Se impariamo a conoscere le peculiarità delle foto macro, scattiamo foto migliori
- Che cos’è la fotografia macro
- Quanto è importante la luce naturale per scattare macro
- Quali sono vantaggi e svantaggi del sensore macro dello smartphone
- Come si evolvono le tecnologie per le foto macro
- Come funzionano le foto HDR
1. Che cos’è la fotografia macro
La macrofotografia è un genere fotografico che sta crescendo moltissimo e sta diventando alla portata anche di fotografi alle prime armi. Ai tempi della pellicola, infatti, trattandosi di una tecnica molto complessa, era riservato a fotografi esperti. Gli accessori e le lenti dedicate a questo genere erano di numero molto inferiore a quello che oggi abbiamo a disposizione.
Per raggiungere rapporti di riproduzione elevati si utilizzavano diverse tecniche, a volte molto complesse come l’unione di più lenti o l’utilizzo di soffietti. Messa a fuoco ed esposizione erano rigorosamente manuali.
Oggigiorno, la macro è decisamente più alla portata del grande pubblico, anche se non si hanno conoscenze tecniche o strumenti avanzati. Permette di entrare nel micro-mondo e apprezzarne tutti gli affascinanti particolari che sfuggono ai nostri occhi. Una volta iniziato questo viaggio, raramente torneremo indietro. La possibilità di scrutare da vicino la testa di un semplice insetto ci mostrerà quanto queste creature siano affascinanti e ricche di dettagli.
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Chi ha mai visto da vicino la testa di una farfalla o di una mantide religiosa? Beh, posso assicurare che sembrerà di osservare creature aliene viste solo nei film di fantascienza. Il bello della macro è che incuriosisce sia il fotografo che lo spettatore. Tutti sono affascinati dai particolari che i nostri occhi non riescono a vedere. Una bella fotografia di un paesaggio può essere molto evocativa ma è qualcosa che potremmo vedere e ammirare anche con i nostri occhi. Al contrario, i dettagli degli occhi di una cicala o i riflessi di una piccola goccia di rugiada non sono visibili a occhio nudo ed è proprio per questo che la macro suscita molto stupore nel pubblico. Più ci applichiamo in questo genere e più ci verrà voglia di esplorare e fotografare tutto quello che è attorno a noi.
Uno degli aspetti più intriganti della macrofotografia è che non c’è bisogno di viaggiare in giro per il mondo o di andare alla ricerca di soggetti esotici per scattare immagini fuori dall’ordinario, ma basta un po’ di spirito di osservazione e creatività per riuscire a realizzare fotografie di forte impatto emotivo anche con semplici soggetti trovati vicino a noi: in casa, nel nostro cortile, nel nostro posto di lavoro o nelle immediate vicinanze. Nonostante io stesso abbia girato in lungo e in largo per il mondo, le foto che più mi hanno dato visibilità a livello globale sono state quelle scattate a pochi chilometri da casa di piccoli insetti e di particolari naturali presenti lungo le golene dei fiumi, nei campi, nei boschi e a volte anche in città. La macrofotografia è una continua esplorazione tra piccoli dettagli che possono essere naturali o artificiali.
2. Quanto è importante la luce naturale per scattare macro
Sfruttare al meglio la luce naturale nella macro è fondamentale. In genere è meglio scattare al riparo della luce diretta del Sole per evitare bruciature sui soggetti, sia nelle parti in luce che diventerebbero completamente bianche, sia nelle parti in ombra che potrebbero diventare completamente nere e prive di dettaglio. Come nella fotografia di paesaggio, è meglio evitare bruciature e perdite di qualità del colore, ed è per questo che preferisco scattare in ombra o in giornate nuvolose. Le nuvole, coprendo il Sole, si comportano come un enorme diffusore. La luce naturale, anche se ammorbidita dalle nuvole, arriva principalmente dall’alto e dai lati, producendo comunque ombre piuttosto marcate sui soggetti nella parte inferiore o rivolta al terreno. Preferisco schiarire queste ombre dure con pannelli o diffusori, cercando di non appiattirle troppo per non perdere tridimensionalità. Ricordiamoci che nella fotografia si scrive sì con la luce, ma è fondamentale anche l’ombra che viene da essa generata.
