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Verso un monopolio delle compagnie telefoniche americane?

01 Aprile 1999

Verso un monopolio delle compagnie telefoniche americane?

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Le Telecom statunitensi sono pronte a fagocitare il resto del mondo. Uno scenario inquietante del quale nessuno parla.

Il tam tam minaccioso è partito con un articolo su Le Monde Diplomatique di febbraio (Philippe Queau, “Les termes Inégaux des échanges électroniques”, Le Monde Diplomatique, febbraio 1999), ma la notizia risale al gennaio 1998. E, se confermata, sarebbe una vera e propria dichiarazione di guerra delle Telecom americane al resto del mondo.

Da gennaio 1998, infatti, la Commissione federale delle comunicazioni, l’ente statunitense per le telecomunicazioni, ha deciso unilateralmente di non versare più la tassa di ripartizione (l’accounting rate, che prevede che il paese da cui parte la chiamata internazionale consegni la metà dell’importo della chiamata al paese che riceve la stessa) ai paesi che ricevono una chiamata dagli Stati Uniti.

All’origine di questa decisione c’è il fatto che le Compagnie americane lamentano un deficit di quasi 6 miliardi di dollari annui dovuto proprio a questo sistema di ripartizione delle chiamate internazionali. Bisogna sottolineare, ad onor del vero, che questo deficit è stato “incoraggiato” dalle Telecom statunitensi, attraverso dei servizi come il call back (pratica per cui, in termini semplici, l’utente chiama un numero in Florida, fornisce il vero numero che vuole chiamare negli States, viene richiamato poco dopo dagli Stati Uniti, e viene automaticamente connesso al numero desiderato, con la tariffa US e non più internazionale) e il ridirezionamento (passaggio della comunicazione attraverso le linee di una Compagnia di telecomunicazioni di un paese terzo, con tariffe più competitive) che si sono dimostrati un’arma a doppio taglio.

Con la decisione del gennaio 1998, le compagnie americane di telecomunicazione trattengono la tassa di ripartizione nelle proprie casse, i paesi in via di sviluppo perdono circa 10 miliardi di dollari all’anno, e si vedono costretti a conformarsi alla logica degli Stati Uniti, dove la concorrenza tra Compagnie di Telecomunicazione sono estreme, senza averne i mezzi e le infrastrutture.

È bene ricordare che le prime tredici Compagnie di Telecomunicazione al mondo sono statunitensi. La prima (UUNet, di proprietà di Worldcom) ha recentemente acquisito la seconda (MCI Communications) e quindi si avvia ad un dominio preoccupante, visto anche che il primo fornitore europeo, al quattordicesimo posto al mondo, è British Telecom.

D’altro canto, le Compagnie europee e asiatiche hanno sempre sfruttato la tassa di ripartizione in maniera piuttosto miope, non per dare tono alla competizione, ma semplicemente per assestarsi a livello nazionale. Se si pensa inoltre che nel 2002 il traffico mondiale non legato ad Internet rappresenterà soltanto l’1% del totale del traffico, e visto che buona parte degli ISP europei già ora preferisce utilizzare le backbones americane piuttosto che quelle europee (il rapporto di costo è di 1 a 17), ci si rende conto di quale scenario si stia presentando all’orizzonte della rivoluzione telematica.

Non solo i fornitori mondiali dovranno acquistare l’accesso dagli States, ma i fornitori statunitensi acquisiranno accesso praticamente gratuito alle risorse Internet del resto del mondo; e ai canali di Commercio Elettronico a livello globale come prima conseguenza.

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