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L’usabilità è anche una forma di cortesia

06 Giugno 2011

L’usabilità è anche una forma di cortesia

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Un annuncio di servizio su un treno italiano. Si poteva dirlo meglio? Si poteva agevolare in modo diverso la comprensione? Si poteva addirittura esprimere cortesia e gentilezza? A giudicare dalle abitudini di altre nazioni, sembrerebbe proprio di sì

L’usabilità, oltre ad avere a che fare con le parole, ha a che fare con la cortesia. È stato uno dei temi trattati al quinto Summit italiano di architettura dell’informazione. L’idea che sta alla base di questa affermazione è che la qualità di un’interazione può essere misurata in base alle strategie che gli interlocutori adottano per renderla più o meno piacevole. E che, interazione dopo interazione, si possa valutare la qualità del rapporto che gli interlocutori sanno o hanno saputo costruire. Scambiarsi gesti di cortesia serve per costruire rapporti più fluidi e piacevoli. Preoccuparsi dell’usabilità (degli oggetti, delle parole, degli spazi) rientra a tutti gli effetti tra le manifestazioni più nobili del far cortese e quindi tra gli atteggiamenti che contribuiscono allo sviluppo positivo delle relazioni, siano esse tra persone, tra aziende o tra aziende e persone.

Il marciapiede destinato

Queste riflessioni nascono da un annuncio sentito su un treno regionale prima dell’arrivo a una delle tante stazioni che ci sono sulla linea Perugia-Firenze. L’annuncio recita così: «È vietato scendere dalla parte opposta al marciapiede destinato al servizio viaggiatori». Ammesso che se ne capisca il senso, questo messaggio per i viaggiatori non ha nessuna utilità, nessuna cortesia, e usabilità pari a zero. Che cosa potranno pensare del suo mittente quelli che la ascoltano? I viaggiatori sono seduti sul treno e quando è il momento di scendere vorrebbero tanto sapere quale sarà il marciapiede destinato al servizio viaggiatori. Sarebbe molto utile per tutti ricevere questa informazione. E invece non solo non la ricevono, ma si sentono imporre un divieto con un tono quasi di minaccia.

Ne saranno infastiditi? Vengono trattati come bambini irrequieti che non vedono l’ora di saltare fuori dal treno, quando invece sono adulti, che hanno pagato un biglietto per un servizio e vorrebbero solo scendere dal lato giusto della carrozza. Fanno anche un certo sforzo, tutte le volte, per capire quale sia il marciapiede destinato e sarebbero veramente contenti se qualcuno glielo annunciasse chiaramente. Certo non si può dire che Trenitalia, fornendo l’informazione in questo modo sia apertamente scortese, perde però, una buona occasione per essere cortese e fare la bella figura di chi sa rapportarsi empaticamente con i propri ospiti (clienti) e si adopera per rendere il loro viaggio comodo e piacevole.

La volpe e la gru

Ci viene in mente a questo proposito, la favola di Esopo, quella della volpe e della gru. È la volpe a iniziare, ma il succo è che le due si scambiano un invito a cena, mettendo a turno l’ospite nella spiacevole condizione di non poter consumare il pasto e lo fanno usando la stessa tecnica: le due sfruttano la non usabilità relativa del design dei contenitori per la minestra come strumento per mettersi in difficoltà a vicenda.  La volpe sceglie di servire la cena su un piatto poco profondo, in cui la gru non riesce a mangiare a causa del becco e la gru, quando invita la volpe, le serve la minestra in un vaso dal collo lungo e stretto nel quale la volpe non riesce ad infilare il muso. Se non immaginassimo che si tratta di due amiche che amano farsi degli scherzi, penseremmo che sono due antagoniste e che il loro rapporto è caratterizzato dal conflitto. Escludendo l’aspetto goliardico, siamo cioè portati a concludere che il creare impedimenti a qualcuno sia segno di ostilità nei suoi confronti.

