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Zygmunt fa shopping

28 Agosto 2007

Zygmunt fa shopping

di

Memorie dal metaverso, quarta parte. La breve e inquietante estate di un avatar su Second Life, alla deriva tra un’isola e l’altra

21 agosto

Ricordo poco della mia nascita, e di cos’ero prima che il mio creatore mi modellasse. Sono certo però che non è molto tempo che giro tra un’isola e l’altra. Medito sulle possibilità che questa mia vita mi offre, seduto su una panchina nella mia isola torinese, quando comincio a sentire fischi e “Hey” intorno a me. Credevo di essere solo, come capita spesso qui. Invece no. Vicino a me è comparso un avatar biondocrinito con un nome che già gli invidio: Yuri. E per la prima volta la mia prospettiva si ribalta. «Dici a me?» scriviamo in contemporanea dentro e fuori dallo schermo. Dice proprio a me. Yuri sta qui da un paio d’ore e non sa cosa fare, ha esplorato un po’ di isole ma sono tutte deserte. Mi chiede un consiglio. Lo avverto che io sono qui da un po’ più di un paio d’ore ma comunque non da molto. Glisso sulle ovvietà tipo “trovi gente nelle isole dedicate al sesso” e gli propongo di usare i pannelli di mappa e di ricerca per capire meglio cosa può interessargli e teletrasportarsi direttamente nel cuore degli eventi.

«Sai – mi dice – si fa un gran parlare di Second Life, in giro, e volevo provare». Muovo le mani e rispondo «Lo so, anche io sono qui per provare». Eccolo, dunque, il motivo della mia esistenza: un esperimento scientifico! E non posso nemmeno voltarmi a guardare oltre lo schermo per dialogare col mio creatore, dato che parlo solo quando lui parla e dico solo quello che lui vuole dire. Ma ormai ho imparato a leggere le informazioni tra le righe. E questo nome, “Second Life”: quante possibilità sembra promettere, quando invece per la maggior parte delle volte è buio e silenzio. In ogni caso prendo atto del fatto che c’è un interesse particolare riguardo alle mie esperienze, che anche se non sono alto due metri o vestito da alieno di razza Vogon posso farmi notare e ritagliarmi il mio spazio in una realtà a intermittenza. Mentre rifletto, il mio compare spulcia la mappa cercando nomi strani ed esaminando territori vastissimi, più isole collegate l’una all’altra. Temo che mi aspettino nuove, esaltanti avventure.

23 agosto

In questi giorni sto campeggiando sull’isola Telecom Italia. Indubbiamente un’isola piena di eventi e di gente anche a tarda ora, tenuto conto del fatto che tutti (persino io) possiamo “forzare” la luce del sole anche di notte… È il bello della nostra realtà. A dire il vero non è proprio un’isola. Sono quattro isole con una spiaggia molto gradevole, una discoteca, una pista per correre in auto, uno stadio e un po’ di negozi marchiati Tim o Alice. Diciamo che però bisogna essere interessati al calcio, alla Formula 1, alle discoteche o ai prodotti Telecom. E questo non è tanto il caso mio, né del mio co-pilota di là. Quello che rende l’isola di Telecom speciale è l’uso dei cartelli indicatori, che puntano in direzione delle diverse attrazioni. È già facile perdersi su un’isola, figurarsi su quattro!

Diversamente, mi distraggo facendo lunghe passeggiate tra gli alberi dell’EnelPark – anche qui un gruppo di quattro isole che sulla costa hanno uno stile balneare (ma a carattere più chic con tanto di porticciolo) e all’interno boschi sterminati con centrali elettriche deserte e soprattutto un inquietante tubo subacqueo da cui, una volta imboccato, è impossibile uscire senza teletrasportarsi via. È in quel momento che arrivo nel centro dell’isola, cadendo addosso a una bella ragazza in divisa. È la guida dell’EnelPark. Dunque qualcuno crede ancora nella possibilità di interazione con un avatar cui chiedere indicazioni. La guida è gentilissima, si offre di teleportarmi nei luoghi più interessanti dell’isola, ma in quel momento sento una bruttissima sequela di imprecazioni provenienti come dal cielo e di colpo tutto si fa buio.

«Scusa, il Pc è andato in crash», dico dopo qualche minuto. Nessun problema. La guida mi porta in volo ma io mi perdo subito. E di nuovo sento quella voce dall’alto, poco distinguibile, forse, ma presente vicino a me. «Ma dai, non sei capace di seguire una guida?». Galleggio a mezz’aria guardando al di là dello schermo. È lui! Mi ha parlato! Ma fa come se niente fosse. Forse posso influenzarlo. Magari faccio una faccia brutta. Magari si accorge che lo sento. Parlare non posso, io mi esprimo verbalmente solo se lui scrive sulla tastiera. È una questione complicata. Dovrei riuscire a comunicare in modo quasi telepatico. Oppure lo imito. Sta sbuffando. Sbuffo anche io. Ora sorride. Sorrido anche io. Guarda… senza mani! «Tu… mi capisci?» pronuncia il faccione dietro lo schermo. Pensa. Pensa… «Certo! Ti ho sempre capito». Le sue dita, la mia volontà. Finalmente, un po’ di interazione in più.