Un momento in cui amo scattare nella luce naturale è durante l’alba o al tramonto. In questi orari adoro scattare in controluce per creare silhouette o giochi di contrasto. La luce del Sole può creare contorni luminosi intorno ai soggetti, e grazie allo sfocato dato dalle ottiche macro si possono ottenere sfondi davvero magici.
Quando il Sole è alto lo si può sfruttare grazie alla sua forte intensità di luce per scattare foto d’azione, come per esempio insetti in volo. Se invece scattiamo foto di fiori o altri soggetti, valutiamo se sfruttare un ombrello o un pannello per ammorbidire la luce. Sono ottimi gli ombrellini bianchi da ritratto.
La luce diretta del Sole crea sulle zone chiare intense bruciature bianche, mentre nelle zone in ombra si creano aree nere e troppo contrastate sia sul soggetto che sullo sfondo. Per compensare la forte luce solare possiamo sfruttare anche dei flash o degli specchietti in modo da bilanciare le zone in luce con quelle in ombra.
3. Quali sono vantaggi e svantaggi del sensore macro dello smartphone
Per entrare nel mondo della macro può bastare anche una fotocamera compatta o uno smartphone moderno. Queste compatte hanno in genere discrete capacità macro. Grazie al piccolo sensore di cui sono dotate e alle piccole ottiche è più semplice fare macrofotografia. Le piccole lenti consentono una profondità di campo più elevata rispetto a fotocamere reflex o mirrorless.
Diversi smartphone e fotocamere compatte hanno la funzione macro, che consente di avvicinarci di più ai soggetti per aumentarne l’ingrandimento.
Realizzare foto macro con uno smartphone recente è piuttosto semplice ma dovremo stare molto vicini ai soggetti con il rischio di toccarli accidentalmente.
Per gli smartphone che non hanno una funzione macro, esistono lenti addizionali che si possono montare con una clip davanti alle ottiche integrate. I kit migliori offrono anche una cover a cui è possibile avvitare una lente aggiuntiva: questo consente un perfetto allineamento tra le lenti e minor margine di errore. I prezzi di queste lenti aggiuntive variano da poche decine a centinaia di euro in base alla qualità. Gli ingrandimenti possono variare in base alle lenti utilizzate ma si può arrivare a ingrandimenti molto elevati. Con questo tipo di lenti, e soprattutto con quelle più economiche, la perdita di qualità ai bordi del fotogramma è piuttosto marcata.
Una delle difficoltà maggiori nell’utilizzo della maggior parte di questi sistemi è la ridottissima distanza, spesso è inferiore al centimetro, con cui il soggetto andrà fotografato.
In linea di massima, più la fotocamera è di qualità e migliori saranno le immagini che questa riuscirà a catturare, ma molto dipenderà dalle nostre conoscenze e dalla nostra tecnica. Se siamo esperti riusciremo a ottenere buoni risultati anche senza attrezzature professionali.
Generalmente un elemento di grande differenza tra sensori piccoli e grandi è la quantità di rumore digitale o grana catturati scattando a ISO più elevati. Solitamente, sempre a parità di generazione, più è grande il sensore e inferiore sarà la grana presente nelle immagini. Lo stesso vale anche per dettaglio, gamma dinamica e precisione del colore.
Uno svantaggio dei sensori grandi sono invece le dimensioni fisiche sia della fotocamera sia degli obiettivi. Sensori più grandi necessitano di ottiche più grandi, sensori più piccoli di ottiche più piccole e in genere più leggere. Se il nostro desiderio è quello di rimanere leggeri, come per esempio per un’escursione in montagna, è meglio optare per fotocamere con sensori più piccoli. Risparmieremo così in ingombri, pesi e in genere anche nei costi.
