Quando più di vent’anni fa nacque il World Wide Web, il mondo marketing si interessò subito alla improvvisa misurabilità delle interazioni. Per esempio attraverso gli hit, accessi alle pagine, che nel 2015 interessano a nessuno.
È normale che le metriche di misurazione di fenomeni qualsivoglia si evolvano e raffinino nel tempo, con il maturare della comprensione dei fenomeni stessi. Se parliamo di sport americano, i rilievi statistici iniziano già nel Diciannovesimo secolo. Da allora siamo arrivati a metriche molto sofisticate, alcune comprensibili solo dopo una lettura ponderosa.
È quanto ho spiegato settimana scorsa durante Smarter Engagement, dove ho sollevato provocatoriamente l’idea di ricercare e trovare una equazione “magica” che riesca a definire e misurare in modo confrontabile quella nozione intangibile che è appunto l’engagement, il coinvolgimento attivo ed entusiasta di visitatori, lettori, utenti, partecipanti.
Idea da startup: trovare l'equazione che rende misurabile e confrontabile l'engagement. @CoworkingLogin @getchorally #smarterengagement
— Lucio Bragagnolo (@loox) April 9, 2015
La verità è che Internet consente – lo si dice da sempre – una misurazione accurata e articolata del traffico. Ma siamo complessivamente ai primi passi e la maturazione della comprensione del fenomeno è ancora lontana. I big data sono le nuove michette, ne abbiamo ancora da mangiare un bel po’.
Non si parla della sofisticazione di una Google, IBM, Amazon, ma della vita reale e delle aziende “normali”. Anche dove c’è una parvenza di cultura digitale, parli di iniziative web e l’interlocutore difficilmente sa andare oltre i mi piace quantificati al chilo, come la carne trita.
Chi sta un gradino sopra chiederà risultati su Twitter e vorrà immediatamente centinaia, migliaia di follower. Numeri da urlare al megafono al posto di interazioni vere e produttive, costruite in un intervallo di tempo umano, ragionevole e salutare anche per il business.
Per quanti ritengono di poter trasferire a Internet le logiche di misura del telemarketing o del volantinaggio, poche informazioni veloci:
- Il sistema dei mi piace su Facebook è fallato. È sufficiente un solo account di spam per generare venti falsi mi piace ogni minuto.
- Lo studio linkato spiega come sia anche difettoso: il conteggio dei mi piace non corrisponde del tutto alle azioni dei visitatori.
- Pure se il sistema funzionasse, ricordo che la pagina Facebook della foto di Toto Cutugno iterata all’infinito ha ottenuto più di sessantamila mi piace. Fanno scena i mi piace, ma hanno valore zero.
- Per avere tanti follower Twitter in poco tempo, basta comprarli. Twitter li vende sempre volentieri. Sul valore cosmetico dell’operazione, niente da dire; è che trattare i social media solo come media, senza la parte social, alla fine porta esattamente da nessuna parte.
A un certo punto arriverà anche l’equazione dell’engagement. Nel frattempo mi permetto di consigliare a individui e organizzazioni di costruire su Internet relazioni concrete, profonde per quanto possibile, personali e sincere, in modo antiquato: attuandole giorno per giorno con pazienza e partecipazione. La curva dei follower seguirà una progressione lineare e non geometrica; quella delle soddisfazioni, invece, potrebbe finalmente cominciare a salire.