usano i loro prodotti. I consumatori richiedono alle aziende soddisfazione, rispetto, prodotti e servizi eccezionali. Quando le aziende glieli offrono, le persone lo comunicano ai loro amici. I professionisti del word of mouth lavorano per accelerare questo processo, rimpiazzando la pubblicità aggressiva con servizi che mettano al centro il cliente, supporto e comunicazioni bidirezionali.
Nella pratica

Mi sembra che nessuno dei cinque punti sia discutibile o attaccabile, da ogni punto di vista; e del resto, che il passaparola (online, offline e tutte le possibili combinazioni dei due) sia il propulsore principale di una strategia di marketing e di vendita è quasi dato per scontato. Insomma, il Word Of Mouth funziona, e bene. Ma il Word Of Mouth Marketing? Come si combina la spontaneità del passaparola con la necessità del marketing di innescarlo, alimentarlo e aumentarlo, sempre che si combini? La campagna in atto, commissionata da una multinazionale dei rasoi, ha visto finora circa 80 post scritti da blogger che hanno ricevuto il rasoio in omaggio e hanno deciso di scrivere la recensione sul proprio blog. Si può quindi analizzare l’operazione dal punto di vista dell’azienda produttrice, dei singoli blogger e anche della rete nel suo complesso.

L’azienda

Dal punto di vista dell’azienda, l’obiettivo può essere alimentare passaparola diretto, verso i lettori dei blog interessati, o indiretto, cioè attraverso l’inserimento di questi post nei motori di ricerca, per un prodotto che normalmente non genera passaparola spontaneo. Da questo punto di vista, l’operazione ha senz’altro ottenuto l’effetto indiretto (quello della Search Engine Optimization). Molto poco rilevante appare invece il passaparola diretto generabile da questi blog, che sono letti da una audience assoluta molto limitata, soprattutto se rapportata ai mercati di massa di riferimento, molto spesso costituita dalla mera rete sociale del blogger, in modo analogo a un profilo di un social network.

L’altro obiettivo possibile, dal punto di vista dell’azienda, è ottenere un feedback sul prodotto in modo da migliorarlo o comunque capire come indirizzarlo e posizionarlo. L’azienda, però, appare al momento assente dalla conversazione, non partecipando in nessun modo ai commenti dei lettori dei post, confermando l’impressione che queste operazioni vengano svolte in totale outsourcing senza che una trasformazione in senso enterprise 2.0 sia stata veramente iniziata o pensata al proprio interno. Impressione confermata dal “sito fortezza” del produttore, in cui non solo non è permesso lasciare feedback o commenti, ma in cui nemmeno è citata l’operazione di invio ai blogger, vanificando così qualsiasi possibilità di bidirezionalità o di umanizzazione della comunicazione.

I post ottenuti

Per quanto riguarda l’analisi dei post ottenuti, è abbastanza facile notare come nessuno dei blogger interessati all’invio abbia messo in luce insoddisfazione nell’uso del prodotto, fenomeno questo probabilmente dovuto, oltre alla qualità del prodotto, anche a una sorta di gratitudine latente nei confronti del donatore, e a una sorta di autoprotezione preventiva, allo scopo di avere la possibilità futura di ricevere ulteriori campioni.

Questa totale concordanza di opinioni, però, unita a una certa uniformità e conformismo aziendalista nello stile del post (dovuta forse alle lettere di accompagnamento “ufficiali” presumibilmente allegate al prodotto), nell’inserimento di immagini “da catalogo” del prodotto o di video pubblicitari e a un inevitabile link al sito del produttore non giova a rendere il feedback totalmente credibile e trasparente, sia per l’azienda produttrice, ai fini del miglioramento del prodotto, sia per il possibile compratore, che si troverà a consultare una serie di post tutti fondamentalmente simili: la mancanza di contraddittorio critico rende paradossalmente meno efficace la recensione positiva collettiva, proprio perché poco credibile. Nella realtà ovviamente, qualsiasi negozio, online oppure offline, blog o prodotto ha i propri fedeli detrattori.

