Controllare le reazioni sotto stress e saper cambiare approccio
Apogeonline: Quali esperienze ti hanno portato a sviluppare la Matrice delle persone difficili? La matrice copre tutte le tipologie di persone difficili o c’è spazio anche per altre di cui non hai ancora parlato?
Nick Robinson: È successo che un amico mi abbia chiesto se avrei fatto il coach per una persona della sua organizzazione. Tutti lo descrivevano come un pessimo collega. Per qualcuno era un mostro, mentre per altri era semplicemente troppo difficile lavorarci, al punto che parecchie persone avevano deciso di dare le dimissioni per non soffrire ulteriormente la persona e le difficoltà che causava sul lavoro.
Non ero sicuro di poter aiutare questa persona, ma il mio amico aggiunse che questa era l’ultima spiaggia per cambiare le cose prima che qualcuno si adoperasse per farla licenziare.
Quando ho iniziato a lavorarci, la persona non mi apparsa come un mostro; semmai qualcuno in una situazione delicata che faceva del suo meglio per venire a capo, nel solo modo che realmente conosceva. Sentivo che aveva soprattutto bisogno di qualcuno che ascoltasse con empatia e capisse che cosa stava succedendo. E in seconda battuta di trovare un modo differente di agire, che non causasse difficoltà agli altri. Cosa che non era assolutamente la sua prima intenzione.
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Dopo quella volta, iniziarono a chiedermi come coach per altre persone difficili da altre organizzazioni, per via del passaparola. Arrivavano loro, non dovevo neanche cercarli! A un certo punto divenni davvero curioso di ciò che stava accadendo, del perché certe persone venivano considerate difficili e se potevano essere ricondotte a qualche schema, di che cosa causava queste situazioni, dell’esperienza che portava gli altri a giudicarle difficili e infine di come aiutarle ad avere buon rapporti lavorativi. Da qui giunsi alla matrice.
La matrice copre tutte le categorie di persone difficili che possiamo incontrare sul lavoro. Ci sono casi rari di persone peggio che difficili, e bisognose di aiuto di altro tipo. Gli studi più recenti mostrano tuttavia che è difficile trovarle in posizioni senior e che sono oltre il difficile per ragioni estranee a quelle che pregiudicano il successo sul lavoro. Per questo la mia matrice copre quei tipi che possono normalmente apparire difficili in una esperienza di lavoro tipica.
È più facile trovare persone difficili nelle startup? O comunque in generi particolari di organizzazione?
Le startup non hanno più gente difficile di altre organizzazioni. Piuttosto, sono ambienti con molta pressione, combinazione di sollecitazioni esterne – per esempio l’andamento dell’economia – unite a come le persone reagiscono a esse e quanto sanno essere flessibili nel loro approccio.
A volte le persone nelle startup necessitano di supporto particolare per via della pressione che affrontano, per esempio per ridurre il burnout, trovare investimenti, aumentare la quota di mercato, far parlare della startup. Sono pressioni che possono complicare il lavoro alle persone e probabilmente possono rendere difficili sul lavoro alcuni fondatori.
Anche altre organizzazioni sono sensibili alle pressioni esterne. Non ci sono porti sicuri. L’economia, la politica, l’ambiente, l’intelligenza artificiale e i cambiamenti che porterà sul mercato e alla gestione delle persone premono su qualunque organizzazione. Per questo penso che non esistano organizzazioni più prone di altre a contenere persone difficili. Più che altro, le persone diventano difficili a causa delle pressioni esterne, degli stress che affrontano, di quanto sono o non sono capaci di essere flessibili e in grado di affrontare sfide impegnative.
Costretto a una scelta, che tipo nella matrice preferiresti come collega?
Ci sono due modi di pensarla.
Come coach, lavorerei volentieri con qualsiasi tipo e infatti è una cosa che amo! Per me è un gran modo di sviluppare empatia e comprensione, di mettere in atto quella fiera gentilezza di cui parlo nel libro. Di capire che cosa accade a queste persone e aiutarle a trovare modi nuovi di fare le cose e affrontare gli stress con più flessibilità, così da connettersi meglio con un numero maggiore di colleghi.