4. Come si evolvono le tecnologie per le foto macro
Il progresso e il miglioramento delle tecnologie ha consentito negli ultimi anni di realizzare fotografie che un tempo erano impensabili. Una di quelle che ha stravolto il mio modo di fare macro è stato il focus stacking automatico, introdotto per la prima volta da Nikon sulla D850, che mi ha permesso di velocizzare notevolmente il tempo necessario a realizzare le sequenze di scatti.
Un’altra tecnologia utilissima è stata l’implementazione dell’otturatore elettronico. Nelle reflex il movimento dello specchio e delle tendine dell’otturatore crea vibrazioni che all’au- mentare dell’ingrandimento diventano deleterie. Per questo utilizzavo il blocco dello specchio e ritardi forzati tra uno scatto e l’altro per smorzare le vibrazioni che vengono create dai mo- vimenti meccanici. In questo caso è utile attivare anche la funzione “esposizione posticipata” presente nella maggior parte delle fotocamere Nikon. Con l’arrivo poi delle mirrorless Z, le capacità macro sono ulteriormente migliorate grazie all’assenza dello specchio e a una velocità operativa anche in live view decisamente più elevata rispetto alle reflex. Per le sue ultime am- miraglie, Nikon ha deciso di rimuovere completamente l’otturatore meccanico dato che grazie ai sensori stacked (impilati) si è raggiunta una velocità di scansione tale da renderlo superfluo.
L’anno scorso l’azienda tedesca Novoflex ha prodotto un altro accessorio macro che è di- ventato quasi indispensabile per ingrandimenti elevati. Si tratta di una slitta micrometrica elettronica con interfaccia di controllo touch screen semplice e intuitiva. Utilizzavo già da tempo slitte elettroniche, ma il loro utilizzo, soprattutto in natura, era piuttosto complicato per via dei numerosi cavi e accessori da collegare.
Ottiche a elevati rapporti di ingrandimento, sensori a elevata gamma dinamica, resistenza a ISO elevati, densità di pixel e slitte elettroniche ci permettono di realizzare immagini che anni fa non avrei nemmeno pensato di scattare. Grazie alle moderne tecniche e tecnologie, realiz- zare immagini come quella della Figura 7.16 è diventato decisamente più semplice, nonostante gli svariati tentativi prima di raggiungere il risultato desiderato. Gli automatismi e la maggiore velocità di esecuzione mi hanno permesso di catturare il riflesso di alcune margherite sulla su- perficie degli occhi sferici di un piccolissimo ragno saltatore.
Lo stesso obiettivo si vede riflesso al centro degli occhi. La sequenza di scatti con il focus stacking automatico, non essendo possibile al momento con obiettivi ultra macro, è stata realizzata con una slitta elettronica. Anni fa, con reflex e slitta manuale, avrei dovuto girare una rotella per il cambio di messa a fuoco dopo ogni scatto. Per evitare le vibrazioni introdotte da questa operazione sarei stato costretto a fare una pausa di qualche secondo tra un avanzamento e l’altro. Inoltre, la presenza dello specchio e dell’otturatore meccanico avrebbe causato ulteriori vibrazioni. Per questo era obbligatorio utilizzare la funzione del blocco dello specchio e inserire ulteriori ritardi di scatto. Insomma, fare una sequenza di centinaia di immagini come questa avrebbe richiesto svariati minuti con l’alta probabilità che il soggetto si muovesse prima del termine della sequenza di scatti.
5. Come funzionano le foto HDR
Le immagini ad alta gamma dinamica sono indispensabili nelle condizioni di luce più dura. Per realizzarle è meglio utilizzare bracketing automatici di esposizione e non far generare l’HDR direttamente dalla fotocamera. Questa infatti creerà file JPG con meno informazioni rispetto ai RAW. Quando il contrasto della scena ripresa è troppo elevato, il sensore della fotocamera non è in grado di registrare tutte le informazioni di luce e di colore come fanno i nostri occhi. Nemmeno le fotocamere più recenti riescono a fare bene. Solo i recenti smart-phone utilizzano lo stratagemma dell’HDR automatico praticamente in ogni scatto: quando premiamo il pulsante di scatto, questi hanno in realtà già immagazzinato diversi scatti con i quali faranno una media per migliorare l’esposizione della scena e del soggetto. Con foto-camere come reflex e mirrorless questa procedura è meglio farla utilizzando il bracketing dell’esposizione automatico, presente nella maggior parte di esse.
