Esempi di magie potteriane e soluzioni reali da veri babbani
- Come può un mago generare palle di fuoco
- Quali sono le piante carnivore più simili al Tranello del diavolo di Harry Potter
- Quanto è difficile per i babbani riprodurre l’incantesimo della levitazione
- Come si può realizzare un teletrasporto da babbani
- Dove potremmo trovare stazioni ferroviarie nascoste a Londra
1. Come può un mago generare palle di fuoco
Per accendere il fuoco sulla Terra in genere serve che siano presenti tre ingredienti: combustibile, calore e ossigeno. Li si chiamano di solito triangolo del fuoco.
I maghi babbani creano spesso palle di fuoco, e lo fanno con metodi diversi. In un caso si usa per esempio un materiale solido infiammabile che è fondamentalmente cotone idrofilo, ma sovralimentato. Si chiama nitrocellulosa o flash cotton, e quando viene bruciato produce una fiamma che si spegne letteralmente in un lampo. La diffusione del cotone idrofilo consente all’ossigeno di raggiungere con più facilità i siti di combustione, rendendo la reazione molto più rapida. Esiste sul mercato un prodotto, chiamato Pyro Mini Fireshooter, che crea palle di fuoco sfruttando questo meccanismo, ma sono palle di piccole dimensioni. Un problema con questa tecnica è che brucia così veloce da non trasmettere molto calore a ciò con cui entra in contatto. È per questo che negli spettacoli, magari di magia, è possibile produrre fuoco sui palmi delle proprie mani. E questo significa anche che Hermione non poteva usare questo sistema per bruciare il mantello di Piton. Dunque, che altri metodi ci sono?
Una bacchetta potrebbe contenere combustibili gassosi compressi allo stato liquido. In questo modo non occuperebbero molto spazio e potrebbero fornire qualche bella ustione con una modica quantità di combustibile. Le reazioni per creare gas potrebbero avvenire anche all’interno della bacchetta. Così si potrebbe fare, per esempio, con il carburo di calcio che reagisce con l’acqua per produrre gas infiammabile, l’acetilene. In questo modo, alla bacchetta basterebbe un serbatoio di carburo di calcio e la possibilità di aggiungere acqua quando lo si desidera. La pressione del gas potrebbe accumularsi ed essere rilasciata come uno sbuffo, che una volta avviato potrebbe formare una piccola palla di fuoco. Indipendentemente dal tipo di combustibile e dal metodo di rilascio, in tutti questi casi servirebbe una fonte di calore sufficiente per l’accensione. Come ottenerla?
Generare calore
Gli accendini hanno vari metodi di innesco, che servono a fornire l’energia termica necessaria a bruciare combustibile e ossigeno. Il modo più comune sfrutta una scintilla generata da una pietra o da un metallo come il ferrocerio, una pietra focaia più leggera. Lo svantaggio della pietra focaia è che richiede un’azione meccanica per creare la scintilla, e questa dovrebbe in qualche modo avvenire all’interno della bacchetta. Lo stesso vale se vogliamo usare una scarica elettrica generata dalla pressione di un cristallo piezoelettrico, come succede in molti accendini che generano un arco tra due elettrodi se applichiamo una tensione sufficiente.
Esistono anche accendini catalitici che utilizzano un alcool come il metanolo e un catalizzatore di platino. Un catalizzatore è una sostanza che consente a una reazione di avvenire più velocemente o con un minor apporto di energia, ma è qualcosa che non si consuma nel processo. Quando il vapore di metanolo entra in contatto con il platino, si verifica una reazione chimica che genera calore. Questo calore è sufficiente ad avviare la combustione nel metanolo. Sarebbe un modo abbastanza semplice, e che richiederebbe poco spazio, per inserire un meccanismo di innesco sulla punta della bacchetta, mentre un gas pressurizzato consentirebbe a una fiamma di essere generata a partire dalla punta, e non semplicemente emanata.
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Un’altra opzione richiede l’uso dei cosiddetti propellenti ipergolici. Con questi, due sostanze entrano in contatto tra loro e subiscono una reazione che le fa bruciare senza che sia necessario un ulteriore innesco. Li si usa spesso nel volo spaziale. Fin dalle missioni Apollo, i motori dei moduli di servizio e di quelli lunari usavano i carburanti Aerozine 50 e il tetrossido di azoto.