Come coach, insomma, lavorerei con chiunque. Probabilmente anche se avessi un lavoro normale in una grande organizzazione, perché capisco che cosa sta succedendo. Potrei trovare più facile lavorare con un Perfezionista ossessivo, dato che amo la loro spinta a lavorare bene. Amo anche l’energia dei Rivoluzionari e la loro pulsione a cambiare tutto e subito. È facile lavorare con i tipi che sono a posto finché non emerge un problema, per esempio un Compiacente, poiché se non sono coinvolti direttamente lasciano procedere le cose. E così via!
Ci sono personaggi di film o libri che ti hanno ispirato o aiutato nel tratteggiare le persone difficili della matrice?
Questa è una gran bella domanda. Amo la letteratura e i film in quanto modi di mostrarci che cosa significa essere umani. Mostrano archetipi – il Leader eroico, l’Amico fedele – che tutti possiamo riconoscere. Mi sono reso conto che, mentre scrivevo il libro, faticavo a leggere libri o guardare i film; penso che fosse perché volevo basare il libro su esperienze reali vissute da coach di persone reali.
Adesso mi piace guardare un film e vedere se ci sono personaggi che rientrano nella matrice. Di recente ho riguardato Armageddon con Bruce Willis e ho sentito che il suo personaggio, Harry Stamper, aveva molto della mia Forza trainante: pieno di risorse, decisivo, confidente nella sua capacità di superare gli ostacoli. Ma anche impaziente, con un approccio timido e la tendenza a mordere più di quello che riesce a masticare!
Iniziative di gamification, team building, hackathon e altre che intendono coinvolgere le persone, aiutano ad arginare i tipi difficili?
In generale, ciò che aiuta a tenere a bada i tipi difficili è apprendere capacità nuove. Cosa che può tranquillamente essere gamificata o inclusa in un esercizio di team building, come mi capita di fare spesso da coach.
Ci interessano capacità vicine all’empatia e alla comprensione. Per esempio di aiutano a capire che se per esempio un Martire ci giudica in continuazione o rifiuta di collaborare con noi, è perché segue criteri suoi che lo fanno sentire al sicuro. Quando lo capiamo, diventa più facile evitare di reagire a modi poco gentili e cercare una connessione diversa che possa convincerlo a darci fiucia.
Secondo, possiamo imparare nuovi skill disegnando confini ed evitando l’isolamento a causa di una persona difficile. Se per esempio un Apprensivo cerca di microgestirci, è importante essere molto chiari sul fatto che non è accettabile e che sta superando un confine. Poi dobbiamo assicurarci di non trovarci isolati su questo; che altri colleghi ci supporteranno e ci aiuteranno a trovare un modo più soddisfacente di collaborare.
È comunque importante imparare questi skill per la prima volta in un ambiente sicuro, prima di trasferirli in un team building o altro, per evitare di amplificare i problemi invece di risolverli!
Il lavoro a distanza tende a migliorare o complicare il lavoro con i tipi difficili?
Tende ad amplificare alcune situazioni che rendono difficili le persone.
Diciamo per esempio che una Roccia è qualcuno altamente responsabile, che lavora quietamente e senza sosta a mantenere funzionanti i sistemi e i processi importanti. Ma è anche qualcuno molto difficile da convincere che è necessario intraprendere qualcosa di diverso, nuovo, leggermente rischioso. Specialmente se deve ancora finire qualcosa che reputa importante. Così capita che una Roccia al lavoro a distanza dichiari di mettersi al lavoro su qualcosa, ma che in realtà continui a fare altro. Nel frattempo, il capo pensa che il lavoro stia venendo svolto e, nell’ambito del lavoro a distanza, fatica a trovare un momento informale con la Roccia per approfondire la situazione!
Lavorare con persone difficile è migliorato o peggiorato negli ultimi dieci anni? Ci sono tendenze in atto?