I blog coinvolti

È interessante notare come alcuni blogger si dimostrino “imbarazzati” di “dover” parlare di rasoi quando l’argomento di fondo usuale del blog stesso è totalmente differente (il classico effetto “moglie di Truman”, citato spesso da Mafe De Baggis, quando nello show si girava improvvisamente verso le telecamere per reclamizzare un prodotto), mentre una buona parte di questi (spesso blog totalmente personali) invece “mostri il prodotto” con un malcelato orgoglio per essere stati “scelti”, soddisfazione spesso confermata dai commenti invidiosi degli amici per la “botta di vita del blog”, mostrando così un comportamento molto simile a quello che si sarebbe verificato in un luogo sociale “reale” come un bar o una palestra. In questo caso, si può dire che davvero la Rete rispecchia la realtà.

È probabile inoltre che, vista questa dinamica, molti blogger si sarebbero trovati più a loro agio nel recensire il prodotto alla propria rete sociale “chiusa” come in Facebook, anziché “dover” scrivere un post, in quanto nella vita reale i commenti (a voce) sui prodotti appartengono a conversazioni più veloci, personali e sintetiche rispetto a un post sul blog, naturali espressioni di uno statusing o microblogging “reale”. Naturalmente però, dal punto di vista dell’azienda produttrice, il post su di un blog consente grandi vantaggi quanto a posizionamento su Google, possibilità di inserire immagini e video, rispetto a un social network “chiuso” come Facebook.

Esiste poi una vasta casistica di siti che, pur tecnicamente blog, stanno al confine tra il magazine online tematico e il nanopublishing, per i quali l’invio di prodotti da parte di aziende non pone nessuna difficoltà di pubblicazione: è esattamente la rubrica “vetrina delle novità” dei magazine cartacei (anche quelli spesso “alimentati” da invii di prodotti “per la prova”) trasposta in versione online. Mentre infatti i blogger “puri” spesso citano correttamente e trasparentemente il fatto che il prodotto sia stato donato, questi magazine tralasciano a volte persino la citazione della campagna da cui l’invio è stato generato, con un comportamento assolutamente analogo alle pratiche editoriali tradizionali.

Dal punto di vista della Rete

Si potrebbe discutere senza fine sul fatto che stimolare la creazione di post nei motori di ricerca tramite questo tipo di attività (sia pure con recensioni probabilmente sincere) su prodotti non altrimenti oggetto di conversazione (e quindi privi altrimenti di valutazioni per l’acquisto) porti a un arricchimento o un inquinamento del valore informativo della Rete: in ogni caso, la valutazione è soggettiva, soprattutto tenendo conto di una Rete che lentamente si evolve fino a sovrapporsi perfettamente con la società “reale”, e in cui diviene difficile stilare codici etici univoci con forme così diverse, per esempio, di uso di uno strumento come il blog; è probabile che un consumatore/utente maturo della rete sappia in futuro districarsi da solo tra queste forme di contaminazione tra blogosfera e marketing, e giudicarne la rilevanza, l’informazione e la credibilità in modo autonomo.

Vista comunque la preminenza attuale del fattore indiretto di passaparola, basato sul posizionamento SEO/Google (e quindi non valutabile da chi ne fruisce sulla base della reputazione diretta di chi scrive) in queste attività, e il probabile contatto anche da parte di utenti non esperti, sarebbe di grande trasparenza rendere obbligatoria (magari nel codice etico del WOMMI) un suffisso anche nel titolo del post (potrebbe essere [sponsor]) che ne indichi “la non spontaneità”, in modo da rendere evidenti, anche a utenti poco esperti, e direttamente dalla pagina di ricerca nei motori, quali post sono stati generati con un regalo (sia pure di modico valore) e quali sono invece totalmente spontanei.

L'autore

  • Gianluca Diegoli
    Gianluca Diegoli si occupa dal 1997 di business online e di marketing. Dopo l'esperienza manageriale in grandi aziende, dal 2010 è consulente per il retail e co-founder di Digital Update. Insegna all’Università IULM e in Executive Master.

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