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Voglio imparare a fare una strategia di marketing basata sui dati

25 Giugno 2021

Voglio imparare a fare una strategia di marketing basata sui dati

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L’intuito e l’esperienza contano ancora per capire il mercato e aprire conversazioni con i clienti; a questo però va aggiunto per forza un contributo, sempre più significativo e importante, da parte dell’analisi scientifica delle informazioni a disposizione. È l’epoca del Marketing Aumentato.

Di che cosa parliamo

  1. Da dove partire per mettere a punto una strategia di marketing basata sui dati
  2. Quali dati servono per iniziare
  3. I dati servono anche dopo avere cominciato
  4. Come distinguere i software di analisi da utilizzare
  5. Nello scenario di marketing aumentato le persone sono ancora importanti

1. Da dove partire per mettere a punto una strategia di marketing basata sui dati

Oggi il marketing è cambiato profondamente, perché si è fuso con la tecnologia. È impossibile svolgere una qualunque attività di marketing senza l’uso di qualche forma di software, che è essenziale per l’estrazione dei dati.

Ma il punto di partenza per approntare una data driven strategy non sono i dati, come si potrebbe impulsivamente pensare, bensì la strategia. Un elemento spesso sottovalutato anche dei più blasonati manager aziendali. La strategia parte dalla definizione gli obiettivi che si vogliono raggiungere. La domanda cosa voglio ottenere, dove voglio arrivare è più importante della risposta. Se non si ha una destinazione chiara, nessun dato potrà aiutare. Un utile esercizio consiste nel definire un obiettivo concreto e realizzabile di lungo termine e poi spacchettarlo in obiettivi di medio e di breve periodo.

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2. Quali dati servono per iniziare

I dati che servono per impostare una strategia di marketing dipendono dall’obiettivo che si vuole raggiungere. Generalmente non possono mancare quelli relativi ai competitor e ai consumatori.

I dati sui competitor possono essere di vario tipo, da quelli finanziari acquisibili da diverse banche dati, a quelli relativi al loro comportamento di mercato. Quest’ultimo è ricostruibile utilizzando software di vario tipo: quelli di web listening sono utili per capire quanto e come si parla di loro in rete, mentre quelli orientati al SEO sono indicati per capire l’efficacia del loro posizionamento sui motori di ricerca.

A questi si può aggiungere un’analisi più qualitativa tesa a rilevare lo stile di comunicazione, i prezzi e il tono di voce utilizzato.

I dati sui consumatori possono indagare diverse dimensioni, le preferenze di consumo, le abitudini d’acquisto, il comportamento online oltre che le caratteristiche sociodemografiche. Anche in questo caso gli strumenti di ascolto delle conversazioni in rete possono velocizzare l’analisi, ma l’ideale sarebbe accoppiarli a ricerche di mercato.

I software più evoluti riescono ad analizzare i testi e ad attribuire una polarità alle frasi (sentiment analysis) e ad etichettare opportunamente le immagini (image recognition), operazione utile in assenza di una descrizione. Qui l’automazione è un riduttore di complessità, ma l’attribuzione dei significati e la comprensione dei fenomeni dall’osservazione di singole manifestazioni del pensiero rimangono compito dell’analista.

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3. I dati servono anche dopo avere cominciato

No, i dati non servono solo per iniziare. La misurazione dovrebbe sempre accompagnare ogni processo di marketing e ogni singola attività. Senza dati siamo ciechi, in balia delle percezioni dei singoli. Ecco perché è importante approntare un vero e proprio programma o framework di misurazione, in grado di guidare ogni attività.

Quindi, ad esempio, prima di iniziare un programma di email marketing o la gestione di un profilo Twitch, bisogna mettere nero su bianco quali sono gli indicatori di performance che si vogliono misurare. Essi dovranno essere coerenti con l’obiettivo di business che si intende perseguire con quella specifica azione.

Poi, nella fase di esecuzione, si dovrebbe misurare costantemente e in tempo reale l’andamento dell’attività in modo da capire tempestivamente se si è in linea con il KPI (Key Performance Indicator, indicatore prestazionale chiave) definito. Al termine dell’attività si dovrà verificare l’eventuale scostamento tra risultato e aspettativa, in modo da capire come proseguire.