Grandi palle di fuoco
Quindi, si può creare una palla di fuoco purché siano presenti tutti gli elementi del triangolo di fuoco, il problema è inserirli all’interno di una bacchetta. L’uso del gas come combustibile potrebbe produrre una bella palla di fuoco, così come qualsiasi reazione che generi un volume significativo di gas infiammabile. Tuttavia, i combustibili possono essere immagazzinati solo in piccole quantità e per fornire il calore necessario alla reazione, i propellenti ipergolici sono forse il metodo più semplice; anche l’accensione tramite catalizzatore, tuttavia, sembra un buon modo per ottenere una fiamma dalla punta di una bacchetta magica. In ogni caso, una bacchetta che produce fuoco è oggi alla portata della scienza e della tecnologia.
2. Quali sono le piante carnivore più simili al Tranello del diavolo di Harry Potter
Una delle piante più letali che Harry incontri, sia dentro sia fuori l’aula di erbologia, è il Tranello del diavolo. Nella sfida a Voldemort del Trio d’oro, il Tranello del diavolo è una delle tante prove che devono superare per raggiungere la pietra filosofale. Questa particolare pianta magica ha la straordinaria capacità di stritolare la sua preda e, come scoprono Ron e Harry, più ti agiti per liberarti, più lei stringe. Più avanti nella serie, il Tranello del diavolo è descritto più di una volta come un’arma mortale.
Tuttavia, se i rapidi viticci del Tranello del diavolo sono di certo impressionanti, nella botanica del mondo reale ci sono piante altrettanto affascinanti e letali.
Nepenthes rajah: la regina delle piante carnivore
Il nome sembra essere uscito dal mondo dei maghi. Originaria del Borneo malese, la Nepenthes rajah è un rampicante dotato di trappole giganti a forma di brocca, la più grande delle quali è in grado di catturare e digerire piccoli mammiferi, rane e lucertole. In questo caso è una morte lenta. Quando l’animale sfortunato ci cade dentro, viene annegato e lentamente digerito nella trappola da litri di liquido. Il trabocchetto è essenzialmente una foglia a coppa con un interno ceroso e scivoloso, che rende difficile arrampicarsi per uscire. Gli studiosi hanno notato che i corpi dei piccoli roditori possono impiegare mesi per essere digeriti; alla fine, all’interno del fluido della pianta, non rimane altro che lo scheletro.
Utricularia: una falsa innocentina
Come il tranello del diavolo al San Mungo, a prima vista questa pianta sembra piccola e incolpevole, ma già un nome come Utricularia potrebbe far indovinare a un botanico che si tratti di qualcosa di strano. Anche se è adornata di bei fiori, in realtà la pianta è efficiente nel catturare le prede quanto la Nepenthes rajah e il tranello del diavolo. Ha trappole simili a vesciche dette utricoli, con le quali la pianta cattura piccoli organismi. Sono piante che vivono sia nell’acqua dolce sia sul suolo umido, e sono sia terrestri o sia acquatiche: vivono in ogni continente, con la sola eccezione dell’Antartide.
La Utricularia agisce rapidamente. Sono sufficienti dieci millesimi di secondo perché la trappola scatti. Nelle specie acquatiche la botola è azionata meccanicamente e la preda, insieme all’acqua circostante, finisce risucchiata degli utricoli. Queste trappole sono considerate una delle strutture più sofisticate del regno vegetale ma, per fortuna, le prede sono avannotti relativamente piccoli. La specie acquatica, l’Utricularia comune, vanta utricoli che si nutrono di prede come pulci d’acqua, larve di zanzara e giovani girini. Afferrandoli per la coda, le vesciche consumano girini e larve ingerendoli a poco a poco.
La Venere acchiappamosche: un classico
È la classica pianta carnivora del mondo dei babbani. E, con foglie vibranti che si chiudono attorno alla sua preda, la Venere acchiappamosche realizza una morsa molto simile alle sinistre grinfie del magico Tranello del diavolo.
Il Pànace di Mantegazza: l’ultimo arrivato
Il Pànace di Mantegazza è la pianta degli incubi. Molte piante si rivelano tossiche per ingestione, ma al Pànace, che cresce fino a 2,5 metri di altezza, basta toccarti per avvelenarti. Somiglia un po’ a un alieno e avvelena con la collaborazione di un corpo extraterrestre: il Sole! Poiché il Pànace è fotosensibile, trasuda una linfa vischiosa che si attacca alla pelle umana al contatto. Subito, la linfa reagisce con il Sole e avvia una reazione chimica che brucia la carne. Il contatto può portare a necrosi e alla formazione di enormi lesioni violacee sulla pelle. Incredibilmente, le lesioni possono durare per anni. Ancora più preoccupante è il fatto che una minima quantità di linfa può causare cecità permanente al contatto degli occhi. Non sorprende che le gigantesche piante di Pànace siano diventate un obiettivo prioritario per le istituzioni che si occupino di tenere sotto controllo le piante tossiche dei babbani.
