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Ebook Lab Italia, i libri del futuro a Rimini

28 Febbraio 2011

Ebook Lab Italia, i libri del futuro a Rimini

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La primavera italiana dell’editoria elettronica vede alternarsi nuovi appuntamenti specializzati e di ampio respiro. Il prossimo ha sede sulla costiera romagnola e apre i battenti giovedì prossimo, per tre giorni di dibattiti e formazione. Abbiamo chiesto al direttore scientifico Gino Roncaglia di presentarcelo.

Gino Roncaglia è il direttore scientifico di Ebook Lab Italia, evento dedicato al futuro dei libri in programma a Rimini dal 3 al 5 marzo prossimi. Autore del libro La quarta rivoluzione (Laterza 2010), socio fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Liber Liber, Roncaglia è docente di informatica applicata alle discipline umanistiche e di applicazioni della multimedialità alla trasmissione delle conoscenze presso l’Università degli Studi della Tuscia, dove dirige anche il master universitario in e-Learning e un corso di perfezionamento su futuro del libro, e-book ed editoria digitale. «Ebook Lab Italia ha tre obiettivi. Fare per il punto in Italia su un settore certo giovane, ma che rappresenta ormai una realtà e non più una previsione lontana. Offrire a chi è interessato al futuro dell’editoria l’occasione non solo per incontrarsi e discutere, ma anche per acquisire competenze grazie a un programma che garantisce opportunità di formazione, professionalmente qualificata e qualificante. Infine, offrire agli operatori del settore uno spazio per raccogliere e far conoscere non solo la loro offerta commerciale, ma anche le loro idee e le loro visioni sul futuro dell’editoria».

Perché avete scelto Rimini?

Perché RiminiFiera era in grado di mettere a disposizione dell’evento strutture e competenze adeguate al compito impegnativo che ci proponevamo: non solo una sala conferenze, ma l’integrazione di spazi espositivi, spazi per incontri e presentazioni, spazi di discussione e socializzazione, nonché supporto e competenze professionali nella gestione e organizzazione di eventi di questo tipo. Solo una grande sede fieristica come quella di Rimini, tra i principali poli fieristici europei, poteva garantirci tutto questo.

Chi, tra gli speaker in scaletta, sei ansioso di ascoltare?

Sono ansioso di ascoltare tutti, e credo che ognuno degli appuntamenti possa offrire moltissimo. Ma se dovessi fare un singolo nome farei quello di Bill McCoy, il direttore esecutivo dell’International Digital Publishing Forum. McCoy parlerà del nuovo formato ePub 3, il cui draft è stato rilasciato dall’IDPF proprio in questi giorni, e il suo intervento si collocherà in pieno nei 30 giorni a disposizione della comunità internazionale di sviluppatori per proporre osservazioni, suggerimenti, integrazioni al linguaggio. L’importanza che ha per il settore e-book la disponibilità di un formato condiviso, aperto, solido e capace di guardare al futuro è enorme, e gli sviluppi del formato ePub rappresentano in questo momento un tema assolutamente centrale per il settore. Poter discutere direttamente con uno dei principali responsabili di questo sviluppo – e poterlo fare in un momento così importante e delicato – rappresenta, credo, un’occasione davvero unica per tutti gli operatori italiani.

Quali ritieni essere le caratteristiche peculiari del mercato editoriale italiano dell’era digitale, sia in termini di opportunità che di debolezze?

Le opportunità sono notevoli, soprattutto se consideriamo le competenze specifiche e particolari del mercato editoriale italiano: una tradizione editoriale fra le più antiche al mondo, e fra le più attente alla dimensione culturale della produzione editoriale; un patrimonio enorme sia in termini di opere pubblicate sia in termini di autori e di professionalità coinvolte. Il mercato editoriale digitale è un mercato globale, e l’Italia – se saprà riconoscerne e interpretarne correttamente le caratteristiche – potrà giocarvi un ruolo di primissimo piano. Occorre però la capacità di guardare al futuro e di dotarsi di strumenti adeguati dal punto di vista tecnico e dal punto di vista culturale: la nostra principale debolezza è nel timore di alterare equilibri e ruoli che si pensavano più o meno consolidati. Un timore condiviso da molti, e che finisce per favorire la frammentazione, la difesa a oltranza del “business as usual”, la resistenza all’innovazione. La frammentazione e la tentazione di guardare esclusivamente al proprio orticello (in termini di scelte editoriali, di pubblico, di competenze) rischiano di trasformare un mercato editoriale forte in un terreno di conquista per chi, all’estero, si è già costruito sia idee nuove, sia le competenze e le strutture necessarie a portarle avanti. Per questo, paradossalmente, la maggiore necessità del mercato editoriale italiano è in questo momento una necessità di formazione: gli operatori del settore, e in primo luogo gli editori, devono capire quali sono le caratteristiche del mondo digitale, e devono imparare a lavorare al suo interno, non ai suoi margini.