Dati e misurazione accompagnano in definitiva ogni attività di marketing, ma il programma di misurazione va impostato prima di tutto il resto. Non ha senso scegliere quali siano i KPI da considerare quando siamo alla fine di un’azione.

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4. Come distinguere i software di analisi da utilizzare

I software di analisi dei dati hanno visto negli anni un’evoluzione dovuta alla disponibilità di molti più dati rispetto al passato (in alcuni casi Big Data) e al miglioramento delle tecniche di estrazione di valore (intelligenza artificiale nelle sue varie forme). Gli analytics possono essere classificati in quattro categorie: descriptive, diagnostic, predictive, prescriptive.

  • Descriptive Analytics: sono quelli che fanno luce sul passato e, se sono di tipo realtime, anche su quanto sta accadendo nel momento in cui il fenomeno è in corso di svolgimento.
  • Diagnostic Analytics: sono un’estensione di quelli descrittivi e permettono di far luce sulle cause dei fenomeni già accaduti. Il software lo fa utilizzando metodi statistici tesi a capire l’incidenza di una serie di variabili.
  • Predictive Analytics: sono software che, oltre a esporre dati storici, provano a predire il futuro. O meglio stimano probabilisticamente cosa succederà in futuro in uno scenario simile a quello passato.
  • Prescriptive Analytics: I software di analisi più evoluti sono quelli che oltre a comprendere il passato, diagnosticare le cause e predire il futuro suggeriscono cosa fare nel caso in cui si verificasse un fenomeno previsto. In alternativa possono rispondere anche alla domanda Cosa dovrei fare per far accadere questa cosa o se dovesse accadere?. In altre parole, combinano la scienza delle previsioni con l’arte del prendere le decisioni.

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La scelta del software più adatto dipende da vari fattori, tra cui la reale esigenza aziendale e il prezzo, ma anche dalla capacità del team di marketing di utilizzarlo.

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5. Nello scenario di marketing aumentato le persone sono ancora importanti

In un contesto di marketing aumentato, caratterizzato da un uso strategico di dati e tecnologie, le persone non perdono rilevanza, ma sono il fattore critico di successo.

Una nuova figura che peraltro dovrebbe trovar posto nei team di marketing moderni è il data scientist.

Pur conoscendo i linguaggi di programmazione, il data scientist non è solo un programmatore. Allo stesso modo non va confuso con il marketing analyst, che estrapola e organizza dati strutturati per renderli intellegibili. Egli agisce come un vero scienziato, ma lavora con i dati anch non strutturati. Generalmente opera in questo modo:

  • Identifica le domande di business, ossia parte dalla formulazione di ipotesi di lavoro, domande di ricerca, per poi interrogare i dati attraverso modelli statistici e algoritmi che potranno confermare o smentire l’ipotesi e, comunque, rispondere alla domanda iniziale. Sembra la fase più semplice, ma è la più scivolosa. Senza porsi le domande giuste è impossibile ottenere risposte utili dai dati. Nell’identificazione delle domande di business può farsi guidare da qualcuno che conosce meglio il mercato.
  • Individua, tra i tanti dati disponibili, quelli funzionali a rispondere alla sua ipotesi di ricerca.
  • Pulisce, convalida, normalizza, aggrega i dati per eseguire un lavoro accurato.
  • Elabora e applica modelli e algoritmi sui dataset individuati.
  • Analizza i dati per identificare pattern ricorrenti e tendenze.
  • Interpreta i dati alla luce del contesto di business per individuare opportunità per l’azienda.
  • Presenta i risultati, meglio se utilizzando tecniche di visualizzazione, in modo da consentire ai manager di prendere decisioni informate e conseguenti.

Ripensare il proprio team di marketing vuol dire introdurre competenze ed energie necessarie per arrivare ad un marketing davvero guidato dai dati.

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Immagine di apertura di John Schnobrich su Unsplash.

L'autore

  • Vincenzo Cosenza
    Vincenzo Cosenza è Chief Marketing Officer di Buzzoole. In precedenza è stato PR Manager in Microsoft Italia e poi responsabile delle sedi romane di Digital PR e Blogmeter. È conosciuto per le analisi e gli approfondimenti sui temi del marketing e della tecnologia. Ha collaborato con la RAI e diverse testate giornalistiche. Il suo blog è un punto di riferimento per professionisti del marketing e ospita il primo osservatorio sui social media in Italia e la mappa dei social network nel mondo.

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