Vieni entusiasta
Ho appena finito di leggere un libro (Lo zen e l’arte di scrivere di Ray Bradbury) che dice come per scrivere serva coltivare l’entusiasmo, serva prendersi cura dell’entusiasmo, della passione che metti nello scrivere.
Per me non è solo questione di entusiasmo per la scrittura, ma di entusiasmo per la vita in generale.
È l’entusiasmo che mettiamo nel fare le cose, anche quando ci riescono male che ne condiziona la percezione che ne abbiamo.
L’entusiasmo è il filtro con cui notiamo situazioni, persone, emozioni, luoghi, è il filtro bellezza del quotidiano.
Partiamo da qui, da tutte quelle cose che ci succedono a cui non facciamo caso. Quante sono?
Partiamo da tutte le microfelicità che ignoriamo, le soddisfazioni, i sassolini che ci togliamo dalla scarpa, le salite che diventano pianure. Dalla passione che mettiamo nell’arrabbiarci, nel protestare, nel credere, nelle amarezze e nelle malinconie.
Cominciamo a lasciarci ispirare dalle cose che respiriamo e che ci respirano dentro. Facciamo il punto dei nostri entusiasmi. Scriviamone.
Scrivere è buttare fuori, fino a inciampare in una storia, in un personaggio, in un inizio.
Anche quando dobbiamo scrivere di noi o del nostro lavoro.
L’ispirazione non dobbiamo frenarla concentrandoci sulla forma, lo stile, i significati. L’ispirazione dobbiamo scriverla e basta.
Dobbiamo prima tirare fuori tutto, proprio come facciamo con l’armadio quando non abbiamo niente da metterci, osservare quello che abbiamo, provarlo per poi trovare finalmente il vestito giusto, quello che avevamo sotto gli occhi, che, con qualche accorgimento, sembra nuovo e ci sta d’incanto.
Ci vuole coraggio
Ma non possiamo scrivere se non ci diamo il permesso e la libertà di non giudicare ciò che scriviamo. Non possiamo scrivere se non ci diamo una chance.
Non possiamo scrivere senza entusiasmo. Senza il coraggio di affrontare la paura e il giudizio indosseremo per sempre abiti che ci vanno stretti, larghi, storti e che non dicono niente di noi. Anzi ci nascondono.
L’ispirazione ci scopre, ci scuote, ci rende audaci, ci sorprende.
Però l’ispirazione da sola non basta, non è detto che ci porti lontano, ma allenarla è un buon modo per impratichirsi, per trovare sempre nuovi argomenti, per scrivere di qualsiasi cosa.
Da dove cominciare
Sono solo parole, una attaccata all’altra? Benissimo; cominceremo da qui, dalle immagini che queste parole si trascinano dietro. E quelle immagini saranno di ispirazione per portarti altrove.
Ti riesce meglio dirlo a voce? Dillo e poi scrivilo, rileggilo e riscrivilo ancora e ancora, a un certo punto avrai un filo e potrai decidere come arrotolarlo, sbrogliarlo o tirarlo.
Hai solo domande? Andiamoci dentro, capiamo dove ti portano. Capiamo cosa dicono di te. Indaghiamo che domande ti farebbero gli altri, anche quelli che non ti conoscono.
Partiamo da quello che hai sotto il naso: colleghi, scrivania, proposte di collaborazione, libri, letture e aspirazioni, successi, email, riunioni, ordini del giorno, to do list. Proviamo a raccontarlo insieme.
Per esercitarti a scrivere non serve inventarsi niente.
Imparare a sopravvivere alla palestra
Spesso le cose da scrivere sul o del proprio lavoro le abbiamo talmente masticate che nemmeno sappiamo più che sapore hanno. Allora provare a seguire un impulso nuovo, lasciarci trascinare da un’idea che sembra bizzarra, usare un tono di voce diverso dal solito sviluppa l’attitudine a far caso alle cose che ci circondano, a quello che siamo, alle storie che ogni mestiere porta con sé.
È come tornare in palestra a settembre per via dei buoni propositi: difficile ed entusiasmante, faticoso e gratificante insieme.
Se poi superiamo il momento dei buoni propositi, se continuiamo a seguirla l’ispirazione, se perseveriamo nel farle caso sarà più facile catturare quello che smuove, cogliere le sfumature, appropriarsi delle parole nuove che abbiamo trovato, fare nostro quel modo di dire, approfondire quella descrizione, sbilanciarci, dare una forma nuova al nostro racconto professionale, sarà più facile mantenere i muscoli e scoprire quelli di cui ignoravamo l’esistenza.
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