Il settore editoriale è in grande cambiamento. Quali conseguenze avranno le trasformazioni in atto sulla filiera produttiva?

Conseguenze enormi, e in parte forse ancora imprevedibili. Personalmente non credo al paventato trionfo della disintermediazione editoriale (l’autore che si pubblica da solo, la sparizione degli editori professionali) se non in casi abbastanza particolari. L’editoria di qualità avrà ancora bisogno di soggetti capaci di scegliere, selezionare, proporre, promuovere, e di farlo in maniera professionale. Ma questi soggetti si muoveranno in un mercato in cui la tipologia dei prodotti editoriali e i canali e le modalità per la loro distribuzione cambiano e si moltiplicano. La filiera editoriale tradizionale è rigida e prevede ruoli distinti e ben definiti, quella digitale è in evoluzione rapidissima e anche un po’ confusa: è facile fare scelte sbagliate, e le scelte sbagliate si pagheranno care. Non sarà un periodo facile per il mondo editoriale: ci saranno sicuramente soggetti penalizzati (per esempio, il ruolo delle librerie fisiche dovrà essere profondamente ripensato), ma emergeranno anche soggetti nuovi. Credo che fra vent’anni il panorama editoriale italiano e l’organizzazione della sua filiera produttiva saranno molto diversi da quelli che conosciamo oggi.

In che modo i Drm possono impattare sulla distribuzione dei contenuti? Quale politica consiglieresti a un editore in tal senso?

Il rischio maggiore è che i Drm si trasformino, da uno strumento di salvaguardia del patrimonio di contenuti, in un ostacolo per la loro diffusione. Nella loro forma attuale, molti tipi di protezione sono estremamente penalizzanti per gli utenti, rendono assai scomodo il trasferimento dei contenuti fra dispositivi diversi, e non garantiscono all’utente la fruibilità di lungo periodo dei testi acquistati. In questa situazione, il rischio concreto è che la pirateria non solo cresca, ma diventi una risposta razionale dell’utente a oggettive difficoltà nell’uso di certi contenuti protetti. Se la pirateria diventa una risposta razionale (per quanto illegittima), il danno che può risultarne per quello stesso settore editoriale che cerca di utilizzare il Drm come strumento di difesa, rischia di essere enorme. Personalmente credo che più che su formati e politiche di protezione chiusi e non interoperabili, gli editori dovrebbero concentrarsi sull’offerta articolata di servizi a valore aggiunto e “one shot” da offrire agli acquirenti legittimi. Si può fare, ma serve capacità di innovazione, e anche di invenzione.

Quali caratteristiche, rispetto al tradizionale libro di carta, deve avere un ebook per essere considerato un buon prodotto?

La prima caratteristica è non far rimpiangere il libro. Se, in qualunque situazione, l’utente pensa “questo particolare aspetto dell’e-book (le caratteristiche del supporto, la qualità dello schermo, l’impaginazione, la qualità dei contenuti, le funzionalità offerte, i meccanismi di protezione…) è assai peggiore del libro su carta”, vuol dire che non siamo davanti a un buon prodotto. Poi verranno anche le caratteristiche innovative, in particolare nel campo del social reading e della multimedialità. Ma per prima cosa l’e-book deve essere solido dal punto di vista dell’usabilità e della qualità editoriale.

Il prezzo è uno dei fattori su cui il dibattito ha assunto i toni più accesi. Quali fattori devono essere tenuti presenti nel valutare il prezzo di un ebook?

