Nell’articolo "Diversità, così impari" pubblicato prima dell’estate, Lucio Bragagnolo partiva dall’analisi dei log di un rinomato sito per offrirci il suo punto di vista sull’evoluzione nel tempo dei browser e delle loro quote di mercato. L’analisi di fondo era e resta valida oltre che ampiamente condivisibile.
Supporto in pieno la sua chiave di lettura:
Non considero coincidenza il fatto che il software libero per navigare si applichi a un Web immensamente più versatile e ricco di quello di dieci anni fa.
Il sito che ha reso disponibili quei dati è invece oggetto, ormai da qualche tempo, di continue polemiche. W3Schools is trouble, hanno dichiarato alcune tra le voci più autorevoli della comunità degli sviluppatori Web. Il perché di questa reazione è ben dettagliato in un sito w3fools.com che spiega le ragioni di una presa di posizione così netta da non ammettere repliche.
In estrema sintesi sembra che W3Schools sfrutti un’assonanza con il nome del W3C (il consorzio fondato da Sir Tim Berners-Lee, l’inventore del web), proponga certificazioni di dubbio valore e fornisca materiale non accurato e poco affidabile. L’accusa è forte e dettagliata. Sul sito W3Fools.com potrete visionare alcune delle sviste presenti nella documentazione proposta da W3Schools.
Se vogliamo investire il nostro tempo per apprendere le tecnologie web, utilizziamo le fonti che gli stessi browser vendor ci mettono a disposizione. Opera, Google e Mozilla (quest’ultima con la sua Mozilla Developers Network) offrono un’infinità di risorse. Queste sono di alta qualità non solo per l’accuratezza tecnica ma anche per l’attenzione all’aspetto divulgativo.