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Voglio pagare di più

23 Giugno 2016

Voglio pagare di più

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Tutti i collegamenti di rete a cavo non hanno limiti di gigabyte scaricati; tutti quelli cellulari invece ne hanno. Perché?

C’erano una volta le connessioni a Internet effettuate via linea telefonica, con il modem. E poiché le telefonate tradizionalmente si pagano un tanto al minuto, noi pagavamo il tempo di connessione a Internet.

Arrivarono, poco dopo, le ADSL, che dedicavano permanentemente ad Internet alcune frequenze tra quelle possibile sul cavo telefonico, e quindi si pagavano a forfait. Seguite, in tutto il mondo tranne che qui da noi, dalla fibra ottica che arriva in casa al cittadino.

Le connessioni via cellulare invece non hanno mai perso il brutto vizio di farsi pagare a consumo. Una abitudine che all’inizio aveva molto senso — perché ogni cella ha un numero limitato di transponder, cioè di elementi elettronici che parlano con un cellulare, e col 3G doveva accoppiarli a due, quattro, otto per volta per riuscire a sostenere un traffico dati significativo. Oggi molto meno.

La tentazione sarebbe concludere che le compagnie telefoniche ci buggerano e dovrebbero passare a una tariffazione a canone anche per i dati, così come fanno da un pezzetto per la voce. Ma forse guardiamo la cosa dal punto di vista sbagliato. Cosa succederebbe se, al contrario, anche i bit che ci raggiungono sul cavo venissero tariffati al consumo?

Nel Paese di Oligopoli

L’Internet italiana è indietro di anni rispetto al resto dell’Europa anche perché secondo le compagnie offrire un servizio migliore, che costa soldi impiantare, significherebbe portare a casa lo stesso canone. In un oligopolio come il nostro, a lorsignori conviene piuttosto farsi poca concorrenza e intascare utili senza spese di ampliamento della rete. In sostanza, oggi come oggi i costi in cui incorrono i fornitori di voce e dati sono i costi del personale: costi fissi.

Se il consumo venisse tariffato al gigabyte, invece, una linea che permette di consumare di più e più in fretta sarebbe immediatamente monetizzabile. Non c’è da stupirsi che qualcuno negli USA ci abbia pensato, nel 2009, anche se l’idea si è dimostrata impopolare coi consumatori ed è stata abbandonata quando alcuni legislatori si son schierati con i cittadini irritati e hanno costretto le grandi imprese a fare un passo indietro. Azione che in Italia, francamente, sarebbe inaudita e davvero non si corre il rischio di vedere ripetuta…

Dilbert: Se i consumatori odiano il nostro nuovo prodotto, probabilmente andremo fuori mercato. Se lo amano, un concorrente più forte ci manderà fuori mercato. CEO: Dica all'ingegnere di smettere di rendermi triste. Il capo: Ho alcune finte proiezioni di fatturato che per rallegrarla.

Contiamo dunque sulla lungimiranza dei boss della telefonia. Siamo messi bene.

Negli USA oggi le cose sono tornate al punto di partenza. Costo fisso mensile per la linea in fibra, disponibilità di una buona connettività nelle aree urbane ma con prezzi non bassissimi (70 dollari al mese la linea da un gigabit di Google Fiber, un po’ di più quella delle compagnie telefoniche tradizionali). Presi per il collo gli abitanti delle periferie e centri rurali, che tipicamente vivono i condizione di monopolio telefonico. Come da noi, insomma, anche se da noi il gigabit resta un sogno (l’offerta più veloce in Italia è quella di Vodafone, che però copre un’area risibile e si attesta sulla metà di quella velocità).

Altrove in Europa, incentivi statali hanno permesso di fare meglio. Ho già fatto su questo pagine l’esempio della Finlandia, per non ripetermi e per non fare confronti con nazioni molto più ricche di noi permettetemi allora di citare la Romania. Dove la linea da un gigabit viene venduta a 12 euro/mese e la velocità reale media della connessione Internet è 73,6 megabit/secondo — da noi sono 18,4. Ma qui gli incentivi statali sono poco più di un sogno, ringraziando il debito pubblico e sperando che Craxi, Andreotti e Forlani finiscano al nono girone dell’inferno dantesco. Chissà se in Romania apprezzano il gelato italiano?

L'autore

  • Luca Accomazzi
    Luca Accomazzi (@misterakko) lavora con i personal Apple dal 1980. Autore di oltre venti libri, innumerevoli articoli di divulgazione, decine di siti web e due pacchetti software, Accomazzi vanta (in ordine sparso) una laurea in informatica, una moglie, una figlia, una società che sviluppa tecnologie per siti Internet

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