Ha fatto notizia a metà gennaio 2016 la decisione di Facebook di azzerare il canone annuale di WhatsApp. Non c’è di che stupirsi. Per Facebook e per Google, lo sappiamo, i clienti paganti sono gli inserzionisti pubblicitari mentre la gente è la merce che viene venduta; quindi Whatsapp può essere gratuita esattamente come sono gratis i post su Facebook, le ricerche su Google o brucare l’erba nei pascoli se siete una mucca.
Semmai, la rinuncia di Facebook testimonia che gli addetti ai lavori sono sempre alla ricerca di nuove quadrature del cerchio in campo di servizi Internet e introiti pubblicitari. C’è poi un’altra notizia che lo dimostra.
Abbiamo già parlato di Brendan Eich, noto su Internet per essere l’inventore del linguaggio JavaScript (quello che si usa per programmare le pagine web dall’interno) e anche come cofondatore di Mozilla, l’organizzazione senza scopo di lucro che produce Firefox. Eich oggi prepotentemente riappare come uomo di punta in un team che sta sviluppando un nuovo browser, chiamato Brave. Rispetto ai già noti Chrome, Safari, Edge e, naturalmente, Firefox, ci sarà un’unica novità: il nuovo browser automaticamente rimuove la pubblicità che appare dentro alle pagine web e la rimpiazza con altra di sua scelta. I denari incassati dagli inserzionisti verranno spartiti, ci spiegano Eich e compagnia, in quattro fette.
Beneficiario | % |
---|---|
Sito ospite | 55% |
Autori di Brave | 15% |
Agenzia che piazza gli annunci | 15% |
Utilizzatore di Brave | 15% |
Già a caldo qualche dubbio ti viene. Se, per esempio, questi riescono a cancellare il trafiletto qui a destra che parla di un libro Apogeo, e al suo posto mettono la réclame di un politico, di preciso dove recuperano l’IBAN per un bonifico a Feltrinelli? E se un intraprendente adolescente napoletano (o bolzanino, ma i napoletani hanno una gloriosa tradizione alle spalle) mette in piedi due righe di Visual Basic o di AppleScript che visita pagine in continuazione mentre lui è a scuola per rimpinguarsi la paghetta? Fatta la legge, si sa, trovato l’inganno.
Non è poi la prima volta che qualcuno ci prova. Negli USA Comcast aveva pensato di distribuire hotspot gratuiti sul territorio che si ripagano inserendo pubblicità extra in ogni pagina scaricata. Provocando una discreta levata di scudi.
Se avrà successo, Brave costituirà una pugnalata alle spalle per il modello di business che ha fatto la fortuna di Google, il quale già oggi non gode di grande salute. Aspettiamo di vedere le contromosse del gigante di Mountain View.