Pensiamo, invece, a come ci immaginiamo che si comporti un buon padrone di casa con i propri ospiti: egli si preoccupa che si sentano a loro agio, che abbiano spazi confortevoli in cui muoversi, che trovino sedie su cui accomodarsi, che il buffet sia facilmente raggiungibile, che piatti e bicchieri siano in punti ben visibili e che le pietanze siano sufficienti e adeguate ai gusti e alle esigenze dei conviviali. Penso a quei pranzi o buffet in cui sono previste delle soluzioni per vegetariani. Chi non è vegetariano non può capire, ma si tratta di un gesto che commuove chi appartiene alla categoria. Il vegetariano si commuove sia perché ha qualcosa da mangiare ma soprattutto perché si sente accettato, sente che la sua scelta è compresa e condivisa (e non ostacolata), che non dovrà fare la solita parte dello scocciatore che chiede “qui c’è la carne?” o ancora peggio “c’è qualcosa senza carne?”.

Far star bene gli altri

Non solo non dovrà fare delle domande perché le risposte sono lì sotto i suoi occhi, ma avrà anche delle risposte che gli piaceranno, che soddisferanno il suo palato e cosa più importante il suo ego. E con tutte le probabilità del caso penserà che il padrone di casa sia un buon anfitrione, intelligente, garbato e perciò apprezzabile. Lo stesso penserà il carnivoro che ha trovato dei coltelli ben affilati per la sua bistecca e lo stesso farà l’onnivoro che pescherà un po’ qua un po’ là deliziandosi le papille. Che buon padrone di casa, penseranno tutti. Questo è il secondo scopo strategico del far cortese: se il primo è far star bene gli altri, il secondo è quello di fornire agli altri una buona immagine di sé. In termini tecnici potremmo dire che la cortesia ha a che fare da una parte con l’usabilità e dall’altra con la brand communication. E che l’usabilità per una semplice e comprensibile proprietà transitiva ha dei collegamenti strettissimi con la costruzione e la comunicazione della propria immagine, di quella di un marchio o di un’azienda.

Detto in due parole: un sito usabile ci darà una buona immagine dell’azienda a cui appartiene. L’usabilità è comunicazione, un tipo di comunicazione che si esprime nella pratica e nell’interazione: è il riscontro per eccellenza, quello che le persone possono vedere, ascoltare e toccare. L’usabilità di un’informazione (per tornare da dove siamo partiti), la sua chiarezza, la sua appropriatezza, comunicano la cortesia del suo mittente e dunque la sua intelligenza e la sua capacità. E la cortesia risiede anche nella scelta di dare o no un’indicazione; nello scegliere quale informazione fornire in base alla sua utilità per i nostri interlocutori in un determinato contesto. L’atteggiamento di Trenitalia, invece, è quello di chi agisce secondo le regole di un limbo, di una zona insipida che sta tra il comportarsi cortesemente e il comportarsi scortesemente. Perde, così, l’opportunità di stendere un tappetino rosso sotto i piedi dei propri clienti e di dare contemporaneamente una spintarella verso l’alto alla propria immagine. Trenitalia adotta un fare non cortese rinunciando così ai ritorni positivi che avrebbe se adottasse la strategia della cortesia; strategia che non si attua limitandosi ad aprire ogni annuncio con quel banalissimo “gentile clientela”.

Cortesia d’Oltremanica

Ci vengono in mente due esempi che incarnano perfettamente il legame che crediamo esista tra la cortesia e l’usabilità delle parlato e guarda caso vengono tutte e due dal mondo anglosassone.  Il primo è il mind the gap che si trova nelle metro e il secondo è il look left/look right che si trova agli attraversamenti pedonali delle strade.Sono indicazioni date con accortezza, che cercano di prevenire comportamenti pericolosi, ma non per questo sono dei divieti, delle minacce o contengono messaggi allarmanti. Sono consigli, dati in modo chiaro e diretto e la cortesia risiede soprattutto nel semplice fatto che ci siano in un contesto in cui sono veramente utili.  Sono la dimostrazione che anche l’usabilità può essere usata per tutelare se stessi (aziende, istituzioni) e gli altri (clienti, cittadini) e a quanto pare può anche funzionare.

L'autore

  • Yvonne Bindi
    Yvonne Bindi, laurea in Comunicazione Internazionale, è architetto dell’informazione ed esperta di linguaggio e comunicazione. Lavora come consulente, docente e divulgatrice sui temi del linguaggio, del design e della tecnologia. È stata relatrice a SMAU e al Summit Italiano di Architettura dell’Informazione e ha insegnato ai master di Architettura dell’Informazione presso lo IED di Roma e l’Università per Stranieri di Perugia. Ha scritto per Nova24, Apogeonline e riviste specialistiche.

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