Sul lungo periodo i fattori dovranno essere gli stessi di quelli che entrano nella definizione del prezzo di un libro su carta: i costi di produzione e distribuzione, la dimensione e le caratteristiche del mercato, le aspettative di vendita. Ma naturalmente l’articolazione interna di ciascuno di questi fattori sarà diversa da quella tradizionale: spariscono i costi legati alla componente fisica del libro (che però anche nel caso del libro su carta non sono certo i costi maggiori), tendono a cambiare e in molti casi a ridursi (ma non a sparire) quelli legati alla distribuzione, restano (e in certi casi possono aumentare, per esempio con l’acquisizione di diritti su contenuti multimediali) quelli legati alla produzione dei contenuti. Nel caso di libri dalla struttura tradizionale credo comunque ci sia spazio per una progressiva diminuzione dei prezzi, non solo per i minori costi di produzione, ma anche per un mercato (e un volume di vendite) potenzialmente più ampio.

Attualmente la maggior parte degli ebook somiglia alla propria controparte cartacea, ma le possibilità offerte dall’interattività e dalla multimedialità potrebbero ben presto trasformare il prodotto-libro. Cosa pensi degli enhanced book e in che modo pensi potranno cambiare le abitudini dei lettori?

La forza espressiva del linguaggio e della scrittura è enorme, e non credo affatto che l’avvento dell’e-book implichi la trasformazione di tutti i libri in prodotti multimediali: continueremo anche a scrivere libri fatti principalmente di parole, proprio come abbiamo sempre fatto. E personalmente sono piuttosto deluso da molti dei primi esempi di enhanced book, soprattutto in campo narrativo: la semplice giustapposizione di codici comunicativi diversi (in particolare, testo e filmati) non funziona, occorre integrarli in una struttura narrativa unitaria, ed è un compito assai più difficile di quanto non possa sembrare. Ma certo si aprono anche possibilità enormi di sperimentazione: pensiamo, per fare solo qualche esempio, alla visualizzazione dei dati (modalità di visualizzazione animata dei dati potranno in molti casi sostituire grafici e tabelle, per farsene un’idea basta guardare a siti come Gapminder.org), al social reading, alla presentazione e promozione dei libri, a settori come la scolastica, la manualistica, le guide turistiche… in tutti questi casi strumenti multimediali e animati cambieranno certo alcuni aspetti della forma-libro, e dunque anche le nostre abitudini di lettura.

Ebook ma anche applicazioni (per iOS o Android). Che cosa ne pensi?

Sul medio e lungo periodo, personalmente non credo molto all’idea di e-book in forma di applicazioni: in questo momento ci sono certo molte e-book apps interessanti, ma è una situazione contingente, legata soprattutto ai limiti del linguaggio ePub nella gestione di contenuti multimediali e nell’embedding di risorse di rete. ePub è nato come formato di pacchetto, e questo ci porta troppo spesso a immaginare che il “pacchetto” debba essere qualcosa di chiuso. Le apps sono aperte, sono capaci di assorbire contenuti dalla rete, e offrono quindi in questo momento una flessibilità maggiore, soprattutto nei casi in cui interessa fare sperimentazione. Ma non sono interoperabili, non permettono facilmente di costruire “librerie” di contenuti su cui compiere operazioni trasversali. Se ePub cresce nel modo giusto, trasformandosi in un formato aperto anche al mash-up multimediale, credo che la strada del formato standard sia molto più produttiva di quella di tante micro-applicazioni indipendenti l’una dall’altra.

Gli ereader si stanno moltiplicando e la compatibilità tra i dispositivi, formati e sistemi di protezione non rende ai lettori la vita facile. Quali consigli daresti a chi vuole acquistare un ereader?

In questo momento ci sono due classi abbastanza distinte di dispositivi: gli e-reader basati su carta elettronica e inchiostro elettronico, monofunzionali (e per ora solo in bianco e nero e incapaci di gestire animazioni) ma con lo schermo molto più simile alla pagina di un libro, e i tablet multifunzionali come iPad, con eccellente gestione di colori e multimedialità, ma schermi più scomodi soprattutto all’aperto. Nell’attesa di una convergenza fra queste due tipologie di strumenti (che potrà arrivare forse con la carta elettronica a colori, forse con nuove tecnologie di schermo come l’electrowetting), credo che il lettore debba interrogarsi soprattutto su quel che chiede al dispositivo di lettura, e sulle tipologie di libri che vuole leggere. Per un lettore forte, interessato soprattutto a leggere libri tradizionali, consiglio un lettore basato su e-paper capace di visualizzare libri in formato ePub standard. Per un lettore interessato a sperimentare forme di testualità più ibride, e interessato anche (o soprattutto) alla lettura di giornali e riviste, meglio i tablet multimediali. Ma nulla esclude, naturalmente, che si possano utilizzare in situazioni diverse tutte e due le tipologie di strumenti.