3. Quanto è difficile per i babbani riprodurre l’incantesimo della levitazione
In Harry Potter, la levitazione è considerata una delle abilità più rudimentali da acquisire per un mago. La si può realizzare in modi diversi, con l’incantesimo Wingardium Leviosa o con gli incantesimi Locomotor, che possono sollevare un bersaglio a pochi centimetri da terra e spostarlo in una determinata direzione. Nel mondo reale, però, quali metodi hanno adottato i babbani per realizzare la levitazione?
La gravità della situazione
Per far levitare un oggetto sulla Terra, dunque è necessario trovare un meccanismo che possa superare l’attrazione gravitazionale dell’oggetto verso il pianeta, cioè il suo peso. O si fa così o si trova un altro modo di annullare l’effetto della gravità terrestre, come con la sostanza immaginaria di H.G. Wells, la cavorite, di cui si legge nel romanzo del 1901 I primi uomini sulla Luna. Sfortunatamente, nel nostro mondo non fittizio e privo di magia, una tale sostanza o qualità è ritenuta impossibile, benché questo non abbia impedito a ingegneri e scienziati di fare un buon tentativo.
Levitazione aerodinamica
Quando i paracadutisti saltano giù dagli aerei, cadono nell’aria. Man mano che cadono più velocemente, la resistenza dell’aria su di loro aumenta fino a bilanciare il peso che li tira verso il basso. Con le forze verso l’alto e verso il basso in equilibrio, i paracadutisti non guadagnano alcuna velocità extra e si dice che abbiano raggiunto la velocità limite.
Se una quantità sufficiente di aria viene spinta verso l’alto a una velocità pari alla velocità limite di un paracadutista, la forza verso il basso del suo peso sarà bilanciata dalla resistenza verso l’alto generata dall’aria in movimento. Ciò può realizzare la sospensione a mezz’aria del paracadutista, ed è così che funzionano i centri in cui si pratica paracadutismo indoor.
Levitazione acustica
Le onde sonore possono esercitare una pressione sulle superfici con cui entrano in contatto: è la pressione di radiazione acustica o forza di radiazione acustica. Se l’ampiezza (volume) dell’onda sonora ultrasonica è abbastanza grande, può trasportare energia sufficiente per tenere in sospeso le cose.
La levitazione acustica utilizza un altoparlante o un trasduttore per produrre onde sonore con frequenze superiori a 20.000 hertz, dette ultrasuoni perché stanno oltre il limite dell’udibile umano. Come qualsiasi onda sonora, se queste onde incontrano altre onde possono interagire e produrre un nuovo modello d’onda che sia una combinazione di quelle di partenza. Se onde identiche viaggiano in direzioni opposte, quando si incontrano l’interazione o interferenza può provocare un’onda stazionaria.
In questo modo, comunque, si sono fatte levitare palline di polistirolo e goccioline d’acqua, formiche, coccinelle e pesciolini. Altri sistemi utilizzano più sorgenti sonore per manipolare oggetti come piccole viti, fiammiferi e LED. Controllando l’uscita audio da ogni singolo altoparlante, gli oggetti possono essere fatti levitare in modo stabile e spostati: è un po’ come un incantesimo Locomotor.
Quindi, si potrebbe far levitare una piuma come fece Hermione in Harry Potter e la pietra filosofale? Beh, abbiamo posto questa domanda ad Asier Marzo, che fa ricerca sulla levitazione acustica all’Università di Bristol, nel Regno Unito. Non ci aveva mai provato prima, ma a poche settimane dalla nostra richiesta ci inviò un collegamento a un video in cui, sì, una piuma veniva fatta levitare con successo. La piuma era larga soltanto un centimetro circa, ma dimostrò che la levitazione acustica poteva essere usata per produrre effetti simili a quelli dell’incantesimo di levitazione.
Levitazione diamagnetica
Potresti aver presente l’effetto che il magnetismo sortisce sui materiali che contengono ferro. Il ferro è detto materiale ferromagnetico ed è molto attratto dai campi magnetici. Anche il cobalto e il nichel sono ferromagnetici.
Il ferromagnetismo è la forma più familiare di magnetismo, ma ne esistono anche altre, come il paramagnetismo e il diamagnetismo. I materiali paramagnetici sono debolmente attratti da un campo magnetico esterno, mentre i materiali con proprietà diamagnetiche tendono a essere respinti da un campo magnetico esterno.