Alcune cose vanno meglio, altre peggio.
Meglio, perché siamo più consapevoli di nozioni come l’intelligenza emotiva e più capaci di intervenire sui nostri comportamenti così come capire quelli altrui. Consideriamo per esempio uno Stratega nell’ombra, che ama muovere le persone come se fossero pezzi sulla scacchiera. Quando capisce quanto le altre persone si sentano manipolate e sminuite, può almeno capire che il suo metodo non è efficiente e, anche se non gli interessa veramente, provare a trattare le persone in modo migliore.
Le cose vanno però anche peggio, per via del ritmo di cambiamento e di stress che incide sulle organizzazioni. Le questioni politiche, economiche, sociali, tecnologiche, legali e ambientali continuano a premere sempre più, cosa che farà reagire alcune persone per farle diventare più difficili per gli altri colleghi.
Il tuo libro può aiutarci, se le persone difficili nell’organizzazione… siamo noi?
Lo spero! In ogni capitolo compare una sezione con approcci che possono aiutare una persona descritta come difficile dagli altri. Una recensione descriveva il libro come un eccellente strumento di autoaiuto e per aiutare manager e leader a comprendere le dinamiche di team.
Prendiamo per esempio l’Arrivista carismatico. È qualcuno con un’alta opinione di sé, che difficilmente accetta di essere valutato meno che perfetto. Nel libro spiego come un Arrivista carismatico possa imparare a riconoscere e gestire i propri dubbi e la propria eventuale inadeguatezza a qualche ideale non dichiarato. Quando ci riesce può conservare il proprio carisma ma adottare una confidenza verso sé più genuina e positiva, per diventare un ottimo leader.
Buona tecnologia, buoni strumenti, buona automazione possono migliorare il rapporto con i tipi difficili, per esempio eliminando scuse, aggirando un blocco in un processo, abbassando i livelli di stress)?
Questo è un passo importante. Nel libro raccomando di individuare e sistemare le cose che non vanno nell’organizzazione e causano stress e problemi alle persone, prima di pensare a gestire una persona difficile. Questo vale anche per la tecnologia e i sistemi. I leader dovrebbero per esempio verificare se una persona difficile dispone effettivamente degli strumenti e delle risorse necessarie per il suo lavoro. Se un compito importante che è stato assegnato va in conflitto con un altro obiettivo in un altro punto dell’organizzazione. Se la cultura diffusa nell’organizzazione remi contro la persona difficile. Pensiamo a una organizzazione nella quale alla persona difficile è stato chiesto di rischiare, mentre la cultura diffusa è avversa al rischio. Il problema, qui, non è la persona.
Abbiamo la Matrice delle persone difficili. Abbiamo anche un prototipo di una Persona facile, in antitesi alla matrice? Qualcuno che sia buono per sé, per i colleghi, per l’organizzazione… è possibile che qualche tratto da persona difficile, presente senza eccessi, sia in realtà di aiuto?
Altra bella domanda! Sono stato coach di persone straordinarie, che hanno due cose in comune.
Primo, sono molto consapevoli di come potrebbero reagire sotto pressione e lavorano per controllarsi. Invece che reagire negativamente allo stress, cambiano il loro umore, anche semplicemente con una passeggiata o una chiacchierata con un amico.
Secondo, sono disponibili a provare un nuovo approccio, in funzione di quello che serve. Nel libro lo chiamo il Focus sull’attenzione, composto da tre scelte. Possono dovere, per esempio, focalizzarsi con decisione sulle attività che vanno svolte. Oppure agire in modo più morbido e dare più supporto alle persone. O forse devono visualizzare da più in alto la catena di sistemi e relazioni che forma l’organizzazione. Qualunque sia il focus da adottare, per loro è relativamente facile adottarlo.
Quando riescono a gestire lo stress ed essere flessibili nell’approccio, tutte le persone intorno ne beneficiano e diventa possibile raggiungere obiettivi che da soli non avrebbero potuto raggiungere.
Immagine di apertura originale della redazione di Apogeonline..