Come impattano le caratteristiche dei diversi device e motori di rendering nella realizzazione del prodotto editoriale?

Molto, e purtroppo – paradossalmente – in alcuni casi al ribasso: la necessità di essere compatibili con strumenti dalle caratteristiche diverse spinge a volte a realizzare prodotti di minore qualità editoriale. Uno dei vantaggi di un ecosistema fortemente controllato come quello Apple è di limitare questa necessità, a spese però dell’interoperabilità con dispositivi diversi. Per fortuna la qualità degli strumenti disponibili migliora rapidamente, e quindi un po’ per volta l’asticella della qualità tende comunque ad alzarsi. Poi naturalmente c’è la questione del rapporto fra caratteristiche del dispositivo e tipologia dei contenuti che il dispositivo è in grado di visualizzare: come appena detto, da questo punto di vista la differenza fra dispositivi basati su carta elettronica e tablet multimediali è per ora tale da influenzare in maniera decisiva la tipologia di prodotti editoriali che vi si possono utilizzare.

Su quale device preferisci leggere ebook?

Devo dire che sono progressivamente diventato abbastanza onnivoro, anche perché per necessità professionali mi interessa provare molti dispositivi diversi. E così leggo parecchio anche su un reader coreano economicissimo, con uno schermo retroilluminato di qualità abbastanza scadente (i cosiddetti schermi c-paper, che non hanno nulla a che fare con la carta elettronica), ma leggero, pratico, capiente, capace di masticare quasi qualunque formato e comodo per la lettura notturna. Comunque i miei device preferiti sono al momento tre: un Kindle DX, ottimo per il largo formato (che rende possibile utilizzare bene anche i file PDF) e per la possibilità di acquistare libri ovunque (leggo molto in inglese); un iPad (per enhanced book, ma soprattutto per giornali e riviste), e un Galaxy Tab che è una sorta di factotum per gli spostamenti (Web, giornali, riviste, libri, social network, e in caso di necessità collegamento in remoto al computer di casa…), con una usabilità non sempre perfetta (per esempio per leggere il giornale lo schermo è un po’ piccolo) ma con l’enorme vantaggio di un ingombro minimo. In caso di necessità, leggo anche sullo smartphone, un Nexus One. Comunque, il supporto su cui leggo libri più spesso è ancora la carta, e lo resterà credo almeno per i prossimi quattro o cinque anni.

Un’ultima domanda: qual è il primo ebook che hai acquistato?

Bisogna risalire alla prima ondata, agli anni 1999-2000. All’epoca avevo due e-book reader, il REB 1100 (robustissimo, quasi militare…) e il REB 1200 (un lettore a colori per l’epoca davvero notevole). I primi e-book li ho comprati in inglese per REB 1100, facendo acrobazie per collegarmi via modem allo store Gemstar negli Stati Uniti. Se non sbaglio, il primo è stato Tre uomini in barca, che avevo letto in italiano ma mai in inglese. Nel 2000 sono poi arrivati anche gli e-book in formato .lit per i palmari con Microsoft Reader. Ma oltre a leggere sperimentavo anche la realizzazione di e-book: Frontiere di rete, di cui ero coautore e che è uscito nel 2001, è stato fra i primi e-book pubblicati in Italia da un grande editore (Laterza), anche se all’epoca lo distribuivamo gratuitamente. E in quegli anni in un laboratorio con gli studenti avevamo realizzato anche all’università una piccola collezione di e-book in formato OEB, l’antenato di ePub: per chi avesse nostalgie, sono ancora in rete.

L'autore

  • Fabio Brivio
    Fabio Brivio, classe 1972, laurea in Storia Medievale e master in Informatica e Comunicazione, crede nella sinergia tra scienze umane e tecnologia. È responsabile per l’Editoria, la Formazione e il Web in Apogeo, editore del gruppo Feltrinelli specializzato in manualistica e saggistica tecnica e professionale. Si interessa di tatuaggi ed è affascinato dal significato dei segni. Quando può, cammina lungo antiche vie. Vive tra Milano e Bologna.

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