Il diamagnetismo agisce su tutti i materiali (e non solo sui metalli), provocando una repulsione relativamente debole quando si trovano in un campo magnetico abbastanza forte. Ciò può far levitare gli oggetti all’interno di un campo magnetico verticale che sia abbastanza forte, come dimostrato con piccole rane, grilli e topi.
Tuttavia, resta un problema creare una zona stabile abbastanza grande da ospitare un essere umano. Ti servirebbe un magnete da circa 100 megawatt di potenza, con uno spazio centrale di 0,6 metri di diametro per far levitare un essere umano. Per fare un confronto, lo spazio di levitazione sperimentale (il centro del magnete superconduttore) utilizzato per far levitare un topo aveva un diametro di 6 centimetri.
Quindi, gli scienziati potranno realizzare un Wingardium Leviosa
La risposta è decisamente sì. Su scala ridotta, la levitazione acustica può essere utilizzata per far levitare e manipolare oggetti, ma richiede una serie di trasduttori che generino le onde ed è limitata a oggetti di circa 4 mm. La levitazione diamagnetica migliora facendo levitare oggetti più grandi, inclusi piccoli animali, ma solo all’interno di particolari regioni stabili ed è ancora preclusa a oggetti più grandi. Per funzionare ha inoltre bisogno di un magnete enorme e potente. Per oggetti più grandi, la levitazione aerodinamica è l’opzione più efficace, ma le serve un forte soffio d’aria, quindi è a sua volta piuttosto scomoda. In ogni caso, la levitazione è una cosa reale, e un campo di ricerca molto dinamico.
4. Come si può realizzare un teletrasporto da babbani
Il teletrasporto è da molto tempo un classico della narrativa fantastica. È la risposta al sogno di essere capaci di trasmettere la materia nello spazio in modo istantaneo, ricreandola esattamente in un altro luogo. L’idea è già presente in un antico mito ebraico, dove la si chiama Kefitzat Haderech, letteralmente la scorciatoia.
Il teletrasporto della fantasia è spesso descritto attraverso il linguaggio della tecnologia quantistica: trasmettere la materia in questo modo significherebbe che l’oggetto originale o la persona verrebbe distrutta, per essere rimessa insieme altrove. Facile capire che questo metodo abbia qualche problema! E se il rimettere insieme i pezzi non va secondo i piani? Ci sono trilioni di atomi nel corpo umano e questo significherebbe che ogni atomo individuale andrebbe separato, catalogato, digitalizzato e teletrasportato. Poi l’intero processo andrebbe ripercorso al contrario, per assemblare gli atomi nella nuova posizione. Nella quale andrebbe anche l’anima, assumendo che esista qualcosa del genere (il che solleva anche la possibilità di poter forse dividere l’anima nelle sue parti costituenti, ma sarebbe tutt’altra storia).
Un modo di evitare il problema del teletrasporto in pezzi è la duplicazione. Secondo questo schema, piuttosto che una simultanea distruzione e ricomposizione dell’oggetto o della persona, il teletrasporto genererebbe semplicemente un duplicato esatto a distanza. Solo che questo metodo solleverebbe il nuovo problema di capire chi sia esattamente l’originale.
I babbani sono stati lenti nel provare a tenere il passo di queste fantasie. Nel 2002 degli scienziati australiani riuscirono a teletrasportare con successo un raggio laser scansionando uno specifico fotone, copiandolo e ricreandolo a distanza. Due team di scienziati in Germania e in America, indipendenti tra loro, poi, teletrasportarono ioni di calcio e berillio usando due tecniche molto simili. Un ulteriore sviluppo si è avuto in Danimarca nel 2006. Qui, gli scienziati sono stati in grado di teletrasportare un oggetto a mezzo metro di distanza. Per quanto sia stato fatto su scala minuscola, l’esperimento danese riguardò comunque miliardi di atomi.
Il professor Michio Kaku della City University di New York crede che la tecnologia per teletrasportare una persona da qualche parte nel pianeta o persino nello spazio potrebbe essere disponibile entro la fine di questo secolo. Il professore, noto studioso delle tecnologie del futuro, molto ottimista anche sul tema del viaggio in tempo reale e sull’invisibilità, ha fatto uno studio su molte tecnologie di fantasia e ha determinato che alcune un giorno verranno realizzate. Rispetto al teletrasporto, Kaku ritiene che entro dieci anni verrà teletrasportata la prima molecola.
5. Dove potremmo trovare stazioni ferroviarie nascoste a Londra
L’astuzia di nascondere un binario magico dentro una stazione ferroviaria in bella vista all’interno di una metropoli frenetica, ci lascia immaginare che altre stazioni potrebbero essere nascoste in quel labirinto che è la vecchia città di Londra.