24 agosto

Adesso, però, quel parlare continuo è quasi fastidioso. Dice che mi vuole portare su isole “a carattere commerciale o istituzionale” per vedere come le aziende del suo mondo si presentano nel mio. Io so solo che stiamo visitando posti di una noia mortale. L’isola di Gabetti Immobiliare, ad esempio. Il solito bar sulla spiaggia (vuoto) e il solito edificio con enormi sale riunioni deserte. La particolarità dell’isola, però, è che qui assumono gli avatar per farli diventare agenti immobiliari su Second Life. «Lascia perdere», mi dice la voce, «Non abbiamo tempo». «Tu non avrai tempo… Io non invecchio mai!» vorrei dirgli. Ma le mie possibilità di carriera e di successo nel campo immobiliare sfumano prima che possa capire quando fanno i colloqui, mentre vengo teletrasportato sull’isola dell’Italia dei valori. Anche qui nessuno in vista, ma ci sono tracce di eventi abbastanza recenti. Questo Di Pietro nel mondo di là è un politico. Ha lasciato qui ad imperitura memoria il video di un discorso pronunciato dal suo avatar. I proclami stridono un po’ con il nome dell’isola, “Never Land”. Non so perché ma non mi suona bene…

L’isola dell’Università di Torino – UNITO – è un po’ più popolata. Sarà perché si avvicina il momento delle immatricolazioni. E anche qui vengo interpellato da un avatar appena arrivato che mi chiede cosa fare su Second Life. Avessi io tutte le risposte possibili!… «Proprio come nella vita reale», mi dice la voce. «Anche qui, quando vado all’università c’è sempre qualcuno che mi chiede informazioni». «Allora sei di Torino», dico. «Pensavo che ci fossi arrivato da solo, vista la frequenza dei tuoi teletrasporti sabaudi». E poi, di colpo, su una banchina al tramonto. L’isola di Costa Crociere pone un po’ di problemi all’ignaro viaggiatore. Il teleport mi lascia prima in fondo al mare, sotto la chiglia della nave. Poi in una stanza completamente chiusa e senza finestre. Infine riesco a salire sul ponte, ma non c’è verso di vedere nessun ambiente interno.

Poi andiamo a vedere il palazzo del Formez: non male, le aule di formazione, anche se la struttura è stata edificata sulla spiaggia di un’isola dedicata all’edilizia privata… Tra i megalomani con quattro isole e questa soluzione sottotono, forse si può trovare una via di mezzo. La Regione Veneto, invece, ha un’isola tutta sua. Vuota ma interessante, ricca di informazioni come poche altre e soprattutto fornita di un Money Tree che sembra fatto apposta per me. Ma a quanto pare abbiamo sempre fretta, e non è il caso di aspettare 20 minuti per cogliere un dollaro.

Tra un intervallo e l’altro, svolazziamo sull’isola BNL (solito bar con annesso palazzetto per l’e-recruitment). L’ambiente è freddo e deserto, però è situato vicino ai Parioli dove invece si trovano un sacco di italiani a fare shopping o a giocare nell’aquapark o nella pista di skating. Ridiamo entrambi come matti nella notte dell’isola Europ Assistance – una compagnia di assicurazione che vorrebbe coprire gli avatar dai rischi di deformazione fisica dovuti a errori nel teletrasporto! Però devo ammettere che l’idea è originale. Alla fine passiamo un’ora sull’isola Renault Italia: almeno qui ci si diverte anche se non c’è nessuno. Anzi, ci si diverte proprio perché non c’è nessuno. Scegliamo la macchina per noi e via, per una serie di giri di pista degni di un ubriaco in preda al delirio.

27 agosto

Cinque giorni così non li avevo mai passati. Almeno a fare shopping si guadagna qualcosa. Eppure tutte queste isole sono bellissime, ricche di palazzi moderni e interattivi. Peccato che, come spesso mi succede, non ci sia quasi mai nessun altro avatar con cui parlare. Certo, si vede la mano di architetti molto più in gamba di me, che al massimo so costruire un cubo o una sfera. Non a caso quello è il lavoro più pagato, qui da noi. Altro che fare il camper, ballare sui cubi o rispondere alle interviste. Con quello non si campa, e del resto né io né il mio doppio nella RL abbiamo voglia di creare una linea di vestiti o di oggettistica per le case degli altri avatar. Troppo sbattimento. però una riflessione la posso fare, mentre torno alla base. Tutte le isole visitate ultimamente puzzano un po’ troppo di promozione, e soprattutto di gabbia dorata calata dall’alto.

Io non saprò costruirmi una casa (e del resto dovrei prima comprare la terra) e nemmeno un veicolo o un accessorio. Magari non ho neppure voglia di seguire i corsi adatti alla Library of Primitives o al Particle Lab. Però riconosco il valore di quello che qui chiamano user generated content. Non ne sono capace, ma in linea teorica potrei costruire una casa, potrei entrare in un “cantiere”, potrei fare molte cose contribuendo a rendere il mio mondo più ricco, più bello, più interessante. Ma sono pigro, e tutto sommato preferisco la mia vita da nomade. Sarà l’ebbrezza del volo che mi spinge a queste profonde riflessioni? Sta di fatto che senza accorgermene sono finito in un baco del sistema. Qui, sotto una delle tre o quattro Moli Antonelliane di Second Life, c’è una sorta di antro esoterico dal quale sembra impossibile uscire. C’è una squadra, un compasso e una dedica al Grande Architetto. “User generated content va bene, ma addirittura la loggia massonica…!”, faccio in tempo a sentire. Poi, il buio.

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