Il bracketing consiste nello scattare una sequenza di scatti facendo diverse esposizioni. Se impostato correttamente, si otterrà una sequenza di scatti da sottoesposto a sovraesposto. In post-produzione uniremo questi scatti per avere la massima gamma dinamica e la massima leggibilità delle luci e delle ombre. Nel paesaggio è una tecnica quasi indispensabile soprattutto se fotografiamo all’alba o al tramonto e in controluce. In condizioni di luce molto contrastata è una tecnica fondamentale se si vogliono recuperare tutte le informazioni di luce e ombra. In macrofotografia è altrettanto utile quando abbiamo forti contrasti o soggetti scuri su sfondi chiari e viceversa.
L’importante è che la sequenza sia scattata in un lasso di tempo sufficientemente breve per evitare movimenti nella scena o cambi di luce.
Su molte fotocamere è attivabile con il pulsante BKT o BRK o dal menu alla voce AE Bracketing o similare. Nelle impostazioni dovremo controllare di avere una forcella di scatti abbastanza ampia per coprire tutta la gamma di luce presente nella scena.
Io preferisco impostare una forcella di 2 stop di differenza e 3 scatti per le scene a contrasto medio, mentre per le scene a contrasto elevato imposto 5 scatti con sempre 2 stop di differenza ma compensando di 1 o 2 stop in negativo l’esposizione. Questo perché è molto più facile bruciare le alte luci e renderle irrecuperabili anche in postproduzione.
Consiglio inoltre di attivare l’autoscatto in modo che la macchina a una singola pressione esegua da sola tutti gli scatti senza costringerci a premere ogni volta il pulsante di scatto per completare il bracketing. Alcune fotocamere non supportano questa funzione e in tal caso consiglio di mettere lo scatto continuo lento e di utilizzare un telecomando. Tenendo premuto il pulsante di quest’ultimo, la fotocamera realizzerà tutta la sequenza si scatti. Le macchine fotografiche hanno diverse opzioni e possono arrivare a fare anche sequenze di 9 scatti in bracketing. Valutiamo in base alla situazione se saranno necessari 3, 5, 7, 9 o più scatti.
Per le fotocamere che non supportano il bracketing automatico dovremo fare noi diversi scatti utilizzando o la compensazione dell’esposizione se stiamo utilizzando un semiautomatismo o l’esposizione manuale.
In alcune situazioni potrebbe essere necessario utilizzare sia il bracketing dell’esposizione per catturare tutte le sfumature di luce e ombra della scena, sia il focus stacking per massimizzare la profondità di campo. Purtroppo al momento non conosco fotocamere che eseguano queste due funzioni insieme in automatico, quindi dovremo provvedere noi a entrambe e poi unirle in un secondo momento.
Per catturare una scena dove sono necessari sia il bracketing sia il focus stacking opero nel seguente modo.
- Realizzo un primo focus stacking sottoesposto di 2 stop.
- Realizzo un secondo focus stacking identico al primo come messa a fuoco ma con l’esposizione neutra.
- Realizzo un terzo focus stacking sempre identico come fuoco ma sovraesposto di 2 stop.
Se il contrasto è molto elevato è meglio fare 5 sequenze di scatti partendo da una sottoesposizione di 6 stop e arrivando a una sovraesposizione di 2 stop. Fatto questo dovremo poi unire singolarmente i 3 o i 5 focus stacking e successivamente montare le sequenze unite come un normale HDR.
Per essere più chiari, il bracketing è la funzione che permette di realizzare gli HDR con un software al computer. Tra i moltissimi software che consentono di creare gli HDR unendo più esposizioni vi sono Lightroom, Camera Raw, Photoshop, Affinity Photo, Luminar, Aurora HDR, Photomatix, ACDSee, Capture One e SNS.
Questo articolo richiama contenuti da Macrofotografia.
Immagine di apertura originale dell’autore.