Rivoluzione ferroviaria
Quelli che realizzarono treni e ferrovie furono le avanguardie dell’industrializzazione. Le ferrovie permisero al capitale di raggiungere Paesi e continenti. Le linee ferroviarie in rapida espansione si diffusero dalla Gran Bretagna come la gigantesca ragnatela di una bestia meccanizzata. E, proprio al centro di questa enorme macchina, al cuore di quel sistema di vene e capillari del commercio, c’era la Londra vittoriana. Durante il XIX secolo, Londra crebbe notevolmente ma il continuo sviluppo di una popolazione di pendolari generò problemi di congestione del traffico. Il letame di cavallo divenne una delle principali preoccupazioni.
Nella Londra vittoriana c’erano 11 mila taxi e diverse migliaia di omnibus. Ciascuno di questi mezzi era trainato da diversi cavalli, così che in città ne giravano oltre 50 mila per il solo trasporto pubblico, e ogni animale produceva 7-15 chili di letame al giorno. Un commentatore osservò: Quanto sarebbero più piacevoli le strade di una grande città se il cavallo fosse un animale estinto.
Andare sottoterra
Insomma, Londra era una città alla disperata ricerca di una soluzione per la viabilità! Il treno venne salutato come il salvatore dell’ambiente: entro la metà del secolo c’erano sette capolinea ferroviari sistemati intorno al centro urbano della metropoli; presto nacque l’idea di una ferrovia sotterranea, che collegasse la City di Londra con queste stazioni.
Chi ha visitato Londra conosce la sua ormai consolidata metropolitana: la prima ferrovia sotterranea al mondo. Oggi una rete di oltre cento chilometri di binari sotterranei serve circa quattro milioni di passeggeri al giorno, in uno dei più grandi sistemi del pianeta. Ma, di tanto in tanto, vengono alla luce stazioni fantasma.
Di recente gli ingegneri hanno scoperto i resti di una stazione perduta che era stata chiusa a Londra un secolo fa. Era la stazione di Southwark Park, a lungo dimenticata, usata per poco più di una dozzina di anni, dal 1902 fino alla chiusura definitiva nel marzo 1915. Southwark Park è stata una delle numerose stazioni della metropoli abbandonate per via della crescente popolarità di tram e autobus, oltre che per lo scoppio della Prima guerra mondiale. Traghettava i pendolari tra il London Bridge e Greenwich.
Con sfumature distopiche da lugubre città steampunk e una biglietteria originale piastrellata, si trova all’interno degli archi di un viadotto, con spaventosi corridoi e un’atmosfera inquietante che ricorda la serie di videogiochi BioShock. Gli esploratori urbani scattarono fotografie anche di altre stazioni della metropolitana di Londra che erano state abbandonate e dimenticate da tempo. In profondità, sotto la città, ci sono binari in disuso e stazioni derelitte che serpeggiano per chilometri.
Tra queste c’è anche la polverosa stazione della metropolitana di Aldwych, chiusa nel 1994 ma che da allora è stata utilizzata come set per diverse produzioni cinematografiche e televisive, come Sherlock, Mr. Selfridge e V per Vendetta. Forse, però, la leggenda più duratura sulla metropolitana di Londra è quella che riguarda i tunnel governativi segreti utilizzati nella Seconda guerra mondiale.
Durante il conflitto, il numero di centrali telefoniche utilizzabili a Londra era molto limitato. Uno dei principali punti di scambio si trovava nella City di Londra, a discreta distanza da Whitehall, che ospitava il dipartimento del governo che gestì l’esercito britannico tra il XVII secolo e il 1964, quando le sue funzioni furono trasferite al Ministero della Difesa.
Dato che le linee telefoniche in superficie si rivelarono impraticabili, sotto Whitehall fu realizzata una rete ibrida di tunnel. Sebbene si trattasse solo di tunnel di servizio, fungevano anche da vie di fuga, un potenziale percorso tra gli edifici di Whitehall in caso di emergenze come gli attacchi con il gas. Gran parte dei dettagli di questa rete di tunnel segreti è nascosta negli archivi nazionali in attesa di essere declassificati.
Quindi, segnati il 2026. In quel momento sapremo qualcosa di un fatto che sta dietro anche ad altre dicerie, dato che i tunnel di Whitehall sarebbero collegati anche ai tunnel delle telecomunicazioni costruiti durante la Guerra fredda, che dovevano sopravvivere in caso di attacco.
Questo articolo richiama contenuti da La scienza di Harry Potter.
Immagine di apertura di Rithika Gopal su Unsplash.